Raciti e l’inchiesta sulle elezioni di Siracusa: chi di firme false ferisce di firme false perisce…

14 dicembre 2016

Quando è stata ufficializzata l’inchiesta sulle firme false dei grillini alle elezioni comunali di Palermo del 2012, il segretario regionale del PD siciliano, Fausto Raciti, senza aspettare l’esito del lavoro svolto dai magistrati, ha attaccato a testa bassa il Movimento 5 Stelle. A Siracusa i fatti contestati alla lista che ha eletto sindaco un esponente del PD sono più gravi. Che farà, adesso, Raciti?

A Siracusa è stata ufficializzata l’inchiesta della magistratura sulle firme false raccolte alle ultime elezioni comunali del 2013. Per la cronaca, consultazioni elettorali vinte dal centrosinistra, con l’elezione a sindaco dell’esponente del PD, Giancarlo Garozzo.

La vicenda coinvolge proprio il primo cittadino della Città Aretusea, che era sostenuto dalla lista oggi oggetto di indagini da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa, retta da Francesco Paolo Giordano. Una lista nella quale sono risultati eletti tre consiglieri comunali: tra questi, il presidente del Consiglio comunale, Santino Armaro.

La vicenda è simile – e per certi versi più grave – a quanto avvenuto alle elezioni comunali di Palermo del 2012, dove i grillini sono accusati di avere falsificato le firme.

Su Palermo, nelle scorse settimane, è intervenuto il segretario regionale del PD, Fausto Raciti, con la seguente dichiarazione:

“La vicenda delle firme false per le amministrative del 2012 a Palermo sta diventando un caso di imbarazzo nazionale per il Movimento 5 Stelle. Un caso che sta emergendo in tutta la sua evidenza e che svela la doppia faccia dei grillini: i palermitani aspettano le loro scuse per il modo in cui sono state calpestate le regole elettorali. Se davvero hanno falsificato le firme alla loro prima competizione elettorale nel capoluogo siciliano chissà cosa saranno capaci di fare alle prossime elezioni regionali, ad iniziare dalla scelta del candidato presidente: una scelta che con ogni probabilità sarà ‘telecomandata’ dai maghi del web, alla faccia della trasparenza e della democrazia partecipata”.

A Palermo, come a Siracusa, non c’è nulla di definitivo, visto che le indagini della magistratura sono in corso. Però, ancor prima del pronunciamento della magistratura, Raciti ha avvertito l’esigenza di intervenire, attaccando i grillini.

Facciamo notare tre cose.

Prima cosa: a Palermo il candidato grillino a sindaco, nel 2012, non è arrivato al ballottaggio. Anche la lista del Movimento 5 Stelle non è andata bene: non ha superato il quorum e non ha conquistato nemmeno un seggio in Consiglio comunale.

Seconda cosa: come già detto, la lista oggetto di indagini a Siracusa ha eletto il sindaco e tre consiglieri comunali. In questo caso il problema sarebbe più grave perché, qualora si dovesse dimostrare che le firme sono false, la vicenda interesserebbe il sindaco e tre consiglieri comunali.

Terza cosa: a Palermo i grillini, nel 2012, erano alla loro prima esperienza elettorale (e, per lo più, erano quasi tutti giovani). Non altrettanto si può dire per i dirigenti del PD, che non mancano certo di esperienza in materia di elezioni. Anche questo particolare fa la differenza.

Ciò posto, vorremmo rivolgere qualche domanda a segretario del PD siciliano, Raciti:

Se la vicenda dei grillini a Palermo è diventato un imbarazzante “caso nazionale”, come giudica i fatti di Siracusa, considerate, anche le pesanti denunce di corruzione da parte di della consigliera comunale, Simona Princiotta?

Leggeremo una sua dichiarazione ‘moralizzatrice’ anche sui fatti di Siracusa?

 

 

 

 

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