Oggi ricordiamo le vittime della Shoah. E lo facciamo con la mente rivolta a Simon Wiesenthal, l’ebreo ucraino imprigionato dai tedeschi e liberato nel 1945. Dopo la guerra dedicò il resto della sua vita alla ricerca dei nazisti che si erano nascosti qua e là nel mondo
Oggi, 27 gennaio, desidero ricordare, oltre alle vittime della Shoah, un uomo che ha incarnato la sete di giustizia e di riscatto di tutto un popolo martoriato, Simon Wiesenthal. Wiesenthal, ebreo ucraino nato a Buczacz, deportato a Mauthausen e liberato nel maggio del 1945, dedicò l’intera sua esistenza alla ricerca dei nazisti sfuggiti ai tribunali dell’immediato dopoguerra e quindi alla loro consegna al Giudizio dell’umanità e della Storia.
Folgorante fu il suo congedo dal mondo:
“Tutto il valore del mio lavoro sta nell’ammonimento agli assassini di domani: non avrete mai pace”.
A lui ho dedicato questi versi
L’ORACOLO di BUCZACZ
Ti farò dono di una lunga vita
e il suo elisir sarà l’ingiuria perenne
della carne, schiacciata dal peso
dello spirito dei nuovi tempi.
Attraverserai i gelidi campi di Caino
e ti nutrirai della sua vergogna,
senza il conforto dell’odio.
In ognuna delle tue soste costruirai un tempio
di umiliazione e di cabale dissennate.
Ti alzerai, riprenderai il cammino.
Canna frusciante verità, sarai
il Giobbe dei nuovi credenti, scheletrico,
disossato, insonne cetaceo; quando crederai
di avere perduto tutto, un ultimo dono ti farò.
Sarai memoria impura, e la tua memoria
seminerà chiodi nei letti dei dormienti,
sarà cece indurito sotto le ginocchia dei falsi
penitenti. Dilagherà tra i Gentili
la tua biblioteca sanguinante
e si imprimerà sulla tua pelle
il mio comandamento: la vendetta è mia
e a me spetta ricompensare.