RIPUBBLICHIAMO QUESTO ARTICOLO dopo le polemiche suscitate dal discorso del Premier, Giuseppe Conte, che ha ‘osato’ parlare del “congiunto” del Presidente della Repubblica, ovviamente riferendosi a Piersanti Mattarella. L’opposizione, PD in primis, si sta strappando le vesti accusando Conte di leggerezza. Se solo chi si indigna fosse capace di seguire le orme del Presidente della Regione ucciso nel 1980… Mattarella difendeva gli interessi del suo popolo anche contro lo strapotere dell’Ue. Quelli che oggi si scandalizzano non ne sono capaci o preservano altri interessi…. Farebbero meglio a stare zitti. Con i fatti dimostrano quanto lontani sono da lui…
37 anni fa l’omicidio del Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella. Era in macchina, in via Libertà a Palermo, sotto casa sua. Stava per andare a messa con la sua famiglia quando un uomo armato di una pistola lo uccise sparandogli dal finestrino.
Su questo omicidio regna ancora il mistero più fitto, ma la pista politica resta sempre la più credibile. Una tesi riaffermata oggi, in occasione delle cerimonia celebrativa sul luogo del delitto, dall’avvocato della famiglia Mattarella, Francesco Crescimanno che ha avviato da mesi una complessa attività di analisi delle carte processuali per ottenere l’apertura di un nuovo filone di indagini:
“La mafia c’entra, certo che c’entra. Ma quello di Mattarella, lo ritengo un omicidio più politico che mafioso”. La mafia, cioè, come molto spesso è accaduto, avrebbe agito da tramite o avrebbe in qualche modo fornito coperture, ma il killer non sarebbe neanche ascrivibile ad ambienti malavitosi locali. Un killer che sarebbe arrivato da fuori, da ambienti legati al terrorismo nero al servizio di “centri di potere occulti”. Un caso unico per gli omicidi siciliani, dove si è sempre saputo tutto sui sicari e poco sui mandanti.
“Io sono convinto che il killer sia Giusva Fioravanti, lo hanno riconosciuto sia la moglie di Mattarella che la domestica” ha aggiunto il legale stamattina. E in una intervista dello scorso luglio aveva anche ricordato che “pure il giudice Falcone non aveva dubbi. Ma Fioravanti è stato assolto. Però, questo caso non può restare irrisolto: si potrebbe tornare a indagare sui depistaggi, per comprendere il coacervo di interessi, fra mafia e ambienti della destra eversiva, che probabilmente maturarono attorno alla morte di Piersanti Mattarella”.
A questo proposito vale la pena ricordare le parole di Rocco Chinnici, ucciso nel 1983: “C’è un filo rosso che lega tutti i grandi delitti: un unico progetto politico”. Così scriveva l’ indimenticato capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo sul suo diario commentando gli omicidi di Mattarella, del segretario del PCI, Pio La Torre e del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa.
Nell’inchiesta Mattarella è presente tutto il repertorio degli altri grandi delitti: prove false, depistaggi, testimonianze artefatte e una verità che non arriva. Lo sa bene anche il Presidente del Senato, Pietro Grasso: ” C’è stato un depistaggio, è scritto nelle carte processuali e ci sono punti oscuri”.
Certo è che il Presidente della Regione, tra i migliori che la Sicilia abbia mai avuto, dava fastidio a tanti. Per la sua politica di allargamento della sua maggioranza di governo al Partito Comunista, proprio come Moro, di cui era ritenuto il naturale successore e morto anche lui in circostanze tutt’ora oscure. Per il suo stile, per la sua solida preparazione, per la svolta che ha impresso nell’amministrazione regionale a dare dignità politica al Parlamento siciliano e all’Autonomia.
Alcuni tra i suoi predecessori sono stati pure importanti: Franco Restivo, come ha raccontato in un bel libro Franco Nicastro, ha ‘vertebrato’ la Regione siciliana; Giuseppe Alessi, grande espressione del popolarismo sturziano autentico, ha provato ad opporsi alla ‘sepoltura’ dell’Alta Corte per la Sicilia (“L’hanno sepolta viva”, ricordava sempre Alessi a proposito dell’organismo che doveva rappresentare la Sicilia nelle controversie con lo Stato, visto che non è mai stata approvata una legge costituzionale per abrogarla).
Ma è stato Piersanti Mattarella che ha provato a far capire ai siciliani il vero senso dell’Autonomia, sperimentando la formula politica della “Sicilia con le carte in regola”.
Di lui vogliamo ricordare una legge che dovrebbe portare il suo nome: la legge regionale numero 71 del 1978. E’ la grande legge urbanistica, tutt’ora in vigore. Nessuno prima di lui aveva mai pensato a una legge urbanistica e la sua, ostacolata in tutti i modi, non piaceva a buona parte della politica di quegli anni. E, soprattutto, non piaceva alla mafia. La legge n. 71 serviva a reiterare la tutela lungo le coste, entro i 150 metri dalla battigia e a salvare il verde pubblico montano, collinare e costiero che poi avrebbe aperto la via, negli anni ’80, all’istituzione dei parchi e delle Riserve naturali.
Non gli mancava il coraggio di difendere la Sicilia e gli interessi dei Siciliani:
“Occorre creare una forza di pressione capace di controbilanciare le spinte e le sollecitazioni che sull’apparato politico-burocratico esercita la struttura socio finanziaria del Nord” diceva il Presidente Mattarella. Che a tal fine volle un Comitato di coordinamento di Presidenti delle regioni meridionali che affiancava il Ministro nella programmazione economica. Non è un caso che in quel periodo, come ci ha ricordato il costituzionalista palermitano, Andra Piraino che del Presidente era amico, “il divario tra il reddito pro capite tra Sud e quello del Nord diminuì notevolmente”. Mattarella credeva nella necessità di una unione delle regioni meridionali, ognuna con le sue prerogative. E quelle siciliane le difese anche davanti all’allora Presidente della Commissione esecutiva della Comunità Economica Europea, Roy Jenkins in visita a Palermo.
Era il 6 Settembre del 1979 e parlando di legislazione europea gli disse:
“L’emanazione di norme europee non sempre tiene conto della realtà di tutte le regioni della Comunità, norme che sembrano fatte solo per una parte della Comunità e non per tutta, di modo che si innesca e si accresce quel processo centripeto di accorpamento delle risorse che è proprio di ogni sviluppo dualistico non integrato e che ha per effetto l’allargamento del divario”.
“Sovente -sottolineò Mattarela rivolgendosi a Jenkins- tali norme, signor Presidente, non tengono conto, in particolare, neppure del livello di autonomia locale di cui ad esempio la Sicilia fruisce all’interno della comunità nazionale, livello assai largo e che è frutto da un lato di peculiarità storiche, sociali, geografiche, economiche tuttora presenti; e dall’altro di lotte politiche e di tradizioni che costituiscono patrimonio inalienabile di questa terra ed al quale non rinunciamo”.
E ancora, rivolgendosi ai governi nazionali:
“L’Autonomia regionale speciale che costituisce la risposta democratica ed unitaria del nuovo Stato repubblicano alle istanze della Sicilia del dopoguerra rimane patrimonio inalienabile di cui siamo e saremo sempre gelosi custodi”.
Ricordi di un Presidente dei Siciliani che dovrebbero fare impallidire di vergogna gli attuali politici che stanno svendendo la Sicilia e i diritti sanciti dallo Statuto alle segreterie romane; quelli che hanno accettato un inviato del Governo nazionale alla guida dell’assessorato all’Economia; quelli che non si oppongono a questo stato di cose; quelli che fanno finta di opporsi; quelli che per la carriera hanno sacrificato i Siciliani e le potenzialità della nostra regione.
Ma la vergogna presuppone una coscienza. E molti dei nostri politici mercenari (o ascari come li definirebbe Salvemini) non sanno neanche cosa sia. Diceva Diderot: “La voce della coscienza e dell’onore è ben debole quando l’intestino urla”. E il loro intestino, evidentemente, non smette mai di urlare.
Qui sotto potete leggere un ricordo personale del nostro editore, Franco Busalacchi che nel 1979, su disposizione proprio di Mattarella, ricopriva l’incarico di Segretario della Giunta regionale:
qui invece il video del discorso di Mattarella nel Novembre 1979:
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