Una chiacchierata a trecentosessanta gradi con Saverio De Bonis, presidente di GranoSalus. Per parlare della grande industria della pasta. E di cosa dovrebbe fare per eliminare il problema delle micotossine. Il grano duro canadese. Le analisi effettuate in questi anni. Il problema della pasta da utilizzare per alimentare i bambini
Come i nostri lettori sanno, siamo stati costretti a togliere dal blog un articolo che riguarda la multinazionale Barilla. Per un motivo molto semplice: perché siamo troppo piccoli per potere reggere il confronto con un colosso del sistema agro-alimentare che opera in tutto il mondo.
Detto questo, la nostra battaglia per il rilancio del grano duro della Sicilia e, in generale, del Sud Italia continua. Oggi intervistiamo il presidente di GranoSalus, Saverio De Bonis. GranoSalus, com’è noto – soprattutto ai nostri lettori, visto che la citiamo spesso – è un’associazione che raggruppo produttori di grano di tutto il Mezzogiorno d’Italia e consumatori.
Allora De Bonis: come vede non è facile difendere le ragioni del grano duro del Sud Italia…
“Su questo non abbiamo dubbi. Detto questo, a proposito dell’articolo che avete tolto dal blog, vanno fatte alcune precisazioni. Nella lettera che voi avete pubblicato (che i nostri lettori possono leggere qui) i legali di Barilla ritengono che i messaggi dell’articolo incriminato siano altamente allarmistici per il consumatore, poiché evidenzierebbero caratteristiche negative per la salute del grano di provenienza canadese. La lettera inviata dai legali di Barilla, di fatto, vi invita a dimostrare quello che viene asserito, altrimenti commettete un reato, diffamando la Barilla senza averne le prove. Ebbene, noi di GranoSalus riteniamo che le prove del traffico di grano straniero di pessima qualità per i consumatori ci sono e sono attendibili, anche se solo parzialmente riconducibili al gruppo in questione”.
Il problema del grano duro canadese che arriva in Italia c’è. Questo, almeno, non ce lo contestano…
“E ci mancherebbe! Barilla, e tutti gli altri gruppi del settore, non possono sottacere che il tema delle contaminazioni è inconfutabile, al punto che è dovuta sorgere un’associazione per contrastare il fenomeno presente sul mercato italiano da molti anni. Ciò posto, a nostro avviso, la richiesta di togliere l’articolo è una vera e propria prepotenza. E lo dimostrano i cinque punti della questione che proverò a illustrare. Cominciamo con le micotossine”.
“Punto primo. Le micotossine nel grano canadese non sono un invenzione. Che il grano canadese sia pieno di micotossine derivanti da Fusarium è un dato di fatto, lo dicono gli stessi canadesi. A Foggia, mercoledì 14 dicembre, la Canadian grain commission, ospitata dalla Camera di Commercio, ha dimostrato chiaramente che il 73.6% del grano CWAD di terza classe (No.3) prodotto è affetto da Fusarium (DON), così come l’ 83.9% del grano CWAD di quinta classe è utilizzabile per uso animale o altri usi (prod. Etanolo, etc). In Italia il borsino di Altamura quota in questo momento solo il grano canadese di terza classe (No.3). Poi c’è il secondo punto: la qualità del grano duro canadese di quest’anno”.
Ovvero?
“La produzione di grano duro canadese, quest’anno, ha solo il 10% classificabile di prima classe (No.1), ovvero priva di micotossine DON, mentre oltre il 50% della produzione rientra tra la quarta e la quinta classe (No.4 e No.5). Non ci stiamo inventando niente: lo hanno affermato gli americani, a Foggia, lo scorso 16 novembre, sempre nel corso di un incontro che si è tenuto sempre presso la Camera di Commercio. Questo ci porta al terzo punto della questione: il ruolo dell’Italia in questa vicenda”.
Si riferisce al fatto che il nostro Paese importa grano duro prodotto in Canada?
Che è un ruolo importante.
“Molto importante. Che la Barilla sia il primo produttore di pasta nel mondo, il primo produttore di pasta in Italia e che l’Italia sia il primo Paese esportatore di pasta, lo dicono i numeri. E’ un dato di fatto. Va da sé che buona parte del grano canadese importato in Italia viene utilizzato da Barilla insieme con Divella, De Cecco, Garafolo e la Molisana. Questi gruppi messi insieme rappresentano oltre il 60% del mercato”.
Resta il quinto punto.
“Il quinto punto è rappresentato dalla qualità della pasta. La pasta è fatta sempre di acqua e semola di grano duro. La differenza è nella qualità dell’ingrediente primario, cioè il grano duro”.
Stiamo entrando piano piano nel cuore del problema. Abbiamo appurato che le tossine sono una realtà. E’ un realtà sotto controllo?
“Questa è una bella domanda. Che gli italiani assumano quantità di micotossine superiori a qualsiasi altro consumatore europeo, ebbene, questo lo dicono i dati di consumo rapportati alla quantità massima consentita dalle norme dell’Unione Europea. Che la pasta Barilla, nei vari test, abbia dimostrato negli anni di avere tenori alti di micotossine, sia pur entro le soglie stabilite dalla UE, è un dato di fatto. Che in Italia i prodotti di pasta secca di varie marche non siano alimenti specificamente destinati ai lattanti e ai bambini e che, quindi, non rientrano nel requisito del massimale di 200 ppb/kg di Don è un dato di fatto e lo dimostrano vari test” (come potete leggere qui).
La pasta per alimentare i bambini è un tema molto sentito. I mezzi di informazione lo hanno affrontato più volte.
“Certo, è un tema sentito. In un articolo del maggio 2010 la rivista Il Salvagente denunciava una diffusa contaminazione da micotossine che, per i più piccoli, rappresenta un vero pericolo. A dispetto delle suggestioni, la pasta di piccolo formato che acquistiamo per i bambini è infatti un prodotto per adulti. Attraverso l’indagine della rivista Il Salvagente sono stati analizzati diversi marchi di paste alimentari per bambini, verificando alti livelli di micotossine. Quello che è venuto fuori da un test su 27 prodotti diversi è che alcuni tipi di pasta, venduta come pasta per bambini, pubblicizzata con il ricorso a teneri testimonial e immagini dei cartoni animati, in realtà, non era una pasta per bambini. Presenti anche i due prodotti di grande richiamo per bambini e genitori: i Piccolini della Barilla e i Topolino and Friends della Gs”.
Che altri studi sono stati effettuati sulle micotossine presenti nel grano?
“Gli esperti del Labs, Laboratorio di alimenti, benessere e sicurezza dell’Università Federico II di Napoli, hanno studiato le tre micotossine più significative per testare la qualità del grano: l’aflatossina B1 (AfB1), l’ocratossina A (OtA) e il deossinivalenolo (Don). La buona notizia è che una di queste, la più temuta, è risultata assente. Nell’intero campione non sono state trovate traccie della AfB1 – aflatossina – la micotossina classificata come cancerogena, e inserita nel gruppo 1 dallo Iarc, l’Agenzia dell’Oms che si occupa della ricerca sul cancro. C’è, però, anche una cattiva notizia”.
Cioè?
“La cattiva notizia è che le altre due muffe cercate vengono quasi sempre rintracciate. E, in molti casi, decisamente sopra al limite che la legge imporrebbe a questi prodotti se fossero stati espressamente destinati ai bambini”.
Proviamo a spiegare bene questo punto, che a noi sembra centrale.
“I criteri europei prevedono l’assunzione di 1ppb/giorno di micotossina DON x ogni chilo di peso corporeo. Ma questi limiti sono tarati sull’europeo medio, che mangia 5-6 chili di pasta l’anno, non 27 chili come in Italia o 30 chili di pasta all’anno come avviene nel Sud Italia! La soglia di 750 ppb per noi italiani – soprattutto per chi vive nel Sud Italia – è tossica e bisognerebbe invocare il principio di precauzione. Per rispettare i parametri o gli italiani riducono di cinque volte il consumo di pasta (riduzione della quantità), oppure il limite previsto di 750 ppb deve essere ridotto dalle industrie di almeno cinque volte (aumento della qualità sanitaria). A rischiare di più sono i bambini delle famiglie che non possono permettersi di comprare la pasta in farmacia i cui valori dovrebbero essere inferiori a 200 ppb”.
Che cosa si dovrebbe fare?
“Il Governo italiano dovrebbe rivedere i limiti legali di accettabilità del DON nella pasta secca di grano duro dai 750 microgrammi/kg per la popolazione adulta adeguandolo almeno al valore di 200 microgrammi/kg previsto dalla normativa Reg n° 1881/2006 della Comunità Europea per i baby-food. Ma nonostante le battaglie sinora condotte nessuna modifica è stata ancora apportata. In subordine a tale proposta, considerando il consumo medio di grano duro nella popolazione italiana, pari a circa 130 kg/annuo (che comprendono pane, pasta, snack, etc – Fonte Istituto Nazionale della Nutrizione) GranoSalus ritiene si debba applicare il principio di salvaguardia di protezione della salute dei consumatori italiani (Art. 23 Direttiva 2001/18/CE).
Che dovrebbe fare, allora, la grande industria della pasta?
“Dovrebbe fare quello che è stato fatto per l’olio di palma: e cioè dichiarare di non volere più alcun tipo di residuo di micotossine nella pasta, a prescindere dalle soglie stabilite per legge, in modo da premiare i grani salutari del Mezzogiorno del nostro Paese a scapito dei grani d’importazione”.
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BRAVI e grazie per informarci. Sarebbe però opportuno di citare ameno le marche virtuose, cioè quelle che usano solo grano sicuro. Potete farlo?
Non citate quelli che usano grano contaminato per non incorrere in problemi legali, ma citate solo quelli che utilizzano solo grano nostrano e sano.
Grazie