Il 99,9% degli agrumi italiani viene prodotto nelle regioni meridionali (l’80% tra Sicilia e Calabria) e incide, rispetto al totale del valore della produzione agricola meridionale, per oltre il 7%.
Un successo del “made in Sud”, a condizione che si riesca a intervenire su tre fronti: il Piano agrumicolo nazionale, le importazioni senza regole dai Paesi terzi e la politica agricola europea del comparto.
Questo, in sintesi, quanto emerso dai lavori del convegno che si è svolto oggi a Catania: “Agrumi: analisi del settore e strategie future – in attesa del Piano nazionale” organizzato da Cia, Confagricoltura e Copagri. “L’agricoltura traina il Pil del Meridione e potrebbe farlo ancora di più – ha detto il presidente di Confagricoltura Mario Guidi -. Produciamo ottimi agrumi di qualità, ma non basta. Occorre lavorare insieme rimuovendo i problemi e puntando sulle risorse, a cominciare da un Piano agrumi strategico per il comparto. Serve riequilibrare il rapporto tra agricoltori e GDO, favorire l’aggregazione dei produttori e investire nella ricerca”.
Nelle regioni meridionali si producono quasi 3 milioni di tonnellate di agrumi per circa 1.145 milioni di euro che incidono per il 4,5% circa sul valore della produzione nazionale delle coltivazioni e per il 2,5% sul complesso della produzione agricola nazionale. Sono circa 62 mila le aziende agrumicole, che hanno una dimensione media di quasi 2 ettari.
Il grande paradosso emerso durante il convegno di Catania è che, da un lato il settore agricolo assume sempre più forza nell’economia meridionale, pur restando debole nei confronti di quello del Centro-nord, dall’altro le potenzialità dell’agricoltura del Mezzogiorno sono, a partire dal clima e dalla varietà delle produzioni, sicuramente maggiori.
“Il settore agrumicolo meridionale è penalizzato da scelte fatte a livello europeo in sede di accordi commerciali e sconta lo stesso malcontento di altri comparti agricoli: prezzi bassi, costi di produzione elevati, competizione con prodotti esteri a basso costo e scarsa rimuneratività – ha dichiarato Franco Verrascina, presidente della Copagri -. Per recuperare terreno e rafforzare la produttivita’, bisogna intraprendere due strade: puntare sull’aggregazione rafforzando il potere contrattuale all’interno della filiera, programmare la produzione, garantire la standardizzazione del prodotto ed ampliare i calendari di commercializzazione e la gamma dei prodotti”.
“Chiediamo alle istituzioni di tutelare un’agricoltura vitale – ha ribadito il presidente della Cia-Agricoltori Italiani Dino Scanavino, concludendo i lavori del convegno -. A livello Ue bisogna esercitare maggiori e continui controlli coordinati e stabilire rigorose barriere fitosanitarie, capaci di prevenire l’ingresso di nuove pericolose malattie come il Citrus Black Spot, che potrebbero innescare una ‘seconda Xylella’. Sul fronte nazionale, è necessario promuovere il consumo e rilanciare la commercializzazione dei prodotti agrumicoli del nostro territorio favorendo l’avvio di accordi interprofessionali nell’ambito della filiera”.
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