Nel comune governato da Giovanni Panepinto, noto per l’agricoltura e per il suo essere sede di un Parco naturale, l’acqua destinata agli agricoltori non viene depurata. E arriva da quella che più che a una diga somiglia ad una discarica galleggiante….
di Filippo Lo Pinto
Oggi torno a parlarvi di Bivona, nell’agrigentino, il mio paese, governato da decenni da Giovanni Panepinto. In particolare della diga Castello che oramai è un miscuglio di un po’ di tutto: pneumatici, frigoriferi, contenitori di plastica, materiali inerti di ogni tipo, ecc. In pratica una sorta di mini discarica a mollo nelle acque della diga. La storia che vi racconto narra del viaggio che fa l’acqua nel territorio Bivonese, del giro di soldi e di imbrogli che viene perpetrato ormai da decenni. Come al solito, senza guardare in faccia nessuno.
E, anche qui, oltre alla beffa c’è l’inganno. La diga Castello, come la storia ci insegna, non è stata costruita per il solo uso e consumo dei Bivonesi, ma per scopi molto più grandi, cioè per dare da bere al basso agrigentino che spesso soffre di siccità. E la beffa sta proprio qui: l’acqua destinata ad Agrigento, viene pompata, con una condotta dedicata, dalla diga Castello al depuratore all’ingresso di Santo Stefano Quisquina. Qui l’acqua viene depurata e poi spedita giù a valle pura e potabile (come è giusto che sia!).
Invece, la quota parte dell’acqua della diga che spetta ai terreni agricoli Bivonesi non passa attraverso nessun depuratore e poi viene distribuita, senza passare dentro nessun filtro, cosi com’è, nei campi di Bivona. Non osiamo quindi immaginare quali tipi di sostanze chimiche e tossiche si porta dietro quell’acqua, e quindi quali tipi di schifezze si depositano sulla terra lavorata dagli agricoltori Bivonesi, con tutto quello che poi ne consegue sul raccolto stagionale (olive, arance, pesche, verdure varie, ecc.).
Per quanto riguarda l’inganno, adesso ovviamente, con le piogge degli ultimi giorni, tutta quella indecenza non è più visibile dentro la diga Castello. Tutto è finito all’interno delle vasche di sfogo che hanno versato a valle tutta quella feccia che si notava in superficie.
Quindi problema risolto? Chiaramente no perché la diga continua ad essere un contenitore di acqua NON depurata e quindi inquinata, di conseguenza i terreni Bivonesi sono potenzialmente contaminati, e questo genera degli effetti a catena che alla fine incidono sulla presenza (o meno) dell’acqua potabile dentro le abitazioni dei Bivonesi. E ve lo dimostreremo con i fatti e non con le chiacchiere!
E’ comunque evidente che se tutta quella immondizia arriva a valle è perché qualcuno a monte non solo non la ricicla, ma anzi la va a buttare nei posti più impensati, inquinando tutto quello che si può devastare. E gli acquazzoni degli ultimi mesi hanno solo portato in superficie quello che di solito si tende a tenere nascosto “vaddruna-vaddruna”.
In tutto ciò, queste denunce, che ormai da anni facciamo con cadenza tri-quadrimestrale, vengono regolarmente snobbate da chi dovrebbe controllare il territorio di Bivona, da chi dovrebbe dare un segnale di rispetto delle regole, e da chi dovrebbe far applicare la legge e punire pesantemente i trasgressori.
E pensare che la sede di un parco naturalistico (come è Bivona), per essere tale, dovrebbe almeno dimostrare una gestione ambientale un tantinello superiore alla media (…mi corregga pure se mi sbaglio commissario Scala).
E. invece, Bivona a livello ecologico non solo non è per niente superiore alla media, non solo non è nemmeno vicino alla media, ma a tratti sembra una via di mezzo tra la terra dei fuochi campana e Bellolampo a Palermo. Se ci fossero dei parametri da rispettare per poter far parte di un parco Ambientale, non solo ad oggi Bivona perderebbe lo scettro di sede del Parco, ma addirittura dovrebbe essere estromessa dall’essere membro per palese mancanza dei canoni minimi di salvaguardia della natura e della salute delle persone.
E in tutto ciò in molti credono di vivere in un oasi preservata in cui si mangia a Km0, in cui si predilige il biologico, in cui si vive in simbiosi con la natura, in cui si da’ priorità alla vita salutare, in cui non ci si ammala mai e in cui si campa fino a 100 anni.
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