Nasce il Governo Gentiloni: contro il Sud e, soprattutto, contro la Sicilia

13 dicembre 2016

Il vero segnale politico di questo nuovo esecutivo è rappresentato dall’idea che il 41% preso dai Sì al referendum, lungi dall’essere una sconfitta è una mezza vittoria, perché i renziani del PD – sempre in sella – pensano che si tratti di voti dello stesso Partito Democratico. ‘Premiata’ Maria Elena Boschi, protagonista del referendum del 4 dicembre ‘vittorioso’. Il ‘siluramento’ di Verdini lascerebbe pensare a un accordo con Berlusconi. Per il Sud ci sono solo parole di circostanza. Mentre per la Sicilia le ‘minestre riscaldate’ di Angelino Alfano e Anna Finocchiaro: due personaggi che nell’Isola, ormai, rappresentano solo se stessi

Paolo Gentiloni ha varato il suo Governo. Al di là dei volti nuovi (pochi, in verità), delle riconferme (tante) e della incredibile promozione di Maria Elena Boschi (protagonista della sconfitta al referendum insieme con Renzi) a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, un dato politico salta agli occhi: la pervicacia corriva con la quale i renziani insistono sulla linea tenuta finora, considerando il 41% preso dai Sì al referendum come voti del PD: quasi una vittoria…

Insomma, lo scorso 4 dicembre i renziani hanno perso la consultazione referendaria. La riforma della Costituzione targata JP Morgan è stata ‘sgamata’ e ‘bocciata’ dal 59% degli italiani. Ma Renzi e i suoi non si considerano affatto perdenti. L’ex capo del Governo resta segretario nazionale del Partito Democratico e si prepara allo scontro con le minoranze interne. La Boschi, come già ricordato, rimane nel Governo (ma non aveva detto – come aveva detto Renzi – che, in caso di sconfitta al referendum, sarebbe andata a casa’). E ben tredici ministri del Governo Renzi vengono confermati nel Governo Gentiloni.

Rimangono nella ‘stanza dei bottoni’ i protagonisti del partito fantasma: quel Nuovo Centrodestra Democratico che in Sicilia – che dovrebbe essere la regione baricentrica di questa formazione politica – ormai non presenta più il simbolo alle elezioni. Angelino Alfano lascia il ministero degli Interni e va agli Esteri. Mentre la sua compagna di partito, Beatrice Lorezin, rimane al ministero della Salute.

Al Viminale, al posto del già citato Alfano, arriva Marco Minniti. Al ministero della Giustizia resta Andrea Orlando. Al ministero della Difesa resta Roberta Pinotti. Al ministero dell’Economia resta Piercarlo Padoan. Al ministero dello Sviluppo resta Carlo Calenda. All’Agricoltura resta Maurizio Martina. Al ministero dell’Ambiente resta Gian Luca Galletti. Al ministero delle Infrastrutture e Trasporti resta Graziano Delrio. Al Lavoro resta Giuliano Poletti. Al ministero della Cultura resta Dario Franceschini. 

Si cambia invece al ministero dell’Istruzione e Università: via Stefania Giannini, sostituita da Valeria Fedeli.

Nuova anche la nomina di Claudio De Vincenti, romano e docente di Economia all’università La sapienza di Roma, che alla Coesione territoriale: un ministero un po grottesco: dovrebbe occuparsi del Mezzogiorno, ma servirà solo a certificare gli scippi ai danni del Sud. E’ inutile girarci attorno: il Sud, in questo Governo, non c’è. E, per la Sicilia, ci sono due ministri – Alfano e la Finocchiaro – che nella nostra Isola non sembrano godere di grande seguito popolare. Ma tant’è.

Il Sud, dice Gentiloni, resta una priorità. Bisognerà capire se, alle parole, seguiranno i fatti.

Nuova anche la nomina di Luca Lotti allo Sport (lui, in realtà, sognava di andare a gestire i servizi segreti, invece andrà a seguire le partite…).

Un altro dato politico importante è la penalizzazione di Denis Verdini e dei suoi, che rimangono fuori dal Governo. da quello che si capisce, i ministeri non sono stati sufficienti per tutti. E Renzi e Gentiloni hanno deciso di sacrificare Verdini e la sua ALA (si parlava di Saverio Romano, già ministro con Berlusconi, ma poi non se n’è fatto nulla).

Ci sono anche i ministri senza portafoglio: ai Rapporti con il Parlamento va Anna Finocchiaro, alla Semplificazione e Pubblica Amministrazione resta Marianna Madia, agli Affari Regionali resta Enrico Costa. 

I messaggi che si possono ‘leggere’ dai nomi di questi ministri sono contrastanti. la designazione di Valeria Fedeli, ad esempio, potrebbe essere vista come una mano tesa alla CGIL, se è vero che il neo ministro all’Istruzione è un esponente storico di questa organizzazione sindacale.

Il ‘sacrificio’ dei verdiniani potrebbe essere visto come un’apertura alla sinistra del partito, che ha sempre visto male la presenza di Denis Verdini nell’ara del Governo. Ma ci potrebbe essere un’altra chiave di lettura. Il siluramento di Verdini potrebbe significare problemi al Senato, dove i numeri del Governo Gentiloni, senza i senatori di ALA, diventano stretti. Ma dietro l’angolo ci potrebbe essere un accordo con Berlusconi, a cominciare dalla legge elettorale, da riscrivere per bloccare i grillini che ormai sembrano in vantaggio rispetto al PD.

Massimo D’Alema ha fatto notare che questo Governo – che al 90% circa ricalca il Governo Renzi – rischia di far perdere al Partito Democratico almeno il 5% dei voti. Ma forse il vero ‘segreto’ di questo Governo Gentiloni è allontanare lo spettro delle elezioni anticipate e tirare sino alla fine della legislatura, provando a recuperare i voti che oggi non ha più.

Che dire? Che, forse, rispetto ai segnali lanciati dal Paese al referendum, dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ci si sarebbe aspettati qualcosa di diverso: sì, di molto diverso…

 

 

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