Concetto Gallo: un uomo, una leggenda dell’Indipendentismo siciliano

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Oggi, nel giorno dell’anniversario della sua nascita, la Sicilia delle persone libere ricorda la figura di Concetto Gallo, il mitico comandante dell’EVIS. La storia, che qualche volta si diverte a prendersi gioco dei pavidi, oggi si prende gioco degli ascari, se è vero che ricordiamo questa grande figura dell’Indipendentismo siciliano proprio nei giorni in cui lo Stato, con le proprie leggi – e con l’avallo dell’attuale Parlamento siciliano a maggioranza ascara – sancisce lo scippo alla Regione siciliana di entrate che spettano alla stessa Regione

Certe volte la storia si prende gioco della realtà. Oggi, 11 gennaio 2017, la storia si prende gioco degli ascari che governano la Sicilia. Eh sì, proprio nei giorni in cui lo Stato italiano, con le sue leggi e i suoi decreti, sancisce la trasformazione della nostra Isola da Regione autonoma a Regione a finanza derivata, con l’entrata in vigore di un provvedimento che codifica lo scippo di una parte sostanziosa delle entrate finanziarie di pertinenza regionale – soldi che Roma ha deciso di tenersi con l’avallo del Parlamento siciliano a maggioranza ascara – l’altra Sicilia ricorda l’anniversario della nascita di Concetto Gallo, una delle più grandi figure dell’Indipendentismo siciliano.

Ricordare Concetto Gallo significa ricordare gli anni del Separatismo siciliano, quando lo Stato italiano fu costretto ad arrendersi e a concedere, di corsa, l’Autonomia alla Sicilia.

Certo, la rivolta di migliaia di Siciliani che, dagli anni del secondo dopoguerra fino al 1948, scendevano in piazza per acclamare i leader separatisti, non è mai stata ‘digerita’ dall’Italia officiale. E se oggi la Sicilia è una ‘colonia’ – anzi, se oggi è trattata dall’Italia come l’ultima delle colonie – ciò avviene non soltanto perché l’attuale Governo regionale è, forse, il Governo regionale più ascaro della storia dell’Autonomia siciliana, ma perché – soprattutto tra le burocrazie ministeriali – persiste ed è sempre vivo un odio viscerale verso lo Statuto della Sicilia.

Ma oggi vogliamo ricordare la figura di un uomo particolare. Ben sapendo che altri – che magari hanno avuto la fortuna di conoscere gli eventi di quegli anni perché li hanno vissuti – lo hanno fatto meglio di noi. E’ il caso di Giuseppe Scianò, il leader storico degli Indipendentisti siciliani, che su Concetto Gallo e sui suoi atti eroici ha scritto pagine importanti per noi e per le generazioni future di Siciliani.

Scianò ci ricorda che Concetto Gallo, nato a Catania l’11 dicembre del 1913, è stato uno dei leader più popolari del Separatismo siciliano. Un uomo coraggioso, che non si è fermato nemmeno davanti al pericolo.

Concetto Gallo era figlio di una famiglia molto in vista di Catania. Suo padre era un noto avvocato, Salvatore Gallo Poggi. E Concetto Gallo era, anche se giovane, molto conosciuto per le sue doti di grande atleta. Ma oltre che sportivo, oltre che ragazzo apprezzato nella Catania di quegli anni, Concetto era anche un sognatore. Ed era innamorato della sua terra e della libertà.

Giovanissimo aderì al Separatismo e fu subito attratto dalla magnetica figura di Antonio Canepa, docente universitario a Catania e leader della corrente popolare dell’Indipendentismo siciliano.

Il Separatismo siciliano ebbe due ‘anime’: l’anima agraria e alto borghese, che raccoglieva l’adesione di alcuni grandi proprietari terrieri (quelli, per carpirci, che ‘elogiavano’ il latifondo) e un’anima aperta alle istanze di libertà e di giustizia sociale, che potrebbe anche essere definita un po’ socialista, sicuramente popolare, che faceva capo, per l’appunto, al professore Canepa, che nei suoi scritti si celava dietro lo pseudonimo di Primo Turri.

Il nascente Stato italiano, ovvero la Repubblica italiana che sarebbe nata con il fuoco vigliacco della Strage di Portella delle Ginestre – un’Italia ancora oggi presente, che di strage in strage (passando anche, anzi soprattutto, per le stragi del 1992), arriva fino al processo sulla trattativa tra Stato e mafia – sapeva benissimo che il pericolo non era rappresentato dai grandi agrari e dall’alta borghesia siciliana che, con l’avvento dei partiti del cosiddetto “Arco costituzionale”, sarebbero stati assorbiti dal trasformismo politico (cosa che avverrà puntualmente), ma dall’ala popolare del Movimento Separatista.

Ed è per questo che il destino di Primo Turri era segnato. E infatti Antonio Canepa verrà ucciso in circostanze mai del tutto chiarite, in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine, dalle parti di Randazzo. Morirà insieme con due giovani combattenti, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice.

La forza dell’ala popolare del Movimento Separatista stava proprio nella capacità di aggregare giovani: ed era proprio questo che spaventava il nascente Stato italiano. Una volta eliminato Canepa, la nascente Repubblica italiana pensava di avere eliminato sul nascere le radici della parte più ‘pericolosa’ e meno assimilabile del Separatismo siciliano.

Fu in questo passaggio cruciale che Concetto Gallo dimostrò il suo coraggio e la sua determinazione. Canepa era stato ammazzato il 17 giugno del 1945. In quel momento Concetto Gallo era sì già noto nel mondo dell’Indipendentismo, ma era ancora in tempo per restare nel Movimento, magari per prepararsi a una comoda vita di parlamentare pronto a integrarsi nel nuovo ‘sistema’. Il nuovo Stato italiano sarebbe stato pronto ad accoglierlo a braccia aperte.

Ma Concetto Gallo scelse invece la via più impervia:

“Dopo l’eccidio di Randazzo – scrive Giuseppe Scianò – Concetto Gallo ebbe il delicatissimo incarico d’assumere il comando dell’EVIS. Egli in questa occasione volle che fossero i guerriglieri stessi a eleggerlo. Cosa, questa, che avvenne puntualmente e in un clima di grande entusiasmo. In memoria di Antonio Canepa, che aveva adoperato lo pseudonimo di “Primo Turri”, Gallo scelse il nome di battaglia di “Secondo Turri”. Era il primo luglio 1945. Concetto Gallo aveva l’età di 32 anni, essendo nato nel 1913″.

L’EVIS – sigla che sta per Esercito Volontari per l’Indipendenza Siciliana – era una struttura paramilitare creata da Canepa. Il popolare leader dei Separatisti sapeva benissimo che, per liberare la Sicilia dalla dominazione italiana, prima o poi avrebbero dovuto ‘parlare’ le armi.

“Con Concetto Gallo – scrive sempre Scianò – l’EVIS diventò operativo e ingaggiò diversi combattimenti con le Forze Armate Italiane che, in quel periodo, appoggiavano le Forze di Polizia e i Carabinieri nell’opera di una drastica repressione delle proteste popolari, delle forze guerrigliere e dei loro sostenitori e nei confronti del movimento Indipendentista guidato innanzi tutto da Andrea Finocchiaro Aprile, ma anche da Antonino Varvaro, da Attilio Castrogiovanni e da altri personaggi di grande statura morale e politica”.

I pavidi hanno sempre criticato la scelta della lotta armata da parte di Concetto Gallo. Ma oltre che pavidi – e pronti ai compromessi – i Separatisti che si battevano per la ‘linea morbida’ erano anche scorretti. Davano per scontata una ‘lealtà’ del nascente Stato italiano che, in realtà, non c’è mai stata: non c’era allora e – ad esempio, per la parte che riguarda, oggi, i rapporti finanziari tra Stato e Regione siciliana – non c’è tutt’ora.

Non è un caso, insomma, se alcune figure del Separatismo della, come dire?, linea soft, si ritroveranno invischiati in quello che il giornalista a scrittore Pietro Zullino, nel suo libro Guida e misteri e piaceri di Palermo, definirà “Intrigo fondamentale”: la morte di Salvatore Giuliano.

Tornando alla scelta della lotta armata, Scianò è molto netto e molto chiaro:

“La scelta della lotta armata per gli Indipendentisti fu necessaria proprio per difendere i diritti fondamentali del Popolo Siciliano, della Nazione Siciliana, compreso il diritto di parlare, di protestare e di difendere la propria dignità. La strage avvenuta a Palermo in via Maqueda con 24 vittime innocenti e con più di cento feriti (provocata dai soldati dell’Esercito italiano della Divisione Sabauda con funzioni d’ordine pubblico e con armamento da guerra) doveva pure avere insegnato qualcosa”.

(Per la cronaca, sulla strage avvenuta a Palermo, in via Maqueda, settantatrè anni fa ha scritto il nostro Ignazio Coppola nell’articolo che potete leggere qui).

Dimenticando, o facendo finta di non ricordare che Garibaldi, quando invase la Sicilia, nel 1860, si era servito dell’appoggio dei mafiosi, a Concetto Gallo hanno sempre rimproverato di avere stretto alleanza con i latitanti e i banditi che, in quegli anni, si muovevano liberamente in Sicilia. Gli hanno rimproverato, in particolare, l’alleanza con la banda di Salvatore Giuliano – che di fatto controllava un ampio territorio che, da Monreale e Montelepre, arrivava fino all’attuale Riserva dello Zingaro – e con la bada di Rosario Avila, che imperversava in una zona che, da Niscemi, arrivava fino a Vittoria.

Si tratta di critiche stupide. Concetto Gallo era un guerriero e non un passacarte. Sapeva benissimo che avrebbe avuto contro le truppe italiane. E sapeva benissimo che lo Stato italiano non avrebbe esitato a mettersi d’accordo con i mafiosi e con i banditi pur di eliminarlo.

Da persona per bene non aveva alcuna intenzione di stringere rapporti con la mafia (a questo penserà la Repubblica italiana da Portella delle Ginestre in poi). Ma non ebbe esitazioni ad allearsi con i banditi. La sua era una mossa strategica: se non si fossero alleati con l’EVIS, i vari Giuliano, Avila e via continuando sarebbero stati assoldati dallo Stato repubblicano nascente per combattere contro i Separatisti.

Alla fine Concetto Gallo era stato più abile degli uomini dello Stato italiano che gli davano la caccia: e questo l’Italia repubblicana nata a Portella non gliel’ha mai perdonato.

“La battaglia per la quale Concetto Gallo entrò nel mito – ricorda sempre Scianò – fu quella ingaggiata sulle alture della contrada Santo Mauro, nei pressi di Caltagirone, quando contro il campo dell’EVIS furono mobilitati circa tremila soldati dotati anche di armi pesanti. Con Secondo Turri in quel momento vi erano soltanto una cinquantina di combattenti dell’EVIS. Dopo avere opposto per alcune ore una eroica resistenza e avere tenuto a debita distanza i militari italiani, Concetto Gallo capì che la disparità di mezzi, l’uso dei cannoni e delle mitragliatrici e la schiacciante superiorità di uomini delle truppe che erano agli ordini del generale Fiumara avrebbero avuto comunque la meglio. Decise quindi di tentare di salvare i suoi giovani guerriglieri, aprendo loro una via di fuga, e di sacrificarsi per tutti soltanto lui che peraltro aveva la capacità di tenere impegnato il nemico finché avesse avuto vita, dando il tempo ai suoi di defilarsi a poco a poco”.

“Al suo fianco però – prosegue Scianò nel suo racconto – restarono due guerriglieri che gli avevano disubbidito e che vollero condividerne come sempre le sorti. Il piano riuscì al meglio. Anche se vi furono morti e feriti da entrambe le parti, anche se Concetto Gallo fu catturato e anche se il campo di Santo Mauro fu smantellato, resta il fatto che moralmente e politicamente i giovani dell’EVIS furono considerati i vincitori di quella battaglia. Tanto più che quegli stessi giovani avrebbero continuato a lottare per l’Indipendenza della Sicilia”.

Per il coraggio dimostrato nella battaglia contro le truppe italiane Concetto Gallo venne soprannominato affettuosamente “U liuni di Santu Mauru”.

Proprio sull’onda delle battaglie condotte dai Separatisti, “il 15 maggio del 1946 – scrive sempre Scianò – con decreto legislativo sottoscritto dal Re d’Italia Umberto II e da tutti i componenti del Governo italiano e dai presidenti (solo di nome) della Camera dei Deputati e del Senato, fu promulgato lo Statuto Speciale di Autonomia per la Regione Siciliana. Era il frutto di un pactum che avrebbe portato anche all’interruzione della lotta armata e l’amnistia. Addio alle armi, dunque!”.

Concetto Gallo venne eletto deputato all’Assemblea Costituente il 2 giugno 1946. Così uscì dal carcere dove lo Stato italiano l’aveva rinchiuso perché aveva provato, per davvero, a liberare la Sicilia dall’Italia.

Fu anche deputato della prima Assemblea regionale siciliana, eletta nell’aprile del 1947.

Gli anni successivi saranno caratterizzati dall’amarezza, come sintetizza bene Sciano:

“Il tradimento da parte dello Stato, dei Governi e dei partiti del pactum (che era stato alla base dell’addio alle armi da parte dell’EVIS), lo svuotamento dell’Autonomia, il decadimento morale e la pochezza di contenuti della vita politica (ormai ostaggio dei partiti italiani unitari e anti autonomisti), l’ascarismo dominante, soprattutto nelle istituzioni, delusero profondamente Concetto Gallo. Il crollo elettorale e organizzativo del Movimento Indipendentista gli diedero infine il colpo di grazia”.

Qui potete leggere per intero la prima parte dell’articolo di Giuseppe Scianò su Concetto Gallo

Qui potete leggere per intero la seconda parte dell’articolo di Giuseppe Scianò.  

Foto tratta da ora-siciliana.eur

 

 

 

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