Migliaia di Catalani in piazza per la democrazia. E Podemos si schiera con gli indipendentisti…

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In 40mila in piazza per protestare contro il processo ‘politico’ all’ex presidente Artur Mas, reo di avere organizzato un referendum consultivo sull’indipendenza nel 2014. Al fianco della causa catalana si schierano anche Pablo Iglesias, Íñigo Errejón e alcuni deputati socialisti. Segno che Barcellona può riporre le sue speranza sul Parlamento spagnolo che non è più tutto a disposizione del Premier Rajoy, definito dalla stampa “il principale garante dell’ordine dell’Unione europea nel Sud Europa”. E non è un complimento…

L’offensiva della Spagna contro la Catalogna passa anche dai tribunali. A questo popolo non si perdona la voglia di separarsi da uno Stato centrale dal quale non si sentono rappresentati, la fierezza, la determinazione con la quale vanno avanti sulla “via catalana” che è quella dell’indipendenza.

Così a finire dinnanzi ai giudici è l’ex presidente catalano Artur Mas, reo di avere indetto quel referendum (consultivo) sull’addio di Barcellona alla Spagna. Era il 9 Novembre del 2014, oltre l’80% dei 2 milioni di votanti  si disse favorevole. Non era però favorevole la Corte Costituzionale spagnola, così oggi Mas deve rispondere di “dissobedienza civile”.

Un’accusa che i catalani respingono e che leggono come l’ennesimo atto di intimidazione alla volontà del popolo catalano. In migliaia oggi – 40mila secondo gli organizzatori- si sono riversati per strada, protestando contro “l’abuso” e ribadendo che nulla fermerà la democrazia catalana. In testa al corteo l’attuale presidente, Carles Puigdemont: “Oggi ci sentiamo tutti sotto processo” ha dichiarato alla stampa. Ricordando ciò che aveva annunciato nel suo discorso di Capodanno: “Nel 2017 in Catalogna si celebrerà il referendum sull’indipendenza e questa volta sarà legale e vincolante” (qui l’approfondimento).

Oltre a Mas, a processo per “disobbedienza civile” anche le sue ex consigliere Joana Ortega e Irene Rigau. Se riconosciuti colpevoli rischiano l’interdizione dalle cariche pubbliche per dieci anni.

Un brutto segnale, ma anche in caso di condanna, “per ogni tre indipendentisti tenuti fuori dalla politica, ne compariranno altri sei”.  Non si può soffocare l’anelito di un popolo, ma il primo ministro  Mariano Rajoy, da sempre acerimmo nemico dell’autoderminazione dei catalani (che i giornali locali, come La Vanguardia definiscono “il principale garante dell’ordine dell’Unione europea nel Sud Europa”, e non è un complimento) continua a usare il bastone. 

Anche se, in realtà, non avendo più una solida maggioranza, dovrà tenere conto del parere del Parlamento in questa diatriba con la Catalogna.

E, infatti, non esita ad andargli contro, anche su questa delicata vicenda, Pablo Iglesias, tra i fondatori di Podemos (fondato nel Gennaio del 2014 in soli sei mesi questo partito, nato dal basso e schierato a sinistra, riuscì ad ottenere il 5% dopo solo sei mesi. Oggi conta 72 seggi e sono  suoi i sindaci di città importanti come la stessa Madrid e Barcellona) che in tweet stamattina ha detto la sua: “Parla male della nostra democrazia processare qualcuno che ha chiamato alle urne i cittadini, mentre i corrotti restano impuniti, è scandaloso”.

Ancora più esplicito il segretario del partito, Íñigo Errejón che ha anche fatto suo l’hashtag #9NSomTots (Siamo tutti il 9 Novembre): ” Quando alle urne si risponde con i tribunali, non manca che una rivoluzione democratica”.

Per inciso, Podemos- che nei prossimi giorni celebrerà il suo congresso nel corso del quale Iglesias e Errejón si sfideranno per la leadership- aveva già votato contro la maggioranza di Rajoy in Parlamento schierandosi con i catalani, valenciani, galiziani e i partiti baschi scegliendo di fare rete con quei popoli che rivendicano il diritto all’autoderminazione.

Sulla stessa linea la sindaca (alcaldessa) di Barcellona, Ada Colau: “In una democrazia chiamare alle urne non può essere un reato” e molti altri deputati. Tra questi, la parlamentare socialista,  Nuria Parlon: “E’ una cosa spropositata processare qualcuno per un referendum che non ha avuto nessuna conseguenza”.

Segno che la Catalogna, se non può contare sul Governo di Madrid, può certamente sperare in un appoggio del Parlamento spagnolo. Che, come via abbiamo  detto qui, in questa legislatura sarà determinante per la debolezza della maggioranza di Rajoy.  Tant’è che il 2007, oltre all’anno del referendum catalano, è stato definito anche come l’anno del “Congreso de los dipatutados”, l’anno del Parlamento.

Una domanda: non è forse naturale che un partito di sinistra si schieri con il diritto all’autodeterminazione dei popoli? A noi pare di sì. E la constatazione rende ancora più drammatico il paragone con una sinistra italiana, quella che dovrebbe essere rappresentata dal PD, distante anni luce da tali rivendicazioni.

Bisogna andare indietro nel tempo ed arrivare a Pio La Torre per trovare un esponente della sinistra italiana schierato con i popoli:“La svolta drammatica che vive oggi l’Autonomia sicilianascriveva nel 1965- non è che il risultato più evidente della volontà del Governo di mortificare gli istituti democratici del nostro Paese,  per fare passare le linee di sviluppo del capitalismo monopolistico”. Parole quanto mai attuali che i suoi eredi ignorano.

Lo stesso vale, a dire il vero , per gli altri schieramenti. Dovremmo andare indietro e arrivare a Piersanti Mattarella per trovare un uomo che si batteva contro il centralismo e in difesa dei popoli.

Il modello da seguire, per chi non vuole arrendersi, potrebbe essere proprio quello catalano che però presuppone una presa di coscienza da parte di tutti per mandare a casa i nemici interni prima di quelli esterni, in altre parole gli ascari che svendono i nostri diritti e il nostro territorio.

Di come il popolo catalano sia arrivato a queste convinzioni ci ha parlato qui un esponente di  Esquerra Republicana di Catalunya, partito indipendentista catalano di ispirazione social democratica.

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