Monta la protesa contro la manifestazione canora nazionale: “I soldi era meglio darli ai terremotati”. Ma più che la questione economica, forse bisognerebbe porre la questione di opportunità. Ma che la Tv di Stato non sia mai stata ‘delicata’ lo sappiamo bene: la sera della strage di Capaci, ad esempio…
A due settimane dall’inizio del Festival di Sanremo monta la polemica sul web contro la manifestazione canora che, come sottolineano le critiche, risulta costosissima per le tasche degli italiani in un momento in cui nel Paese ci sono emergenze reale. Il pensiero è rivolto ai terremotati del Centro Italia e ai loro bisogni.
In rete circolano post e foto come quella che vi mostriamo qui accanto. E, c’è da esserne certi, non mancheranno condivisioni e appelli corali, come quello che invita a boicottare il festival: “Spegnete la televisione!”
Critiche giuste? O le solite proteste confusionarie che nascono dalla pancia della gente, come quella, ma gli esempi sarebbero tantissimi, che mette nello stesso calderone l’accoglienza degli immigrati e la sistemazione dei terremotati?
Magari si tratta di qualcosa che sta a metà tra i due estremi e certamente nasce da un senso di solidarietà che di per sé non può che essere una cosa buona.
Gli argomenti pro o contro, potrebbero essere tanti. A favore della protesta si potrebbe certamente dire che Sanremo, in generale, è uno schiaffo alla miseria. Contro, si potrebbe altrettanto dire che vero è che si tratta di un grossissimo investimento fatto con soldi pubblici, ma si tratta di soldi che tornano alla Rai sotto forma di pubblicità. E, miseria o non miseria, tragedie o non tragedie, lì restano.
C’è però una questione sulla quale è difficile non essere d’accordo, ed è quella dell’opportunità: è davvero il caso di allestire una gran festa canora da mandare in onda sulla televisione di Stato mentre l’Italia piange i morti dell’hotel Rigopiano e mentre una parte delle popolazione vive un tragico disagio ed è ancora colpito da continue scosse?
Cosa penseranno i terremotati del Centro Italia nelle sere in cui il loro Paese starà a guardare il Festival mentre a loro sono rimasti solo gli occhi per piangere? Trattasi pur sempre della Tv di Stato che, forse, farebbe meglio a mostrare sensibilità piuttosto che organizzare tre sere di intrattenimento canoro.
Immaginate le serate di Sanremo, a partire dal 7 Febbraio: alle 20 i tg della Tv pubblica manderanno in onda le immagini tragiche dei terremotati, le dichiarazioni di solidarietà, i racconti disperati e quelli speranzosi.
Alle 21 tutto passato: ora si canta e ci si diverte. Lustrini, papillon, canzoni da carie, ospiti illustri, comici. Certo, conoscendo i nostri polli, non mancheranno i minuti (3/4) in cui si esprimerà cordoglio, facce tristi (lacrime no, dopo due ore di make up non è il caso) e magari l’annuncio di qualche briciola di beneficenza.
Ma il messaggio che passerà dalle serate sarà il solito: cantiamo che passa tutto.
Non sarà un canto un po’ stonato?
Certo, la sensibilità non è della Rai: chi può dimenticare che il 23 Maggio del 1992, giorno della strage di Capaci, la Tv di Stato continuò la serata con la programmazione in agenda come se nulla fosse stato? Su Rai andava in onda Scommettiamo che? mentre il giudice Falcone, la moglie e la scorta erano stati assassinati a colpi di tritolo.
Ne seguirono polemiche accese. Ricordiamo le parole del consigliere dell’allora Pds Antonio Bernardi:”Ritengo assolutamente incomprensibile l’atteggiamento della Rai nel procedere nella programmazione come se si trattasse di un sabato sera come tutti gli altri. Si è trattato di un’insensibilità inammissibile per un servizio pubblico, ma anche di una burocratica e ottusa concezione del rispetto dei palinsesti”.
Insensibilità: evidentemente, il lupo perde il pelo….
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