I vertici di Italmopa (leggere i mugnai d’Italia) dicono che questo è il frutto di un’informazione non corretta. Invece, finalmente, gli italiani vengono correttamente informati sui problemi che – ad esempio – può presentare il grano duro importato dall’estero. Basti pensare al glifosato e alle micotossine DON. Va anche smentito chi dice che l’Italia non è autosufficiente in questo settore. Basta solo mettere a produzione i terreni abbandonati a causa delle errate politiche portate avanti dai Governi ‘inginocchiati’ ai dettami di industriali e multinazionali
da Saverio De Bonis
presidente di GranoSalus
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Da un indagine Doxa sulle farine commissionata da Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia) e pubblicata da Repubblica.it emergono chiaramente alcune verità e qualche inesattezza.
La ricerca ha provato a percepire il valore che gli italiani hanno nei confronti del grano, delle farine e dei loro derivati.
Punto primo. Siamo soddisfatti perché la ricerca ha dimostrato che il 63% del campione dichiara di non credere che il frumento importato offra le stesse garanzie di igiene e sicurezza alimentare del prodotto nazionale. E questo non è un errore comune, come ritiene Italmopa, dovuto ad una non corretta informazione, ma – a nostro avviso – il successo della nostra incessante informazione che sta aprendo il vaso di Pandora sui limiti dei contaminanti inadeguati imposti in ambito europeo dalle lobby industriali e, soprattutto, dall’assenza di controlli a cui cercheremo di sopperire con il principio di sussidiarietà: se lo Stato non è in grado di tutelare la salute pubblica, ebbene, lo faranno i cittadini dal basso.
Basti solo pensare che alcune micotossine come il Deossinivalenolo (DON), in Canada, hanno dei limiti per gli animali pari a 1000 ppb mentre in Europa il limite per gli umani è pari a 1750 ppb. Ne consegue che tutto ciò che è vietato per gli animali all’estero, è invece consentito per gli umani in Europa. Se a questo aggiungiamo anche che i limiti europei sono stati fissati per un consumatore medio di pasta che ne ingerisce cinque volte meno che da noi in Italia, va da sé che gli italiani sono cinque volte in più intossicati grazie ai loro alti livelli di consumo di derivati di cereali, pasta in primis.
Ecco perché il rischio che corre l’industria italiana, con le proprie mani, è proprio quello di ridurre il consumo dei derivati del grano, tentando di propinare la pasta plastificata. E’ di alcuni giorni fa la notizia che, a Reggio Emilia, il consumo di pane si è ridotto del 32%: chi semina vento raccoglie tempesta.
Il lavoro di Granosalus, al contrario, è proprio quello di spiegare a chi consuma che non è il pane o la pasta a far male, ma il pane e la pasta fatti con grano importato di qualità scadente, che non ha le stesse caratteristiche tossicologiche del grano italiano, in particolare del grano duro del Sud Italia, eccellente sotto questo profilo.
La nostra informazione, sotto questo aspetto, è corretta e non allarmistica, come sostengono gli industriali. La dieta mediterranea, del resto, è tale se attuata con alimenti sani, di produzione locale, in ambienti vocati.
Punto secondo. Non è vero che noi non riusciamo a soddisfare il nostro fabbisogno di grano. L’Italia è in grado di produrre tutta la materia prima necessaria per fare pane e pasta di qualità sufficienti a soddisfare il proprio fabbisogno nazionale. Vorremmo che fosse questo il vero made in Italy, il resto è solo ricerca di profitto per pochi.
Ed è proprio nell’ottica di informare i consumatori che l’associazione GranoSalus ha realizzato un proprio sito
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ottimo articole a prova di INFO ..... quindi, kessifà ..... ???? mi sovvien la * ..TASSA SUL MCINATO ...***