Michele aveva 30 anni. Nella lettera d’addio- che pubblichiamo- un duro atto di accusa a chi ancora si fa i fatti suoi lasciando una generazione disoccupata e disorientata: “Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile”. I commenti del ministro e dei sindacati
E’ una notizia tremenda quella che arriva da Udine dove un trentenne disoccupato si è tolto la vita. Si chiamava Michele. Si è suicidato lo scorso 31 Gennaio, ma solo adesso è stata resa pubblica, per volere dei genitori, la lettera (resa nota dal Messaggero Veneto, potete leggerla sotto) in cui spiega il suo gesto. Un atto di accusa al sistema Italia talmente forte da attirare l’attenzione di tutti. C’è anche un commento sarcastico sul ministro del Lavoro: “Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi”.
Tra i primi a intervenire proprio lui, Giuliano Poletti: “Quando accadono situazioni di questo genere nel mondo creano un enorme sofferenza. Tutti noi dobbiamo sforzarci affinché scelte di questo genere non vengano mai più prese da nessuno e perché chi si trova in situazioni come quella di Michele abbia sempre qualcuno vicino che lo possa aiutare”.
Commentano anche i sindacalisti. A partire dal siciliano segretario della Uil, Carmelo Barbagallo: “Il caso del suicidio del giovane disoccupato ci vede colpevoli tutti perché se non si pensa all’occupazione dei giovani, se non si accorciano le distanze tra nord e Sud, se non si evitano le fughe di giovani e pensionati, questo è un Paese a rischio di estinzione”.
“E’ un manifesto della sfiducia di tanti giovani italiani nei confronti delle istituzioni e di tutta la classe dirigente del nostro paese- scrive sulla pagina Facebook della Cisl il segretario generale Annamaria Furlan. “È un atto di accusa durissimo che oltre a farci riflettere sul dramma di questo giovane deve spronarci ad assumere il tema del lavoro dei giovani come la vera emergenza nazionale. È una sconfitta per tutti”,
“La lettera che ha lasciato – ha affermato Susanna Camusso, segretaria Cgil – dà un quadro devastante del rapporto che c’è fra i giovani e le loro prospettive, al netto delle singole individualità, e propone una responsabilità collettiva. Come ti puoi immaginare un Paese, se pensi che quel Paese possa non avere una prospettiva per i giovani? In realtà è molto più dura la lettura di una lettera così, rispetto a quello che magari possono rappresentare dei numeri”.
Per il leader della Fiom Maurizio Landin “è’ un grido d’allarme per la collettività di fronte a una precarietaà che sta diventando la condizione generale del mondo del lavoro”.
Le nostre più sentite condoglianze alla famiglia. Perché viviamo una situazione tanto drammatica, soprattutto per i nostri giovani, ve lo raccontiamo ogni giorno. Adesso è il momento del dolore. E della riflessione. Nella speranza che chi ci governa sia interessato a riflettere più di quanto non lo sia alla propria carriera e agli interessi di quelle oligarchie che ci stanno stritolando.
La lettera di Michele:
“Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi. Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte. Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.
Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.
Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.
A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.
Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.
Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.
Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.
Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.
Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, io modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.
Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.
Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.
Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.
P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.
Ho resistito finché ho potuto.”
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l'INPS era attivo ma il Governo per fare cassa ha dato gli statali all'INPS che è andato in passivo e per colmare quel passivo ha spostato in avanti l'età pensionabile
il buco di assunzioni
lo ha pagato un'intera generazione
che è rimasto a casa e ha perduto il diritto alla pensione contributiva