Dopo quattro anni e mezzo di malgoverno e ascarismo, maggiorenti e parlamentari nazionali e regionali del centrosinistra siciliano cominciano ad avvertire i primi scricchiolii di un terremoto politico ed elettorale che li travolgerà. Si comincerà con le elezioni comunali di primavera, con 127 Comuni al voto con in testa Palermo. Poi, a novembre, le elezioni regionali. L’incognita delle elezioni politiche nazionali. Il tentativo di scaricare tutta la colpa su Crocetta sta naufragando. ieri sera prime baruffe all’Ars sulla spartizione di quello che resta dei fondi regionali
Dopo quattro anni e mezzo di governo ‘totale’ della Sicilia – controllo della Regione, di quasi tutti i Comuni, delle nove ex Province, di enti e società di Regione, Comuni ed ex Province, insomma di tutto il sottogoverno – nel centrosinistra si dell’Isola avvicina il momento della verità. Cioè il giudizio degli elettori. Si comincerà con le elezioni comunali di Palermo e di altri 126 Comuni, la primavera prossima. A novembre si voterà per eleggere il nuovo presidente della Regione e la nuova Assemblea regionale siciliana. Le elezioni politiche nazionali dovrebbero andare in scena nella primavera del prossimo anno, ma Renzi preme per anticipare il voto.
Il segretario nazionale del PD – molto ‘ammaccato’ dopo la cocente sconfitta al referendum dello scorso 4 dicembre – vorrebbe votare la prossima primavera perché, si dice, il ‘suo’ PD potrebbe confermare il 41% ottenuto al referendum dal sì alle ‘sue’ riforme costituzionali. In realtà, Renzi teme di perdere il congresso del partito, chiesto dalle minoranze. Così vorrebbe andare al voto subito per potere ‘confezionare’ le liste a sua immagine e somiglianza.
Ma sembra quasi impossibile che i vari D’Alema, Emiliano, Bersani, Speranza e via continuando gli daranno questo vantaggio. Piuttosto si andrebbe ad una scissione che regalerebbe al Movimento 5 Stelle la vittoria alle elezioni politiche su un piatto d’argento. Anche perché Berlusconi – il possibile alleato del PD renziano – è di nuovo nell’occhio del ciclone per via delle solite olgettine.
I problemi romani del PD hanno un peso relativo in Sicilia. Per un motivo semplice: perché nella nostra Isola il Partito Democratico e quello che resta dei partiti di centrosinistra hanno già pensato ad ‘auto-incaprettarsi’ tra crocettismo, ascarismo, poltronismo e nullismo politico.
La verità è che nel centrosinistra siciliano – PD in testa – si aspettano una ‘botta’ elettorale durissima. Nell’ultimo anno i dirigenti del PD hanno provato a far credere ai Siciliani che il colpevole di tutto è Crocetta. Il quale ha sì grandi responsabilità politiche che, però, gli derivano dal suo essere un gregario di Renzi.
I due ‘Patti’ che hanno dissanguato le finanze regionali – quello del 2014 e quello dello scorso anno – Crocetta li ha siglati con Renzi e non con Belzebù. I 10 miliardi di Euro di entrate fatti sparire dal Bilancio della Regione (la metà erano soldi che la Regione avrebbe potuto riscuotere, soprattutto con riferimento ai crediti che vantava nei confronti dello Stato) sono espressione di un atto di Governo votato dai deputati dell’Ars del PD e, in generale, del centrosinistra. La riscrittura delle norme di attuazione dell’articolo 36 (genialata che rientra nel ‘Patto’ renzian-crocettiano dello scorso anno) è stata votata dai parlamentari di centrosinistra dell’Ars e dai parlamentari nazionali di centrosinistra eletti in Sicilia.
Non tutte queste ‘schifezze ascare’, è vero, hanno goduto dell’attenzione mediatica. Ma sulla rete sono state puntualmente illustrate e commentate. Molti degli elettori siciliani del centrosinistra queste cose le sanno.
E le sanno, soprattutto, gli elettori del cosiddetto ‘zoccolo duro’ del clientelismo siciliano. Parliamo di quei circa 800 mila voti che arrivano dalle clientele inveterate: i precari di ogni ordine e grado, i forestali, i lavoratori dei Consorzi di bonifica enti e società regionali, comunali e provinciali.
Bene o male questo ‘zoccolo’ fino ad oggi ha tenuto. Ma adesso i fondi regionali sono finiti. Per la variabile clientelare ci sono solo i fondi europei. Ma la ‘coperta’ si annuncia comunque stretta.
Tra l’altro, il centrosinistra, di fatto, ha già perso gli elettori del mondo della Formazione professionale con annessi e connessi.
Già alle elezioni regionali del 2012 il centrosinistra siciliano, dopo aver governato quattro anni la Regione con l’inganno, era in affanno. Crocetta vinse con circa 650 mila voti. Ma pur avendo i voti di Francantonio Genovese a Messina e pur usufruendo della spaccatura del centrodestra – con Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè incaricati di ‘pugnalare’ l’allora candidato del centrodestra, Nello Musumeci – Crocetta ha rischiato di perdere le elezioni.
Tant’è vero che, negli ultimi giorni – in favore di Crocetta e quindi contro Musumeci – all’ombra dell’Etna scesero in campo le ‘falangi’ firarrelliane (da Giuseppe ‘Pino’ Firrarello, già senatore di Forza Italia). Senza il ‘tradimento’ dei catanesi Musumeci avrebbe vinto comunque.
Oggi, per il centrosinistra siciliano, lo scenario politico è devastante.
Totò Cuffaro è libero e, anche se non direttamente presente, peserà.
Genovese e il suo sistema di potere, a Messina e dintorni, non sono più schierati nel centrosinistra. Sempre dalle parti di Cariddi si profila il tonfo di Giampiero D’Alia e del suo storico alleato, l’attuale presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone.
A Siracusa la giunta comunale di centrosinistra di Giancarlo Garozzo affonda tra scandali e pessima amministrazione.
A Catania la giunta comunale di Enzo Bianco arranca tra chiacchiere e nulla (l’ultima trovata è il porto di Catania diventato più importante del porto di Augusta: il tutto per l’ennesima poltrona: insomma…).
Nella città e nella provincia Etnea il centrosinistra sconterà il probabile ridimensionamento del già citato Firrarello e del sottosegretario Giuseppe Castiglione (quest’ultimo sembra ormai in caduta libera). A complicare la vita del centrosinistra etneo c’è il già citato Musumeci che, dalla roccaforte di Caltagirone (Comune dove è stato eletto sindaco Gino Ioppolo, fedelissimo di Musumeci), dovrebbe prendersi una bella rivincita elettorale (nel 2012 ebbe contro i suoi teorici alleati: oggi chi lo pugnalò è in auto-dissolvenza).
A Ragusa e provincia i grillini erano fortissimi. Oggi sono più deboli, fiaccati più che altro dalle divisioni interne (il solito Giancarlo Cancelleri e i suoi amici che piazzano i propri adepti a scapito delle realtà locali). Ciò posto, non è detto che i voti che il Movimento 5 Stelle perderà andranno al centrosinistra. Potrebbero essere intercettati da Siciliani Liberi, il Movimento indipendentista del professore Massimo Costa.
Ad Agrigento la giunta comunale di Calogero ‘Lillo’ Firetto – che ha provato ad accreditarsi come libero dai giochi del centrosinistra – è stata in realtà risucchiata dallo stesso centrosinistra. Anche all’ombra dei Templi e dintorni il centrosinistra pagherà un prezzo, con molta probabilità a qualche nuovo movimento politico d’ispirazione autonomista. Si parla, ad esempio, di Forza del popolo, formazione politica capeggiata dal giovane avvocato Lillo Massimiliano Musso.
A Enna Mirello Crisafulli – figura storica della sinistra – continua a ‘cassariarsi’: rilascia interviste e vaticinii, ma è chiaro che, anche lui, è in ‘discesa’: ha perso le elezioni comunali e questo conta. Parte delle sue ‘creature’ – a cominciare dall’università Kore – resiste. Ma anche da quelle parti il centrosinistra tiene più per mancanza di avversari che per propri meriti.
A Caltanissetta – con il passaggio di Alessandro Pagano tra i leghisti – Salvini metterà radici. Nella terra dello sturziano Giuseppe Alessi è una contraddizione. Ma tant’è.
A Trapani il centrosinistra non ha mai brillato. Mentre a Palermo questo schieramento politico punta sull’eterno Leoluca Orlando. Una candidatura che solo apparentemente è forte. In realtà, Orlando è in difficoltà. A parte gli appalti ferroviari e il Teatro Massimo, Palermo è un mezzo disastro.
La pressione fiscale, dal 2012 ad oggi, è più che raddoppiata. A questo l’Amministrazione ha aggiunto un’odiosa tassa di circolazione automobilistica, contrabbandata per ZTL, per foraggiare un Tram che perde 10 milioni di Euro all’anno. Un altro disastro economico e politico, se è vero che i commercianti dell’area gravata dalla Zona a Traffico Limitato sono imbufaliti.
In più, proprio per far circolare il Tram, l’AMAT – l’Azienda comunale che gestisce il servizio di trasporto delle persone – ha sbaraccato tante, forse troppe linee cittadine di bus. Risultato: altre proteste.
In crisi non c’è solo l’AMAT. Un report su tutte società del Comune – che non ha avuto diffusione tra i media – descrive uno scenario da incubo.
Le strade cittadine sono penose, quasi piene di buche. Il traffico è in tilt per via di appalti ferroviari che sono serviti non alla città, ma alle imprese che le hanno realizzate (e soprattutto alla politica…).
I servizi agli anziani e, in generale, alle fasce deboli della città sono ridotti al minimo.
I servizi in favore dei disabili languono.
I senza casa sono aumentati.
Le uniche cosa che a Palermo sono cresciute in questi anni – oltre alle tasse e alle imposte comunali – sono la povertà e le speculazioni al cemento, con una proliferazione incontrollata di Varianti urbanistiche frutto di un accordo politico tra orlandiani e Forza Italia.
Anche le attività culturali sono in crisi. Si salva il Teatro Massimo, mentre il Teatro Biondo Stabile è in crisi: finanziaria e di idee.
Tutte le altre attività culturali sono state penalizzate.
Ieri sera il Governo nazionale ha ‘insignito’ Palermo con la nomina di “Capitale della cultura 2018”. Un tentativo, tra il goffo e il tragicomico, di dare una mano a Orlando in visibile affanno elettorale. Un Orlando che non ha ancora convinto il dirigenti del PD a togliere il simbolo del partito.
Ciò posto, gli avversari di Orlando non brillano.
Fabrizio Ferrandelli è un po’ ‘azzoppato’ dall’avviso di garanzia. Mentre il grillino Ugo Forello non convince proprio. E’ il chiaro frutto di un’operazione di vertice ‘pilotata’ dal solito, onnipresente Cancelleri. L’esatto contrario della ‘filosofia’ del Movimento 5 Stelle che dovrebbe valorizzare i candidati scelti dalla base. Sarà interessante capire come reagiranno gli elettori grillini di Palermo.
In questo scenario è normale che maggiorenti e parlamentari nazionali e regionali del PD e, in generale, del centrosinistra avvertano il terremoto elettorale che potrebbe travolgerli.
A Sala d’Ercole si passerà da 90 a 70 deputati. Il centrosinistra siciliano, sì e no, potrebbe eleggere da 20 a 15 parlamentari (più 15 che 20). Degli attuali uscenti saranno in pochi ad essere riconfermati. Questo spiega le fibrillazioni.
Il sottosegretario Davide Faraone ha provato a gettare sul presidente Crocetta la responsabilità dello sfascio della Regione siciliana. Tentativo fallito, perché i Siciliani – come già accennato – sanno che a penalizzare la Sicilia è stato il PD, che ha utilizzato Crocetta, con l’avallo ascaro degli altri parlamentari di centrosinistra.
Del resto, il Partito Democratico, come ha ricordato ieri lo stesso presidente della Regione, tiene in giunta 6 assessori. Nessuno è così stupido da non vederlo.
Crocetta, da parte sua, non ci sta a fare la parte del cappone in attesa del Natale. Ha tutta l’intenzione di ricandidarsi alla presidenza della Regione: e potrebbe essere così, perché la ‘guerra’ che si è aperta a Roma nel PD potrebbe non garantirgli nulla di alternativo da qui a novembre.
Faraone sta provando a serrare le fila dei renziani siciliani, organizzando una delle sue ‘convegnesse’ dove si trova di tutto e di più, tra arrivisti, poltronisti e altri ‘isti’ vari. Ed è probabile che all’appuntamento si presenti anche Crocetta per ricordare a Faraone che le penalizzazioni che il Governo regionale ha inflitto alla Sicilia le hanno volute Renzi e il PD e che lui, Rosario da Gela, ha solo obbedito agli ordini romani…
In questo scenario i vari Faraone, Crocetta, Cracolici, Orlando, Bianco, Ardizzone, Raciti, Lupo, Marziano e via proseguendo con i parlamentari nazionali e regionali del centrosinistra si agitano.
Ieri sera, per esempio, all’Ars i parlamentari hanno bloccato il maxiemendamento alla legge di Stabilità regionale presentata da Crocetta. Se ne riparlerà il 21 febbraio.
Dopo che il Governo Renzi ha ‘svuotato’ le ‘casse’ regionali non c’è molto da spendere. Sono rimaste solo le ‘lenticchie’ senza ‘cotechino’. (il ‘cotechino’ se l’è mangiato il Governo Renzi…). Ma quelle poche ‘lenticchie’ rimaste (qualche centinaia di milioni di Euro) saranno oggetto di una lite furibonda tra i parlamentari regionali uscenti di centrosinistra che proveranno a farsi rieleggere.
Quello messo meglio è l’assessore all’Agricoltura Antonello Cracolici con il ‘suo’ PSR ( Piano di Sviluppo Rurale). Così così Bruno Marziano, titolare della Formazione professionale. Gli altri assessori – chi più, chi meno – reggono. Ma non tutti verranno rieletti.