In una intervista a tutto campo con l’agenzia di stampa guidata da Gaspare Borsellino, il leader di Siciliani Liberi parla degli obiettivi del suo movimento e delle strategie messe in campo in vista delle elezioni comunali e regionali
“Il rinnovamento della Sicilia non può venire da un partito italiano. Siamo convinti che tra la Sicilia e l’Italia esista un conflitto di interessi insanabile. La Sicilia è realmente una colonia italiana e qualunque politico siciliano dentro i partiti italiani, anche se animato da buona volontà, non appena varca lo Stretto deve per forza anteporre le ragioni della propria carriera e del partito di cui fa parte alle ragioni della Sicilia”. A parlare è il presidente di Siciliani Liberi, Massimo Costa che, in vista delle prossime elezioni, rivela le strategie del suo movimento nel corso di un forum organizzato dall’agenzia di stampa Italpress.
Si parte da Palermo: Siciliani Liberi haun proprio candidato sindaco: l’architetto Ciro Lomonte. Che farà dell’urbanistica il suo cavallo di battaglia:
“Palermo – ha sottolineato Costa – è stata costruita male, un male che viene da lontano perché dopo l’Unità d’Italia, anziché sviluppare la mappa a raggiera nella Conca d’Oro, è stata sovrapposta una mappa ortogonale che nel tempo ha favorito il traffico. Il colpo di grazia è stato dato dagli interventi urbanistici degli anni ‘50 e ’60. C’è bisogno di un ripensamento globale della città, per cinquant’anni abbiamo puntato sul cemento armato. Ad esempio l’architetto Lomonte anni fa fu autore insieme ad altri di un progetto di demolizione e ricostruzione ex novo dello Zen. Basta con la logica degli ambienti ghetto: bisogna rivalutare i quartieri. I fondi? I Comuni stanno male intanto perché, tra le altre cose, Crocetta ha rinunciato senza contropartita al 29 per cento dell’Irpef dei siciliani, 2,2 miliardi l’anno, scaricando poi questi tagli su precari e Comuni. E poi si possono chiamare i privati da tutto il mondo”, ad esempio tramite il project financing, “attraverso una leva fiscale favorevole”.
Sul fronte delle regionali, dialogo in corso con gli altri movimenti indipendentisti e alcuni punti fermi: “Noi siamo alternativi agli altri partiti – ha spiegato Costa -. Oggi vediamo soltanto due schieramenti nazionali in conflitto tra loro. Da un lato i tradizionali centrodestra e centrosinistra, in particolare Forza Italia e Pd, che, in un perenne Nazareno, sono, dal nostro punto di vista, un unico partito. Dall’altro le cosiddette forze anti-sistema – Lega e Movimento 5 Stelle – che non si coagulano fra di loro e che però alla prova dei fatti hanno dimostrato di non essere all’altezza. E in ogni caso anche loro sono partiti italiani: anche il M5S non ha quel grado di autonomia dal loro leader che servirebbe alla Sicilia. Quanto alla presenza della Lega in Sicilia, la considero poco più che un insulto all’intelligenza dei siciliani. Noi non vogliamo allearci con queste forze politiche ma sostituirle”.
“Pensiamo di fare una lista aperta a tutti gli indipendentisti e i confederalisti seri con un nostro candidato, che non dovrei essere io per evitare che Siciliani Liberi sia una forza autoreferenziale. Non facciamo alleanze preventive con i partiti italiani. Dopo le elezioni, a determinate condizioni, cioè se almeno una parte significativa del nostro programma sarà accolta, siamo disposti a sostenere alcuni progetti. Il Pd? Difficile, è un partito centralista. Il M5S? Al suo interno c’è una componente indipendentista. Ci sono molti militanti che col cuore sono con noi però restano nel M5S perché siamo nuovi”.
Poi, alcuni chiarimenti sui tanti pregiudizi inculcati nella testa dei Siciliani e propagandati dalla grande stampa:
“Le critiche alla nostra autonomia – dice Costa – sono basate in gran parte su dati falsi. Non è vero che la Sicilia vive sulle spalle dell’Italia, piuttosto il contrario. Il fallimento dell’autonomia si deve alla sua mancata attuazione e ad una classe dirigente inqualificabile. L’unica soluzione è l’emancipazione definitiva. L’indipendenza non va intesa in termini folcloristici: non vogliamo andare fuori dall’Italia, dall’Europa o dalla Nato. Puntiamo prima a una fase intermedia per un decennio o un quindicennio con un autonomismo confederale temporaneo per poi arrivare ad un ampio confederalismo. Siamo un popolo nato libero e dobbiamo pensare in grande, ricostruendoci come un paese europeo normale, come l’Irlanda, la Lituania o la Croazia”.
Quindi nel dettaglio, Costa spiega che l’obiettivo è il riconoscimento “alla Sicilia dello status di Zona Economica Speciale come è previsto per tutte le zone insulari dell’Unione Europea, come le Canarie, la Corsica, le Azzorre, le isole dell’Egeo. La Zes consentirebbe di determinare autonomamente i nostri tributi in maniera sostitutiva e non aggiuntiva rispetto a quelli erariali. Il nostro obiettivo è portare in Sicilia l’Irpef al 20 per cento e l’Iva al 10 per cento. A livello regionale però questo non basta. Il nostro è un modello sovranista. Siamo fermamente contrari alle degenerazioni della globalizzazione”, che si chiamano, ad esempio, “Ttip e la moneta unica”.
Per Costa, infatti, ”un settore che deve rimanere pubblico, e che oggi non lo è, è l’emissione della moneta. Pochi sanno che la moneta di fatto non è più gestita dagli Stati ma è endogena, gestita dal sistema bancario privato. Vogliamo restituire al pubblico questa funzione, che ceduta ai privati ha creato solo bolle speculative. Ovviamente dopo anni di moneta unica mi rendo conto che dall’oggi al domani non possiamo battere una moneta nostra. C’è bisogno di una lunga fase intermedia di transazione con una moneta complementare regionale. Lo abbiamo già brevettato: un certificato di credito fiscale valido solo in Sicilia da usare al fianco dell’euro, che dovremmo comunque tenere per molti anni”.
(Fonte: Italpress)
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