E’ stato l’ultimo re delle Due Sicilie. Con molta probabilità, è stato uno dei regnanti più traditi dello scenario europeo. La storia lo ricorda come un re circondato da ministri e consiglieri infedeli, corrotti e fedifraghi. Per non parlare di alcuni dei suoi generali, venduti ai piemontesi. Arrivò comicamente a chiedere aiuto al cugino Vittorio Emanuele II contro l’avanzata di Garibaldi…
Francesco II di Borbone fu l’ultimo re delle Due Sicilie.
Salì al trono il 22 maggio 1859 e fu deposto il 13 febbraio 1861, dopo l’annessione delle province del regno al Piemonte.
Francesco II era figlio di Ferdinando II e della prima moglie, Maria Cristina di Savoia, a sua volta figlia di Vittorio Emanuele I. Fu educato dagli Scolopi, secondo rigidi precetti morali e religiosi che, accentuando il suo carattere timido e bonario, ne fecero un uomo irresoluto, indeciso, bacchettone, baciapile e un pinzocchero senza carattere.
“Credeva solo al bene quando Dio o chiamò sul trono”, così ne bollò la fatale stoltezza il visconte Poli.
Salito al trono alla morte del padre, il 22 maggio 1859, ne seguì inizialmente l’indirizzo politico.
In politica estera, dopo un iniziale allineamento sulle posizioni conservatrici dell’Austria, in conseguenza dello sbarco di Garibaldi in Sicilia e della sua rapida avanzata, fece molte concessioni liberali, in ciò consigliato dal suo primo ministro, Carlo Filangieri, richiamando in vigore la Costituzione già concessa da Ferdinando II nel 1848 (atto sovrano del 25 giugno 1860).
Assolutamente incapace di un minimo di raziocinio e circondato da ministri e consiglieri infedeli, corrotti e fedifraghi, arrivò comicamente a chiedere aiuto al cugino Vittorio Emanuele II contro l’avanzata di Garibaldi. Il ‘Galantuomo’ ovviamente si rifiutò.
Francesco II soleva dire che il suo regno era protetto dall’acqua salata e dall’acqua santa, ovvero dal mare e dallo Stato pontificio; in realtà, fu proprio dal mare che giunse Garibaldi e dalle terre del Papa giunsero le truppe sabaude guidate da Vittorio Emanuele in persona, sempre lui, il re galantuomo che gli fece la guerra senza dichiararla. Un vero uomo d’onore, degno padre di questa nostra patria!
Francesco II era informato fin dall’inizio dell’impresa dei Mille, sia sul giorno che sul luogo della loro partenza, nonché su quello del presunto sbarco. Però, pur disponendo di una flotta di 14 navi militari che incrociavano lungo le coste del Regno, i Mille non furono fermati.
Fu l’inizio di una vicenda oscura e tenebrosa che è passata alla storia come la gloriosa impresa dei Mille, capitolo fondamentale del romanzo storico chiamato Risorgimento. Una storia costellata di finte battaglie, tradimenti a go go, corruzione e infedeltà varie.
Ve ne abbiamo già parlato: a Calatafimi ben 3.000 soldati borbonici si ritirarono, dopo una scaramuccia contro 1000 scalzacani, eseguendo l’ordine dell’anziano generale Landi che l’imbelle e pio re non ebbe il coraggio di fare fucilare alla schiena da quel traditore che fu. Forse quel solo esempio sarebbe bastato.
A Palermo stessa storia, con 20.0000 soldati che restano asserragliati nel Castello a mare, consentendo a 3000 scalzacani (gli iniziali Mille più i 2000 dei battaglioni di rinforzo di soldati piemontesi sbarcati a Castellammare) di conquistare Palermo.
Quando poi Garibaldi passò in Calabria, dove erano di stanza circa 12.000 soldati del Borbone, ben 10.000 di essi si arresero senza sparare un solo colpo.
Intanto, mentre il cugino Vittorio Emanuele II condannava formalmente e ipocritamente l’impresa di Garibaldi, Cavour dava ordine al generale Cialdini di partire alla volta di Napoli con l’esercito piemontese per impossessarsi del Regno delle Due Sicilie e ordinava all’ammiraglio Persano di seguire da lontano l’impresa di Garibaldi.
Seguendo il consiglio maligno e interessato del Ministro dell’Interno, Liborio Romano, che si era già venduto ai piemontesi, il malcapitato re Francesco II il Decerebrato fuggì da Napoli senza combattere “per evitare battaglie nella città” e consentendo a Garibaldi di entrarvi dalla porta principale senza sparare un colpo.
Lasciò Napoli gettando nello sconforto i suoi sudditi e non ritirando i suoi depositi dalle banche, cosa che non dispiacque affatto al re galantuomo che intascò senza ringraziare e senza emettere ricevuta. Anche la flotta lo abbandonò. Cedendo alle promesse e alle profferte dell’ammiraglio Persano, proprio quell’inetto che perderà tutta la flotta da guerra nella battaglia di Lissa, nella III guerra d’Indipendenza.
Francesco II ripiegò dapprima sulla linea del Volturno e poi, dopo aver tentato inutilmente una controffensiva contro le truppe garibaldine (che da mo’ non erano più mille e che per l’occasione arrivarono 24.000 (tutti finti disertori dell’esercito piemontese), si ritirò con la Regina a Gaeta, dove subì l’assedio implacabile dell’esercito piemontese comandato dal generale Cialdini che, anche in questo caso, era un lavoratore in proprio mentre il re galantuomo se la godeva da lontano…
Dopo la capitolazione di Gaeta (13 febbraio 1861) Francesco II, con la moglie, si recò in esilio a Roma, via mare su di un piroscafo francese. Francesco II fu ospitato al Quirinale da Papa Pio IX.
Dopo la definitiva partenza da Roma Francesco II si stabilì con la moglie a Parigi.
Visse privatamente, senza grandi mezzi economici, perché Garibaldi aveva confiscato tutti i beni dei Borbone, e il Governo italiano ne propose la restituzione a Francesco II, ma solo al patto di rinunciare ad ogni pretesa sul trono del Regno delle Due Sicilie, cosa che egli non accettò mai.
Francesco II morì nel 1894.
Qui potete leggere gli articoli che I Nuovi Vespri hanno dedicato all’impresa del Mille
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Non sono neoborbonico né tanto meno monarchico, ma cerco sempre di leggere quanto di cui siamo a conoscenza su determinati fatti storici con distacco e cercando di evitare facili e spesso fuorvianti pregiudizi.
Sul fatto che Francesco II non sia stato un regnante di polso, dal carattere risoluto e determinato nelle sue decisioni può essere condivisibile, ma da questo ad affermare che sia stato, fra l’altro, un regnante “…bacchettone, baciapile e un pinzocchero…” ce ne corre e tanto.
Se si studia a fondo la storia di quel sovrano, che certo non aveva il carattere e la determinazione del padre Ferdinando II, si possono trovare parecchi particolari che rivelano anche, a dispetto di quanto da molti ritenuto, un uomo dall’alto senso dell’onore e dalla grande e profonda umanità.
Va innanzi tutto ricordato che si ritrovò improvvisamente ad essere sovrano all’età di appena 24 anni, senza alcuna esperienza e, soprattutto, senza alcuna idea di ciò che, da oltre dieci anni, Inghilterra e massonerie varie andavano tramando alle spalle del suo Regno. Orfano di madre sin dalla nascita, si ritrovò quindi giovanissimo a capo di un regno senza avere, né poteva avere, esperienza di politiche (ed intrighi) internazionali. Educato alla lealtà, alla correttezza, alla moralità e al bene del prossimo, tradimenti, intrighi e slealtà gli erano termini sconosciuti e fuori dalla sua visione del mondo. Certo, come è stato giustamente affermato, una volta compresa la “situazione” avrebbe ben potuto sostituire i suoi generali affidando la difesa del Regno ad altri più fedeli graduati; ma bisogna comprendere che allora decisioni del genere non erano di così semplice determinazione e questo a prescindere dagli aspetti legati all’età ed all’inesperienza sopra richiamati. La sostituzione sul campo di un alto graduato con altro non era cosa da potersi decidere, allora e in quel contesto, così su due piedi: tante le implicazioni formali, relazionali e perfino parentali e quant’altro che un tale atto, pure in quelle circostanze doveroso, avrebbe richiesto. Se si prova a leggere i telegrammi con cui Francesco II “invitava” all'azione i suoi generali (traditori a sua insaputa), si resta colpiti dall’uso di frasi e parole del seguente tenore (vado approssimativamente a memoria e per via concettuale): “Sarei grato alla S.V. eccellentissima se volesse prendere in considerazione la possibilità di opporre le adeguate misure all’avanzata dello straniero…”. Oppure: “Invito la S.V. eccellentissima a voler provvedere, per quanto nelle sue facoltà a…”. E via di questo passo. I rapporti fra sovrano e generali insomma, allora, non erano come noi li immaginiamo oggi e questo ebbe il suo peso allora ma ne ha anche oggi allorquando pensiamo di poter giudicare, oggi con i nostri parametri, ciò che avvenne ben 155 anni fa: un’altra era.
Per altri versi ed in altre circostanze, Francesco II dimostrò invece un alto senso dell’onore e del senso di responsabilità. Prova ne siano ad esempio, come è stato ricordato, l’aver lasciato ai napoletani tutte le sue ricchezze con la motivazione che quelle ricchezze non erano sue, ma appartenevano al popolo napoletano. Quanti re nella storia hanno fatto altrettanto? Quando gli fu offerta la restituzione dei suoi beni a patto che non rivendicasse mai la sovranità sul suo regno, egli non solo rifiutò, ma rifiutò scrivendo: “…Il mio onore non è in vendita”. Quanti altri re hanno fatto altrettanto?
Fra l’altro nell’articolo si dice che: “Francesco II era informato fin dall’inizio dell’impresa dei Mille, sia sul giorno che sul luogo della loro partenza, nonché su quello del presunto sbarco. Però, pur disponendo di una flotta di 14 navi militari che incrociavano lungo le coste del Regno, i Mille non furono fermati.” Al dott. Busalacchi, che saluto, forse sfugge che le navi del mille erano seguite da navi inglesi. Ciò vuol dire che la pur legittima “intrusione” di navi duo siciliane nello scenario che si andava profilando, avrebbe potuto innescare “incidenti” che avrebbero avuto certamente sviluppi e ripercussioni ben più gravi con l’intera flotta ed il governo inglesi. Basti a tal proposito ricordare che al momento dello sbarco a Marsala le navi garibaldine erano sfacciatamente protette da navi inglesi che si frapposero fra le navi duo siciliane e quelle garibaldine, proteggendole. Sparare sulle navi di Garibaldi avrebbe fatto correre il rischio di colpire quelle inglesi. Le conseguenze che si sarebbero avute le possiamo immaginare.
Ancora nell’articolo si legge: “Quando poi Garibaldi passò in Calabria, dove erano di stanza circa 12.000 soldati del Borbone, ben 10.000 di essi si arresero senza sparare un solo colpo.”. Anche in questo caso sfugge un particolare e cioè che il Generale Fileno Briganti, al comando delle truppe in difesa della Calabria, proprio per avere impedito ai suoi soldati di attaccare Garibaldi, fu ucciso dai suoi stessi soldati il 25 agosto 1860 nei pressi di Mileto. Il che la dice lunga sulla fedeltà della truppa e sull’infedeltà (comprata) dei suoi generali.
Da tutto quanto sopra appena richiamato, se può essere confermata la figura di un re con carattere forse fin troppo mite e cedevole, inesperto e di scarso polso, si evince pure che non mancarono motivazioni che in gran parte mitigano il giudizio eccessivamente severo che molti danno di quel sovrano.
Una sola puntualizzazione, evitando di intervenire sui giudizi. e su molto altro Le due navi britanniche, Argus e Intrepid, erano ormeggiate fuori dal porto di Marsala l'11 maggio 1860. Per "frapporsi" tra le navi borboniche e quelle garibaldine avrebbero dovuto spostarsi dalla loro posizione, il che non avvenne. I due comandanti, Marryatt e Ingram, erano addirittura a terra al momento dell'arrivo di "Piemonte" e "Lombardo". Inviterei tutti a leggere la nota diplomatica inviata ai rappresentanti degli Stati esteri dal ministro napoletano Carafa il 26 maggio.
Una classica interpretazione complottistica che non spiega affatto le cause della dissoluzione di un regno gestito da un sovrano che fu costretto a concedere la Costituzione a Napoli dopo la caduta di Palermo e che non fu in grado di imporre una linea politica perché un regno si stava disgregando e stava inesorabilmente naufragando nell'ignominia.
Tutte le interpretazioni complottistiche non spiegano affatto le cause della rivolta in Sicilia, e del modo in cui Garibaldi fu accolto trionfalmente dai Siciliani.
"...Garibaldi fu accolto trionfalmente dai Siciliani"? Dalle cronache e dai diari dell'epoca si apprende che: 1) I marsalesi, intimoriti, erano tutti rinchiusi nelle loro case. 2) Non sventolava alcun "tricolore". 3) Sulle numerose proprietà inglesi svenotlavano solamente le Union Jack.
Infine una precisazione: "Complottista" è chi il complotto lo ordisce, non chi viene a conoscenza e denuncia la realtà dei fatti.
Non perdo tempo a discutere i punti testé accenati perché si aprirebbero sterili discussioni sul nulla; consiglierei di leggere con attenzione i decrati garibaldini a partire dal Proclama di Salemi nel quale si proclama la Dittatura (Dictator nel senso romano del termine; carica che veniva rivestita per motivi eccezionali) di Giuseppe Garibaldi con Francesco Crispi Segretario di Stato, sono documenti interessanti e utili per una corretta interpretazone storiografica.
http://storiacostituzionale.altervista.org/documenti-di-diritto-e-storia-costituzionale-del-risorgimento.html