Via il busto dell’assassino Cialdini: da Napoli una lezione di dignità ai Comuni siciliani

26 dicembre 2016

Il Consiglio comunale partenopeo ha deciso di fare sparire la scultura che rappresenta il feroce macellaio sabaudo dall’ingresso della Camera di Commercio. A Palermo l’amministrazione ancora non si decide a cancellare questo nome dalla toponomastica nonostante una mozione dei consiglieri della II Circoscrizione. Anche a  Catania una mozione simile di Sebastiano Anastasi che propone di eliminare anche il nome dello scienziato razzista Cesare Lombroso

Il primo a cadere è stato il generale Cialdini. Ma siamo solo all’inizio e non è escluso che possano fare la stessa fine Camillo Benso di Cavour, Garibaldi, Vittorio Emanuele e gli altri simboli dei massacri dei meridionali all’alba dell’Unità d’Italia.

Parliamo dei busti che rappresentano questi personaggi nefasti per il Sud Italia che ancora ammorbano le nostre città o la nostra toponomastica.

A Napoli hanno detto basta e il bello è che l’intero Consiglio comunale, nell’ultima seduta pre-natalizia,  ha appoggiato l’iniziativa di alcune associazioni meridionaliste (riunite sotto la sigla ‘Gruppi di azione meridionale’) approvando all’unanimità un ordine del giorno che prevede la rimozione del busto del generale Cialdini dal salone di ingresso della Camera di Commercio della città.  

Chi è Cialdini ve lo abbiamo raccontato qui nel dettaglio: il suo ‘capolavoro’ è l’eccidio dell’intera popolazione di Pontelandolfo e Casalduni, due paesi in provincia di Benevento, dove l’esercito sabaudo, per ordine del generale, imbestialito a causa una tenace e imprevista resistenza, si macchiò di orrendi delitti sulla popolazione inerme (uomini, vecchi, donne e bambini: seviziati, torturati, arsi vivi). Mandante dei massacri: Vittorio Emanule. Era il 14 Agosto 1861. La sua ferocia, come quella degli altri generali sabaudi, si estese in tutto il Sud durante l’annessione al regno piemontese.

Come si fa a tenere una statua o una via dedicata ad un tale mostro? Lo chiediamo innanzitutto al Comune di Palermo che ancora si ostina a tenere quel nome nella toponomastica della città.

Ignoranza, insensibilità, troppo impegnati per occuparsi di storia o cosa?

Continuiamo a non comprendere la risposta che una volta ci ha fornito l’assessore Giusto Catania: “La storia non si cancella”. Qui non si tratta di cancellare la storia (cosa, peraltro, impossibile), ma di cancellare una dedica ad un macellaio, perché in nessun luogo civile un popolo dedica una via a un feroce assassino.

Intanto a Napoli, esultano i promotori ed esulta il consigliere che ha portato l’ordine del giorno in aula: “L’Unità d’Italia è un valore acquisito che nessuno mette in discussione – premette Andrea Santoro, eletto nelle liste di Napoli Capitale – ma vorremmo si parlasse di come le regioni del Sud allora siano state penalizzate e, ancora oggi, se c’è un divario tra Nord e Sud, è soprattutto perché quel tipo di annessione penalizzò enormemente il Mezzogiorno”.

“Se è vero che la storia è scritta dai vincitori – spiega all’Adnkronos – a distanza di tanti anni è ormai arrivato il momento di ripristinare un minimo di verità storica. Quello che fece il Regno sabaudo piemontese fu un’invasione militare del Regno delle Due Sicilie, e per giunta personaggi come Cialdini si macchiarono di veri e propri crimini verso le popolazioni, con paesi rasi al suolo e atrocità inenarrabili. È giusto parlare di questi fenomeni che sono accaduti e sono stati cancellati dalla storiografia ufficiale ed è giusto anche che ci siano segnali forti. Ecco perché la rimozione dei busti di Cavour e Cialdini da un luogo così prestigioso sarebbe un segnale importante”.

Il testo originario del documento di Santoro chiedeva la rimozione anche del busto di Cavour ma su richiesta della maggioranza ci si è limitati, almeno per il momento, a quello di Cialdini.

Ricordiamo, per finire, che il nome di questo assassino è stato cancellato dalla toponomastica di diversi comuni non solo meridionali: da Casa Massima, in provincia di Bari a Lamezia (Benevento), fino a Mestre.

A Catania c’è una consigliere. Sebastiano Anastasi che ha avanza la proposta di eliminare l’intitolazione di due strade a Cialdini e a Cesare Lombroso: “Che senso ha tenere una via Cialdini a Catania? – dice  l’esponente di Grande Catania – dedicare una via a un generale che, come ormai sembra condiviso, durante il Risorgimento si è macchiato di stragi e violenze? Lo hanno fatto numerosi Comuni – aggiunge – anche del Nord Italia. Intitoliamola a Graziella Campagna, piuttosto una vittima innocente di mafia”.

E sullo pseudo scienziato razzista aggiunge: “Portiamo avanti, piuttosto- continua – il progetto di Toponomastica femminile, intitolando tre strade alle tre donne indicate dalle scuole di Catania”.

Anche a Palermo ci sono state iniziative simili e c’è stato anche un consigliere comunale Giovanni Coletti (che precedentemente non avevamo citato e con il quale ci scusiamo) che ha presentato una mozione per abolire il nome di Cialdini e sostituirlo con quello di Giovanni Lo Porto, il cooperante palermitano ucciso da un raid americano in Pakistan. La mozione, come vi avevamo raccontato qui, è stata approvata dai consiglieri della II Circoscrizione ma dall’amministrazione non si batte un colpo: “A Gennaio torneremo a sollecitarle l’amministrazione, questa è una battaglia alla quale non rinunceremo” dice Coletti.

E, in effetti, si tratta di una battaglia di civiltà oltre che di dignità.

 

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