Una sentenza dell’organo giurisdizionale europeo assesta un duro colpo a chi si oppone all’OGM. Il caso è nato in Germania per il ricorso di alcune associazioni non governative. E allo stesso Paese va la vittoria considerando che la Monsanto è stata acquistata dalla Bayer…
Il Tribunale dell’Unione Europea (una delle tre sezioni in cui è divisa la Corte di Giustizia dell’UE) assegna un punto decisivo alla Monsanto sulla controversia relativa all’immissione in commercio di alimenti e mangimi contenenti soia geneticamente modificata. La sentenza (causa T-177/13) è stata resa nota oggi e provocherà non poche polemiche.
Ricordiamo, infatti, che la Monsanto, che opera nella chimica in agricoltura e nel ‘pianeta’ degli OGM, nota soprattutto per la produzione del Roundup, l’erbicida al glifosato (o gliphosate) del quale il nostro blog ha più volte parlato (a cominciare da questo articolo, che è stato molto letto), perché ampiamente usato nelle coltivazioni di grano canadese che l’Italia importa, è stata acquistata dalla tedesca Buyer. Dei rischi di questo nuovo colosso per l’agricoltura italiana vi abbiamo parlato qua.
Fatto sta, che se prima il problema OGM poteva riguardare solo l’importazione dall’estero, adesso, con il via libera ad una società che è diventata europea, la questione diventa interna. Tanto più se si considera che a sollevare il caso sul quale si è espresso il Tribunale, sono state tre associazioni tedesche contrarie all’immissione in commercio di tali prodotti.
Tutto comincia nel 2009, quando la Monsanto Europe ha presentato una domanda di immissione in commercio di alimenti, ingredienti alimentari e mangimi contenenti soia geneticamente modificata. Nel 2012, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha concluso, come si legge nel comunicato UE “che la soia geneticamente modificata, nell’ambito degli usi previsti, è sicura quanto la soia convenzionale (cioè non geneticamente modificata) riguardo ai suoi effetti potenziali sulla salute umana e animale o sull’ambiente”. Sulla base di tale parere favorevole dell’EFSA, la Commissione, con decisione del 28 giugno 2012, ha autorizzato l’immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti o ottenuti a partire da soia geneticamente modificata.
Le tre organizzazioni non governative tedesche hanno, quindi, chiesto alla Commissione di effettuare un riesame interno della sua decisione di autorizzazione, sostenendo che “non sono stati sufficientemente valutati i rischi tossicologici e immunologici, in particolare relativamente all’allergenicità per la prima infanzia della soia geneticamente modificata”. Nel 2013, la Commissione ha respinto tali richieste considerandole infondate.
Quindi si sono rivolte al al Tribunale dell’Unione europea chiedendo di annullare il rigetto della loro richiesta di riesame della decisione di autorizzazione. Ricevendo in cambio un secco no: “Con la sentenza odierna, il Tribunale respinge il ricorso delle tre organizzazioni e convalida la decisione con la quale la Commissione ha respinto, perché infondata, la richiesta di riesame dell’autorizzazione all’immissione in commercio”.
Le motivazioni faranno discutere: “Il Tribunale – si legge nella nota ufficiale- afferma che una siffatta organizzazione non può sollevare argomenti volti a contestare direttamente la legittimità o la fondatezza della decisione di autorizzazione all’immissione in commercio: essa può unicamente eccepire l’illegittimità o l’infondatezza della decisione con la quale è stata respinta, in quanto infondata, la sua richiesta di riesame. Nel caso di specie, il Tribunale rileva che numerosi argomenti addotti dalle tre organizzazioni riguardano errori di valutazione dell’EFSA o unicamente l’asserita illegittimità della decisione di autorizzazione all’immissione in commercio. Il Tribunale respinge quindi tali argomenti”.
Che sembra un modo per arrampicarsi sugli specchi.
Ma il Tribunale si spinge oltre: “Le organizzazioni non sono riuscite a dimostrare che la Commissione sia venuta meno al suo obbligo di accertare, da un lato, che sia stata effettuata una valutazione adeguata dei rischi «al più alto livello possibile» e, dall’altra, che la Monsanto abbia fornito dati adeguati. Peraltro, esse non hanno neanche dimostrato che la Commissione abbia violato il suo obbligo di garantire un elevato livello di tutela della salute umana e d’impedire l’immissione in commercio di alimenti e mangimi con possibili effetti nocivi sulla salute umana, sulla salute degli animali o sull’ambiente. A titolo di esempi, non esaustivi e non rappresentativi, fra i numerosi argomenti sollevati, si osservi che le organizzazioni non sono riuscite a suscitare dubbi atti ad infirmare la conclusione della Commissione secondo la quale: 1) la composizione della soia geneticamente modificata e quella della soia convenzionale non presentano alcuna differenza significativa, e ciò dal punto di vista sia statistico sia biologico; 2) la valutazione della potenziale tossicità della soia geneticamente modificata è stata adeguata e 3) il rischio allergenico relativo alla soia geneticamente modificata è stato adeguatamente valutato”.
Quindi non sarebbero riuscite a dimostrare la pericolosità. E che fine ha fatto il principio di precauzione? Non pervenuto.
C’è da aggiungere che contro la decisione del Tribunale, entro due mesi a decorrere dalla data della sua notifica, può essere proposta un’impugnazione, limitata alle questioni di diritto, dinanzi alla Corte.
Altro particolare: è la prima volta che il Tribunale statuisce su una decisione adottata nel merito dalla Commissione in seguito ad una richiesta di riesame interno ai sensi. E come prima volta non c’è male: di fatto, si schiera a favore di un colosso tedesco.
nella foto una protesta di consumatori europei contro Monsanto