La storia, apparentemente paradossale, la leggiamo sul giornale INSANITAS. A come la racconta il direttore generale dell’Azienda ospedaliere Ospedale Civico di Palermo, Giovanni Migliore, che parla di “situazione paradossale”, sembra che i medici non abbiano molta voglia di lavorare. E in una Sicilia senza lavoro questo, in effetti, fa pensare. Però se andiamo ad analizzare, nel dettaglio, quello che succede nei Pronto Soccorso della Sicilia, ci accorgiamo che i medici non hanno tutti i torti. Anzi…
La Sicilia e il lavoro che non c’è. Ma succede anche che, quando offrono il lavoro, c’è chi non accetta. E’ il caso di particolari professionisti: medici, infermieri e operatori socio sanitari. Perché non accettano di lavorare? Forse perché si dovrebbe andare a lavorare in un Pronto Soccorso, dove si lavora tanto, si rischia tanto (soprattutto i medici, che rischiano o di andare in galera, o di prendere botte dagli utenti inferociti dalle interminabili liste di attesa) e, per giunta, con un lavoro precario! Infatti, i contratti che offrono – è il caso dell’Ospedale Civico di Palermo – sono a tempo determinato. Così i già citati medici, infermieri e operatori socio sanitari, fatti quattro conti, preferiscono non accettare.
A raccontare quello che succede nel Pronto Soccorso del più grande ospedale della Sicilia – l’Azienda ospedaliera Civico di Palermo – è il giornale on line INSANITAS. Dove si parla dell’esigenza di ampliare la pianta organica dell’ospedale Civico, “ma sono solo pochi i medici, infermieri ed operatori socio sanitari – si legge nell’articolo – disposti ad accettare la proposta del contratto a tempo determinato dell’Azienda ospedaliera palermitana. Insomma un paradosso dei nostri tempi che coinvolge uno degli ospedali più importanti della Sicilia”.
In realtà, il no di medici, infermieri e operatori socio sanitari è un paradosso fino a un certo punto, perché il lavoro nei Pronto Soccorso siciliani – ma a quanto pare è una questione nazionale – è diventato quasi impossibile.
L’articolo è del 17 dicembre scorso, appena qualche giorno fa. Era il giorno in cui al Pronto Soccorso del Civico di Palermo “erano presenti in contemporanea 12 codici rossi e 36 codici gialli. E per un codice rosso è stato necessario il trasporto in sala operatoria per attaccare il malato ad un respiratore con un infermiere che ha dovuto monitorarlo ogni istante. Lasciando, ovviamente, il Pronto Soccorso scoperto di un’altra unità lavorativa”.
“Non possiamo più lavorare in questa situazione”, dice il direttore generale, Giovanni Migliore, nell’articolo pubblicato da InSanitas. Migliore, insieme con altri manager di Aziende ospedaliere della Sicilia, è stato convocato dall’assessore alla Salute, Baldo Gucciardi, per fare il punto della situazione.
“Al Civico, ogni giorno è il caos – si legge nell’articolo –.Tanti malati per troppe prestazioni, ma al contrario poco personale. E la macchina ogni tanto si inceppa”.
Non è il solo Pronto Soccorso della Sicilia che “ogni tanto si inceppa”: lo scenario riguarda quasi tutte le aree di emergenza della nostra Isola. Perché succede questo?
Per non fare ‘inceppare’ il Pronto Soccorso del Civico Migliore ha deciso di assumere, a tempo determinato, circa 150 unità di personale.
“Ma sembra impossibile trovarli – leggiamo nell’articolo -. Perché sono stati convocati 100 infermieri e solo 25 hanno accettato il contratto di sei mesi; dei 50 medici convocati, solo in 5 hanno risposto ‘presente’; mentre è andata meglio con gli operatori socio sanitari: su 30 convocati, 25 hanno firmato”.
Migliore insiste con la storia del paradosso:
“Offriamo un lavoro e non c’è quasi nessuno che lo vuole. Non siamo molto appetibili anche e soprattutto perché offriamo un contratto a tempo determinato, ma credetemi, stiamo facendo sforzi incredibili per tentare di sopperire alle difficoltà della nostra pianta organica. I professionisti contattati, tra rinunciare a quello che hanno ad oggi e firmare per un posto a tempo determinato, preferiscono non rischiare”.
Il manager del Civico annuncia che sarà creata una mailing list dove saranno gli stessi professionisti a proporsi:
“Noi abbiamo raschiato il fondo del barile delle nostre liste – conclude Migliore -. Adesso stiamo anche attingendo a quelle di altre province, ma non mi aspetto risultati diversi. L’obiettivo è quello di rendere ancora più efficiente il nostro servizio”.
Per come la racconta Migliore sembra che il personale – i medici soprattutto – non accettino l’offerta di lavoro perché si tratterebbe di un contratto a tempo determinato. Ora proveremo a dimostrare che la tesi del direttore generale del Civico di Palermo è vera solo in parte.
Tanto per cominciare, va detto che il lavoro precario, a quanto pare, piace solo a Renzi e ai cultori del Jobs Act. Ai lavoratori non piace affatto.
Se poi il lavoro precario è anche rischioso e mal pagato, è chiaro che è difficile – nel caso di un medico – accettarlo. E il lavoro del medico di Pronto Soccorso, oggi, è diventato rischiosissimo, soprattutto in Sicilia.
Lo scorso anno – e precisamente il 3 gennaio del 2016 – quindi in tempi non sospetti, questo blog ha affrontato la questione dei Pronto Soccorso nel seguente articolo, denunciando molte delle cose che la politica ‘scopre’ oggi:
Quattro Punti nascita tagliati, Pronto Soccorso nel caos: ecco la sanità siciliana voluta da Renzi e dal PD
Già lo scorso anno scrivevamo che nei Pronto Soccorso della Sicilia, “per mancanza di posti letto, i pazienti venivano (e vengono tutt’oggi) trattenuti nelle aree di emergenza più del dovuto (certe volte anche per giorni interi). Il tutto con un irrazionale aumento dei costi. Risultato: disagi per i pazienti che, per mancanza di posti letto, non vengono ricoverati nei reparti dove dovrebbero trovare posto; e disagi per i medici che si devono occupare, contemporaneamente, dei pazienti trattenuti nei Pronto Soccorsi e dei malati che attendono di essere visitati”.
Sempre nel gennaio dello scorso anno scrivevamo:
“Di fatto, a causa della mancanza di posti letto negli ospedali pubblici, nei Pronto Soccorso della Sicilia si formano file chilometriche di pazienti che aspettano per ore ed ore. Ma nessuno spiega a questi cittadini-pazienti che la responsabilità dei disagi che sono costretti a subire sono della politica e non dei medici. Ogni tanto qualche cittadino, stressato da lunghe ore di attesa, va in tilt ed esplode. E con chi le sa prende? Con i medici. Certo, se nessuno gli racconta come stanno le cose con chi se la deve prendere?”.
Siamo ai giorni nostri: alle aggressioni ai medici, chiamati a pagare per gli errori e le omissioni della politica.
Bene. Proviamo adesso a raccontare come stanno le cose. Per fare questo dobbiamo tornare indietro, al 2009, quando il Governo regionale di Raffaele Lombardo, assessore alla Salute-Sanità, Massimo Russo, avvia la ‘razionalizzazione’ degli ospedali pubblici siciliani.
Per le Aziende ospedaliere siciliane arrivano gli accorpamenti, ovvero la fusione tra ospedali. Con la perdita di posti letto e di reparti.
Contemporaneamente alla ‘razionalizzazione’ avrebbe dovuto vedere la luce la cosiddetta ‘Medicina del territorio’ e, in particolare, i PTE (Punti territoriali di Emergenza) e i PTA (Punti Territoriali di Assistenza).
La ‘filosofia’ della riforma del Governo Lombardo non è sbagliata: PTA e PTE – magari in sinergia con i cosiddetti medici di famiglia – avrebbero dovuto fare da ‘filtro’ ai Pronto Soccorso, intercettando una parte del flusso di persone che si recano negli stessi Pronto Soccorso.
Il problema è che, in Sicilia, la rete della ‘Medicina del territorio’ somiglia tanto all’Araba Fenice descritta dal Metastasio:
“Che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”.
Insomma, gli ospedali pubblici sono stati accorparti, alcuni reparti sono stati smantellati, i posti letto sono stati ridotti, ma la ‘Medicina del territorio’ o è rimasta sulla carta, o, se c’è, funziona male. Il risultato logico è l’intasamento dei Pronto Soccorso.
Questo è il primo elemento che ha aggravato lo stato della sanità pubblica della Sicilia in generale e dei Pronto Soccorso in particolare.
Dopo la riforma zoppicante del Governo Lombardo sono arrivati gli altri tagli del Governo nazionale, soprattutto del Governo Renzi. E’ stato il Governo Renzi che ha tagliato i fondi alle Regioni: e le Regioni, per fare quadrare i conti, hanno tagliato i servizi sanitari.
In Sicilia i tagli del Governo Renzi sono stati ancora più pesanti rispetto a tagli operati nelle altre Regioni italiane. I lettori de I Nuovi Vespri sanno quante volte questo blog ha denunciato gli scippi di Roma al Bilancio della nostra Regione. E sanno che non ci inventiamo nulla, perché anche lo stesso assessore-commissario della Regione siciliana, Alessandro Baccei, ha ammesso che il Governo nazionale scippa 7 miliardi di Euro all’anno alla Regione, come potete leggere nel seguente articolo del maggio dello scorso anno:
Baccei conferma: lo Stato ruba 7 miliardi all’anno ai Siciliani
Agli scippi romani si sono sommate le scelte amministrative molto discutibili del Governo regionale di Rosario Crocetta.
La più assurda è l’utilizzazione di una quota consistente del Fondo sanitario regionale per pagare soggetti che nulla hanno a che vedere con la sanità: le rate dei mutui che dovrebbe pagare l’Amministrazione regionale, l’ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) e, soprattutto, la SAS, una società regionale di oltre mille e 200 persone.
Questo non lo diciamo noi: l’ha detto la Corte dei Conti, che ha invitato la Regione siciliana a non utilizzare le risorse del Fondo sanitario regionale per spese che poco o punto hanno a che vedere con la sanità, come potete leggere nel seguente articolo che risale al 17 settembre dello scorso anno:
Sanità siciliana: invece di assumere nuovi medici e infermieri si pagano i dipendenti SAS, i precari e i mutui!
Come potete notare, alla luce di queste scelte politiche e amministrative – adottate, insieme, dal Governo nazionale (gli scippi finanziari alla Regione siciliana) e dal Governo regionale (rete di ‘Medicina del territorio’ carente, se non assente, e l’utilizzazione di una quota importante del Fondo sanitario regionale per pagare soggetti che poco o nulla hanno a che spartire con la sanità), gli ospedali pubblici della nostra Isola non possono che essere in sofferenza, con riferimento, soprattutto, ai Pronto Soccorso.
Oggi gli attuali governanti della Sicilia si interrogano ‘stupiti’ sul caos che c’è nei Pronto Soccorso, dimenticando di essere i diretti responsabili di questo caos.
Sulle aggressioni ai medici, per esempio, sarebbe opportuno accertare perché, a un certo punto, le Aziende ospedaliere decidono di non pagare più il servizio di tutela e sicurezza all’Arma dei Carabinieri. Forse perché si doveva pagare la KSM, la società che si occupa di vigilanza e sicurezza?
Oggi si parla di inviare l’esercito per assicurare vigilanza e sicurezza. Non sarebbe stato più semplice lasciare i Carabinieri?
La vigilanza e la sicurezza sono importanti. Ma il problema sta a monte: se i cittadini che pagano le tasse debbono aspettare ore ed ore prima di essere visitati, se sono costretti a restare nel Pronto Soccorso per tre, quattro, anche cinque giorni prima di essere ricoverati non è certo con l’esercito che si placherà la rabbia degli stessi cittadini.
Il dottore Migliore si ‘stupisce’ che medici e infermieri non ne vogliono sapere di andare a lavorare nel Pronto Soccorso del Civico. Dimenticando che la retribuzione dei medici ospedalieri è bloccata da otto anni e che lavorare nei Pronto Soccorso è diventato rischiosissimo per i medici.
I medici che lavorano nei Pronto Soccorso della Sicilia sono in prima linea tra due fuochi: da una parte c’è l’Azienda ospedaliera che li invita a visitare quanti più pazienti possibile per smaltire le lunghe file; dall’altra parte il rischio di mandare a casa un paziente che, invece, andrebbe ricoverato, con il rischio – se dovesse succedere qualcosa – di finire sotto processo e di pagare risarcimenti milionari!
Di fatto, medici e infermieri, nei Pronto Soccorso della Sicilia, lavorano in condizioni difficilissime: sono in pochi, tirati per la giacca di qua e di là. Dovrebbero lavorare sei ore e 40 minuti, ma spesso sono costretti a restare oltre, anche di un paio di ore a turno.
Non solo. La FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) ha ottenuto che i medici di Pronto Soccorso abbiano l’obbligo di rilasciare certificati medici e richieste per eseguire le visite specialistiche prescritte autonomamente o dal medico consulente che è stato interpellato durante l’accesso al Pronto Soccorso.
Di per sé non è un concetto sbagliato. Ma tutto questo si va a sommare alle prestazioni di ‘vera’ medicina di emergenza che il medico di Pronto Soccorso non può delegare ad altri. Tutto questo toglie tempo al medico di Pronto Soccorso (almeno cinque minuti per ogni ricetta se non ci sono intoppi, un po’ di più per le richieste di visite specialistiche). Non sarebbe più razionale liberare i medici di Pronto Soccorso da tale incombenza?
Tutto questo avviene mentre i pazienti pressano per entrare perché non ne possono più di aspettare. Con i medici di Pronto Soccorso che debbono fare due o tre cose contemporaneamente (avendo la responsabilità della vita delle persone): debbono visitare i pazienti che entrano, occuparsi di trovare i posti letto nei reparti (che non ci sono mai), scrivere le ricette, scrivere le richieste di visite specialistiche (senza sbagliare sennò l’Azienda vuole i soldi indietro) e – questa è la cosa che lascia perplessi – esprimere giudizi sugli elettrocardiogrammi senza visitare i pazienti!
Tutto questo senza potere fare una pausa: il che non è regolare, perché chi lavora con il computer (e i medici di Pronto Soccorso lavorano anche con i computer) avrebbero diritto, per legge, a una pausa. Ma se uno di loro si ‘azzarda’ ad uscire dall’area di emergenza per una pausa rischia di essere ‘sbranato’ dalla gente che aspetta ore ed ore prima di essere visitato…
Vi sembra una follia? ‘Purtroppo’ i governanti della Sicilia – quelli che oggi si ‘stracciano’ le vesti per il caos nei Pronto Soccorso e per le aggressioni ai medici – dimenticano quello che hanno fatto non dieci anni fa, ma sette-otto mesi addietro. Noi ricordiamo – era il marzo del 2016 – una durissima denuncia del segretario della CGIL medici della Sicilia, Renato Costa:
“La politica – scriveva Costa in un comunicato – avrebbe dato disposizioni ai manager della sanità siciliana di ‘premiare’ i medici che facilitano lo svuotamento dei Pronto Soccorso. Se una cosa del genere dovesse risultare vera, saremmo in presenza di un invito ai medici di Pronto Soccorso a lavorare per fare numero, piuttosto che in scienza e coscienza”.
Qui di seguito potete leggere, per esteso, la grave denuncia di Renato Costa:
La denuncia Renato Costa (CGIL medici): “Strani Progetti obiettivo nei Pronto Soccorso per dimettere in fretta i pazienti e fare numero”
Il presidente della Regione e l’assessore alla Salute hanno ‘dimenticato’ di aver disposto, con un Progetto-obiettivo, di premiare non i medici che lavorano meglio, ma “i medici che facilitano lo svuotamento dei Pronto Soccorso”? Da Ippocrate alla medicina tanto al chilo: tutto scritto in documenti ufficiali!
C’è da stupirsi se i medici, costretti a lavorare in queste condizioni, a un certo punto si ammalano?
E’ ancora stupito, dottore Migliore, del perché i medici non sono molto convinti di andare a lavorare nel Pronto Soccorso del Civico?
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