Altro che ‘eroe dei due mondi’, come lo definiscono gli storici di regime italiani. Nelle puntate precedenti di questo ‘viaggio’ nella vita di Peppino Garibaldi, il nostro Ignazio Coppola ha descritto i danni e i saccheggi di questo personaggio ai danni della Sicilia in particolare e del Sud Italia in generale. Oggi vi raccontiamo le nefandezze commesse da questo signore in Sud America…
di Ignazio Coppola
Giuseppe Garibaldi avventuriero giramondo che nel corso della sua esistenza, sia nella sfera pubblica che privata, riuscì come abbiamo visto in precedenti inchieste pubblicate su questo blog e come continueremo a vedere in seguito a combinarne di cotte e di crude. Girando il mondo in lungo e in largo, fu più volte fuggiasco e cambiò spesso identità per sottrarsi ai propri inseguitori, come quando, nell’agosto del 1835, s’imbarcò per la prima volta in direzione dell’America del Sud, precisamente verso Rio de Janeiro, sotto il falso nome di Giuseppe Pane. E fu lì che iniziò la sua fulgida carriera di “eroe dei due mondi”.
Già, un “eroe dei due mondi” che si pose, da buon mercenario, al servizio dei potenti di turno e, in particolare, di Bento Conçalves, un latifondista e ricco allevatore che, per biechi interessi, più che per fulgidi ideali, si era ribellato al Brasile proclamandosi presidente della repubblica del Rio Grande do Sul, combattendo una sua sporca guerra e mandando allo sbaraglio i farrapos (gli straccioni): contadini, pastori e schiavi negri.
Garibaldi non trovò di meglio che entrare a libro paga del presidente Conçalves e ottenere da lui la patente di corsaro. Ossia, nel senso più letterale e meno nobile del termine, ebbe l’autorizzazione come avvenne in più occasioni a saccheggiare, sequestrare o depredare imbarcazioni per conto della Repubblica Riograndese, in cambio di buona parte del bottino delle navi catturate. Non poteva esserci per il nostro “eroe” esordio più onorevole nel Nuovo Mondo.
Dopo questa esperienza di predone, si rifugiò per breve tempo in Uraguay e Argentina per poi ritornare a combattere agli ordini della Repubblica Riograndese. È in questo periodo, nel novembre del 1839, che Garibaldi si macchiò – come, tra l’altro, ricorda nelle proprie memorie – di crimini, come si direbbe oggi, contro l’Umanità. Per esempio, la strage di Imaurì, una cittadina dello Stato di Santa Caterina i cui abitanti, rimasti fedeli al Brasile, avevano la sola colpa di non aver alzato sulla cittadina la bandiera riograndese e, per questo, andavano esemplarmente puniti.
Per questo ingrato compito, come racconta nelle sue memorie, Garibaldi vi fu inviato dal generale Canabarro. La città fu saccheggiata, uomini e donne e bambini massacrati e, a quanto pare, alla fine Garibaldi non disdegnò il ricco bottino frutto del saccheggio. Del resto, analogo avvenimento si ripeterà con altrettanta barbarie molti anni dopo in Sicilia, quando, proclamatosi dittatore dell’Isola, manderà Bixio a reprimere la rivolta di Bronte, per non dispiacere agli inglesi, e a passare per le armi e mettendo al muro innocenti e inermi cittadini, colpevoli di reclamare le terre che il dittatore aveva promesso ai siciliani all’atto del suo sbarco sull’Isola.
Anche in Sicilia fu dunque un massacro per dare l’esempio. A Imaurì fu Canabarro a inviare Garibaldi. A Bronte fu Garibaldi a mandare Bixio. Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. L’ ‘eroe dei due mondi’, alla luce di tutto questo, certo a ragion veduta non può essere definito come ce lo hanno sempre dipinto l’apostolo delle genti e della fratellanza universale.
Scrive Giuseppe Guerzoni, segretario e biografo di Garibaldi, a proposito della sua avventurosa e enigmatica permanenza in Sudamerica:
“Costretto a vivere la vita nomade e quasi selvaggia dei gauchos e dei rastreadores, mescolato dalla sorte alla schiuma degli avventurieri e dei fuorilegge di tutte le stirpi, cresciuto suo malgrado alla scuola delle rivoluzioni e delle guerre perpetue, travolto nella mischia delle fazioni feroci e sanguinarie, riportando da quel consorzio qualche difetto e qualche stranezza”.
Difetti e stranezze che furono molte nella vita del nizzardo Questo, quindi, è quanto sostiene Guerzoni, a proposito delle poco raccomandabili frequentazioni di Garibaldi in Sudamerica, avvalorate da quanto abbiamo visto a proposito dei suoi difetti e delle sue stranezze: eredità e commistioni che gli rimarranno per il futuro. Del resto, a proposito della mescolanza alla schiuma degli avventurieri e dei fuorilegge di tutte le specie ricordati da Guerzoni, li ritroviamo a fianco e agli ordini di Garibaldi nelle stragi e nel saccheggio di Imaurì. Ecco quanto a tal riguardo il nostro stesso eroe riporta testualmente nelle sue memorie. E se lo dice lui dobbiamo crederci ed arrenderci all’evidenza:
“Il generale Canabarro mi diede l’esoso incarico di sottomettere quel paese e per castigo saccheggiarlo (sì, l’apostolo delle genti dice proprio saccheggiarlo). Io sbarcai a tre miglia di distanza a levante e li assaltai improvvisamente dalla montagna alle spalle. Sconfitta ed in fuga la guarnigione, fummo padroni di Imaurì. Io desidero per me ed a chiunque non abbia dimenticato d’essere uomo, di non essere obbligato a dar sacco. Io mai ho avuto una giornata di tanto rammarico e di tanta nausea dell’umana famiglia. Il mio fastidio e la fatica sofferta in quel giorno nefasto per raffrenare per lo meno le violenze contro le persone furono immense. Ma circa alla roba d’ogni specie non mi fu possibile evitare un disordine terribile (il disordine delle uccisioni, delle violenze sulla popolazione e del saccheggio da parte dei suoi stessi uomini)”.
“Nulla valeva a trattenere gli insolenti saccheggiatori (che erano appunto i suoi uomini ndr) – prosegue Garibaldi – e disgraziatamente, quel paese, benché piccolo, era riccamente provvisto di ogni genere massime di bevande spiritose. Dimodoché l’ubriachezza fu generale. Infine con minacce e percosse ed uccisioni si pervenne ad imbarcare quelle belve scatenate (ovvero i suoi uomini ndr). Imbarconsi alcune botti d’acquavite e commestibili per la divisione e ritornassi alla laguna” (Giuseppe Garibaldi “Memorie edizioni BUR pagine 85-86).
Del resto, una replica dei fatti e delle stragi di Imaurì si avrà in un’altra analoga occasione nel settembre del 1845 con il saccheggio della cittadina di Gualaguaychu dove i contadini con le loro famiglie che non passarono dalla sua parte vennero severamente puniti e saccheggiati e depredati dai mercenari di Garibaldi, che anche in questa occasione, come ad Imaurì, vediamo impegnato ad adempiere sino in fondo il proprio mestiere di di predone e di corsaro.
A tal proposito ha senza dubbio ragione la storica Lucy Riall nel suo libro: “Garibaldi invenzione di un eroe” ( 2007) in riferimento alla permanenza del nostro eroe in Sud-America quando sostiene che:
“La cattiva reputazione di Garibaldi a Buenos Aires, dove lo si considerava un pericoloso avventuriero, non era del tutto ingiustificata”.
Di questi episodi, pressoché ignorati e minimizzati, come fa ad esempio Giorgio Candeloro nella sua monumentale Storia dell’Italia moderna, non resta altro nel racconto storiografico che la transustanziazione ideale dell’ ‘eroe dei due mondi’. Episodi ed avvenimenti puntualmente sottaciuti dalla storiografia ufficiale in un modellamento mitologico immaginifico nella costruzione di un mito come Garibaldi. Un uomo che, in realtà, quando operò in sud-America, come abbiamo visto, fu corsaro, predone e saccheggiatore di città e di inermi villaggi. Altro che ‘eroe dei due mondi’!
E in un paese come l’Italia dove lo stalliere di Arcore tempo addietro fu definito un eroe ci può anche stare che un predone, saccheggiatore e corsaro come lo fu Garibaldi in più occasioni in Sud-America come in Europa possa essere definito un eroe. Ce l’hanno data a bere da 156 anni ad oggi ed ora che vengono fuori gli scheletri dagli armadi e scoperti gli altarini, beh, è proprio giunto il momento di finirla.
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Bisogna riconoscere che occorrono un gran fiuto ed una profonda opera di ricerca per tirar fuori dagli armadi scheletri che lo stesso Garibaldi descrisse nelle sue memorie: ma forse il perfido Peppino voleva applicare la "legge della lettera scomparsa", per dirla con Poe.
Leggendo Salgari, molti anni fa, io avevo imparato la distinzione che va fatta tra "pirata" e "corsaro": purtroppo Salgari non lo legge più nessuno.
Nessuna differenza tra pirati e
corsari, si tratta di criminali, che
compiono gli stessi misfatti, nel
caso dei corsari sono ufficialmente
al soldo e sotto il comando di
qualche potenza militare e per
questo salvaguardati, sotto il
profilo giuridico, dalle potenze
sotto cui esercitavano. Anche i
pirati al soldo delle stesse
bandiere, ma in incognito,
solite furberie, ma il bottino
finiva sempre negli stessi
forzieri. Consiglio di leggere
il libro Pirati e Mafiosi di
Antonella Randazzo editore
Espavo.
La Contea di Nelson nel
territorio di Maniace,
comune di Bronte, ceduta
da Ferdinando primo di
Borbone, all'ammiraglio
inglese, era di proprietà
dell'ospedale di Palermo.
I Brontesi con notevoli
sacrifici economici
l'avevano riscattata e la
consideravano loro bene.
Entrati i contrasto con
gli inglesi, con i quali vi
furono diatribe legali
durate lunghissimi anni
con esito disastroso per
la comunità locale. Solo
nel periodo del regime di
Mussolini, avevano sperato
in una soluzione positiva,
ma l'arrivo degli alleati
nell'isola, fece naufragare
ogni speranza.
La strage di Bronte avviene
in questo contesto, molto
spesso infatti, i contadini
che reclamavano la loro
terra, sostavano nei pressi
della contea, ulteriore
motivo di contrasto, la
pretesa degli inglesi di far
pagare un pedaggio a coloro
che volevano attraversare
il torrente che scorre ai
margini del castello, tramite
un ponte di legno, da loro
costruito. L'intervento di
Bixio si deve inquadrare
nell'ambito di questa lite,
dare una dura lezione agli
abitanti,per far capire chi
comandava nell'isola
appena conquistata.
io sono in genere un tipo di larghe vedute, ma l'auctoritas di Antonella Randazzo da un canto e Bixio che interviene nel contesto dell'arrivo degli alleati nell'isola sono troppo anche per me. Grazie ai Nuovi vespri per l'ospitalità e saluti a tutti.
Avvertitemi solo se Coppola scrive su Fenestrelle. E' l'unico argomento che può farmi tornare.
Non proprio, di larghe vedute
considerato che, le letture sono
buone solo quelle che lei propone.
O quelle che cita Fulgenzio.
Pino Aprile o Antonella Randazzo
scrivono solo eresie, e poi non
parliamo assolutamente di
Fenestrelle, per carità.
Sorvolando questo aspetto, gli
alleati c'entrano solo con la
disputa dei contadini Brontesi
con i Nelson,che è proseguita
fino a pochi anni fa, quando il
castello dei Nelson è stato
acquisito dal comune di Bronte.
La distanza temporale della
strage di Bronte ad opera del
Bixio e lo sbarco alleato degli
angli in Sicilia, mi sembrava
sufficiente per comprendere
il contesto. Nell'occasione, le
chiedo, se ha tempo e voglia
di rispondermi. Ma se il Regno
delle due Sicilie era uno stato
"stenterello", povero, arretrato
e malmesso, per quale motivo
i garibaldini, seguiti da un
esercito mercenario, misero
a ferro e fuoco uno Regno
pacifico, che non minacciava
nessuno? Per liberarlo dai
Borbone e successivamente
per mantenerlo, con i soldi
che la popolazione del nord
italia, da allora, ha fatto
affluire con generosa bontà
al sud della penisola? E per
quale motivo gli abitanti
del sud non ne volevano
proprio sapere di essere
liberati e volevano rimanere
nella loro miserissima condizione?
Saperle queste cose, sarebbe
già un punto d'incontro.
Non siete neanche degni di un commento! Come ci sono finita qui non lo so proprio!
1860 la rivoluzione nel regno delle due sicilie di Gianluca Virga!
Documenti storici presi da:
Archivio centrale dello stato Roma
Archivio di stato Napoli
Archivio di stato Palermo
Archivio di stato di Torino
Archivio dell'ufficio storico dell'esercito
Societa siciliana della storia patria di Palermo
Ufficio storico della marina
Vi basta? Vi invito a leggerlo !!!!
A proposito! Franca...dall'isola di Caprera
Togliere da subito in tutte le strade, piazze, vicoli di tutt i comuni violentati dell'unità d'Italia il nome di questo persone e di tutti i massoni che hanno ideato questo scempio.
Garibaldi fu figliolo di un uomo che aveva grande incarico negli E.E,U. U. nella guerra de sucezione e voleva soldi per mandarli a questo padre Argentino agli E.E.U.U. questo me insegnarono nella scuola, mi piacerebbe comoscere di più su questa veracità.