Già è odioso che la storia debba essere scritta dai vincitori. Ma è ancora più odioso che la storia la scrivano i miserabili. In questo articolo vi raccontiamo la vera storia di uno scempio che ancora oggi, per Palermo, è una ferita aperta. Una questione che nessuna Amministrazione comunale, da quando Villa Deliella venne abbattuta (correva l’anno 1959) ad oggi, ha voluto affrontare. Il progetto per la ricostruzione bloccato da ‘filologi’ del piffero!
La Villa dei Principi Deliella era una villa in stile Liberty in piazza Croci a Palermo. Costruita nel 1905, venne abbattuta nel 1959.
La residenza fu progettata dall’architetto Ernesto Basile (sì, proprio quello, il progettista del Teatro Massimo di Palermo) nel 1898 per la famiglia dei principi Deliella, i coniugi Anna Drogo di Pietraperzia e Nicolò Lanza, un ramo dei Lanza Branciforte. Fu completata tra il 1907 e il 1909, dal costruttore Salvatore Rutelli. Gli arredi erano dello Studio Ducrot (non so se mi spiego!)
Nel 1959, dopo che il sindaco di Palermo pro tempore, nel 1954, aveva subdolamente intercettato un decreto regionale di vincolo, una variante del Piano regolatore di Palermo fu approvata dal Consiglio comunale (speriamo che, se morti, quei consiglieri comunali di allora brucino all’inferno, e che se alcuni sono ancora vivi muoiano oggi stesso, e che i loro figli e nipoti, secondo le maledizioni bibliche sulle colpe dei padri che ricadono sui figli, Esodo – 5, vivano tra malattie, stenti e privazioni, senza morire mai!).
A quel Piano regolatore furono apportati centinaia di emendamenti, in accoglimento di istanze di privati cittadini che ovviamente, come da prassi, si presentarono in Consiglio comunale con le mazzette pronte.
Le varianti apportate al Piano permettevano di costruire nell’area di via Libertà, dove allora si concentravano le residenze private liberty costruite tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento: avvenne così il cosiddetto ‘Sacco’ di Palermo.
Vennero sottoposti al Consiglio comunale i piani per demolire Villa Deliella, con l’accordo dell’ultimo proprietario, Franco Lanza di Scalea, miserabile morto di fame, e vennero approvati in gran fretta il 28 novembre in modo che la demolizione potesse cominciare nel pomeriggio stesso e concludersi l’indomani, così da evitare un nuovo vincolo dei beni culturali.
Per chi lo avesse dimenticato, o non lo sapesse, si sappia e si ricordi in eterno che il dominus di quella operazione scellerata fu Salvo Lima, in quei gironi sindaco mafioso di Palermo. Io non l’ho mai dimenticato e vi debbo confessare che con gioia selvaggia ho brindato virtualmente sul suo cadavere sforacchiato dai proiettili sparati da qualche killer al soldo dei suoi amici e sodali.
Così speriamo che bruci all’inferno anche Lanza di Scalea e che quello che ha avuto in cambio del suo consenso alla demolizione della villa lo abbia speso in medicine, operazioni chirurgiche e viaggi della speranza per sé e la sua settima generazione (sempre Esodo, 5). Lo stesso spero valga per tutti gli assessori, i funzionari, i dirigenti, gli ingegneri, i geometri, gli architetti, gli archivisti e i commessi che parteciparono al procedimento amministrativo che ha generato quello scempio.
Da uno scandalo ad un altro. La reazione tardiva e coccodrillesca dell’opinione pubblica (in un Paese di gente civile l’operazione non sarebbe mai neppure cominciata per l’opposizione fisica dei cittadini) fece sì che i permessi per le nuove costruzioni non furono più rilasciati e da allora l’area è stata utilizzata come parcheggio semiabusivo.
Dal 1963, anno in cui Lima cessò di fare il sindaco di Palermo, ad oggi nessun primo cittadino – né di quelli che fare il sindaco non sanno nemmeno che cosa significa, né quelli che dicono che il sindaco lo sanno fare – ha mai avuto il coraggio, la forza, la creatività, la sensibilità culturale, né tantomeno la volontà di porre fine allo scandalo numero 2 di Piazza Croci. Nessuna iniziativa risulta mai adottata e nemmeno proposta dall’Amministrazione comunale, né a livello politico, né a livello manageriale.
E si capisce! Un parcheggio con lavaggio incluso in centro città è importante! Oppure c‘è ancora chi spera (o ha un titolo di credito?) che un giorno si possa costruire un bellissimo condominio, di cui alcuni piani sono certamente riservati da tempo agli amici degli amici.
Nemmeno le proposte che vengono dalla società civile hanno seguito. Infatti nel novembre 2015, ad opera di due architetti, è stata lanciata la proposta di ricostruire la villa, utilizzando i progetti originali del Basile, ancora conservati dalla famiglia e destinarla a sede del museo del Liberty palermitano. Proposta che dopo i soliti dibattiti inutili, pelosi, strumentali dei duri e puri sulle riedificazioni farlocche, è finita nel dimenticatoio.
A tutti i cretini e finti acculturati cui non piacciono le ricostruzioni, dopo avere ricordato che i templi della mitica Valle di Agrigento furono riedificati dalle e sulle rovine preesistenti, consiglio di andare a Berlino, a vedere tra gli altri, il Parlamento tedesco, rifatto tale e quale; a Lipsia, città rifatta tutta tale e quale; e perché no?, anche in Egitto, ad Abu Simbel, dove italiani più intelligenti, fattivi e pratici più di tanti filologi inconcludenti e sconchiuduti hanno spostato e ricostruito il faraonico sito archeologico di Ramses II e signora.
Ma fatemi il piacere!
Ai nuovi e vecchi candidati sindaci (Gesù!) chiediamo con forza di smetterla di fare i pesci in barile. Di prendere precisi impegni sulla ricostruzione filologica del sito, ovvero di farci sapere se e quale forza oscura lo impedisca.
Foto tratta da laguilla.wordpresso.com
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E che dire dei templi di Selinunte
esclusi dall'anastilosi, un ammasso
di rovine vergognoso, un danno
enorme al turismo e, ai resti a terra
che subiscono un deterioramento
maggiore rispetto al tempio
rimesso in piedi.
Stesso discorso per il grandioso
tempio di Zeus di Agrigento, che
rialzato parzialmente (mancano i
pezzi asportati per costruire il molo
di Porto Empedocle) costituirebbe
un sicuro richiamo di visitatori e
possibilità di sviluppo e lavoro.
Cosidetti esperti che sconsigliano
l'anastilosi dei templi siciliani, che
poi vanno a rialzare templi in siti
archeologici all'estero.
Ad Aquileia, i resti di un tempio
romano, costruito in laterizi e poi
rivestito, è stato ricostruito mettendo
a posto migliaia di pezzi minuscoli.
I templi siciliani costituiti di pezzi
di notevoli dimensioni, sono pure
facili da rimettere in piedi, manca
solo la volontà.
Perchè non valorizzare questi beni
inestimabili per storia, cultura e
turismo?
Ho dei ragazzi e delle ragazze al primo liceo in grado di esprimere idee con maggiore coerenza di quanto fa l'autore di questo articoletto che, al contrario, mostra tutto il suo lato puerile.
Giano, Dio ci ha dato un volto, perchè usi una maschera?