A colloquio con il costituzionalista palermitano, Andra Piraino. Con lui parliamo della riforma del Governo Renzi “che accentua il dualismo tra la gente e le istituzioni”. Della fase post referendaria. Dei pasticci legislativi frutto di “arroganza e incultura”. Del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e di suo fratello, Piersanti. E, ancora: la Sicilia, il suo Statuto e il ruolo dei giovani siciliani in questa campagna elettorale
“Quello che serve all’Italia è una nuova Assemblea Costituente. Questa è l’unica cosa sensate che l’attuale classe politica dovrebbe fare”. Andrea Piraino, Professore ordinario di diritto Costituzionale presso l’Università di Palermo, taglia la testa al toro e va subito al cuore di quella che per lui è la madre di tutte le questioni:”Nell’evoluzione delle democrazie occidentali, inclusa la nostra, si va accentuando sempre di più il distacco tra la gente e le istituzioni. E un sistema che si basa su questo dualismo, prima o poi, va in corto circuito”. E i segni premonitori ci sono tutti. Il professor Piraino ci spiega perché la riforma proposta dal Governo Renzi accentua questo dualismo. Con lui parliamo anche del ruolo del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dinnanzi ad un esecutivo nazionale che scrive leggi all’insegna “dell’arroganza e dell’incultura”. Ma anche di Sicilia e del suo Statuto, del ruolo dei giovani in questa campagna referendaria che volge ormai al termine e delle prospettive post referendarie.
Professor Piraino, lei si è schierato per il No al referendum costituzionale. Perché?
Questa riforma è indigeribile, un vero e proprio disastro il Paese perché aggrava tutti i difetti della riforma 2001. Si è passati da un eccesso di pluralismo democratico che ha creato confusione, ad una riforma che va verso l’autoritarismo. Dimenticando che il problema che si sta determinando nell’evoluzione delle democrazie occidentali, inclusa la nostra, è il processo di distacco tra la gente e le istituzioni. Un sistema che si fonda su questa contrapposizione prima o poi va in cortocircuito. E questa riforma, accentua questa divisione.
Ma una riforma costituzionale è necessaria?
Lo è certamente. Gli strumenti del 1948 non funzionano più perché sono venuti meno i partiti popolari che erano l’ago della bilancia. L’unica cosa sensata che l’attuale classe politica potrebbe fare è dare vita ad una nuova Assemblea Costituente per cercare un equilibrio tra i due opposti rappresentati dall’attuale riforma e da quella del 2001.
C’è chi dice che la Sicilia non dovrebbe temere nulla dalla riforma perché non tocca le Autonomie speciali.
Questa è una grande banalità. Vero è che il titolo IV dice che la riforma non si applica alle Autonomie speciali, ma poi aggiunge ‘fino a quando non saranno revisionati gli Statuti, d’intesa con lo Stato’. E gli Statuti non potranno che essere aggiornati seguendo le direttive di questa riforma che è nettamente centralista, oltre che spinta verso l’autoritarismo. Questa è una domanda che mi hanno rivolto molti giovani.
Davvero? Li ha incontrati durante questo periodo di campagna referendaria?
Si e devo dire che la partecipazione dei giovani è il capitolo più bello di questa campagna. Interessati, preparati, pronti al dialogo. Per qualcuno potrebbe essere una sorpresa, ma penso che lo sia perché i giovani vengono molto sottovalutati. Certamente questo Governo, con le pessime politiche sulla scuola, ha contribuito a risvegliare l’interesse dei giovani per la politica. Una cosa buona l’ha fatta….
Tornando alla Sicilia, la nostra Regione potrebbe dire la sua in un eventuale processo di revisione dello Statuto. Giusto?
Ne dubito per diversi motivi. Il primo è che quando si parla di intesa con lo Stato, significa una preminenza di quest’ultimo. E’ questa è proprio la nostra storia. Non c’è intesa con lo Stato che non si sia tradotta in regole dettate da Roma. Certamente, se avessimo una classe politica siciliana con la spina dorsale, i rischi potrebbero essere arginati, ma non è il nostro caso. E la vittoria del Si darebbe forza propria alla classe politica che più di altre ha remato contro gli interessi della Sicilia. Si piegherebbero a tutti i diktat. Lo Statuto siciliano va sicuramente aggiornato, ma da chi ha a cuore le sorti della nostra regione.
La clausola di supremazia, quindi, varrebbe anche per la Sicilia?
Questa la fanno già valere, declinandola in altre forme. Basta ricordare il caso della legge Delrio sulle province: a furia di minacce di impugnative, hanno fatto cambiare la legge Siciliana fino a quando non è diventata quella.
Non bisogna seguire la via dell’intesa con lo Stato, dunque. Quale via resta?
L’Assemblea Costituente che io auspico dovrebbe garantire regole comuni a tutte le regioni per le cose essenziali e, allo stesso tempo, procedere verso il federalismo che, al contrario di quello che diceva Bossi, non significa disgregare, ma unire le regioni rispettando le loro peculiarità e garantendo loro autonomia. Questo è stato parte del pensiero di Mattarella, ad esempio.
Parla del Presidente della Regione, Piersanti Mattarella?
Piersanti Mattarella era convinto della necessita di una unione delle regioni meridionali, ognuna con la propria autonomia, per controbilanciare le pressioni del Nord (“Una forza di pressione capace di controbilanciare le spinte e le sollecitazioni che sull’apparato politico-burocratico esercita la struttura socio finanziaria del Nord”, diceva testualmente Mattarella, ndr). E non è certo un caso che dal 1971 al 1984, quando funzionò un Comitato di coordinamento di Presidenti delle regioni meridionali, voluto proprio da Mattarella, che affiancava il Ministro nella programmazione economica, il divario tra il reddito pro capite tra Sud e quello del Nord diminuì arrivando al 64%.
Torniamo alla riforma costituzionale del Governo Renzi. Cosa succederà lunedì prossimo?
Se vince il No, penso che avremo un governo guidato da un tecnico, si fa il nome di Padoan, che non si occuperà solo di ordinaria amministrazione, ma anche di leggi economiche perché l’iter della Legge di Bilancio non si è ancora concluso, mentre il Parlamento si occuperà di legge elettorale. Se vincesse il Si, Renzi vorrebbe le elezioni anticipate ma penso che il Presidente della Repubblica metterà un freno alla sua corsa.
In che senso?
Sergio Mattarella, finora, ha agito con prudenza e bene secondo me. Ha evitato conflittualità con il Premier che sarebbero devastanti per le nostre istituzioni. Però, nei momenti in cui sarà necessario intervenire, lo farà. E’ pacato, ma molto determinato. Non permetterà a Renzi di gestire il processo post referendario a suo piacimento.
Eppure, finora, è intervenuto poco. Il pasticcio della legge Madia bocciata dalla Corte Costituzionale, ad esempio. Avrebbe potuto dire o fare qualcosa per evitare questa tremenda figura al Governo?
Bisogna ricordare che il ruolo del Presidente della Repubblica nel nostro Paese è quello di essere super partes, garantire l’equilibrio come un buon padre di famiglia. E, come ho detto, ha fatto bene ad evitare conflittualità. Qui il discorso è un altro. Le leggi vengono scritte da un Governo che è guidato dall’arroganza e dall’assoluta incultura. Hanno ignorato sia i pareri del Consiglio di Stato che delle Commissioni parlamentari, è il risultato è stata la bocciatura. Questo atteggiamento è allarmante: Renzi travolge le istituzioni, anche quelle che sono lì per aiutarlo, perché il Consiglio di Stato, se suggerisce qualcosa, lo fa nell’interesse dell’ordinamento. Ma lui ignora tutti. Incompetenza, arroganza e incultura: queste sono le cifre del suo governo.
Un’ultima domanda: pensa che sia reale il rischio di brogli sui voti degli italiani all’estero?
Si, decisamente. La legge è confusa è il meccanismo inaffidabile. Tutto è in mano alla Farnesina da cui dipendono i Consolati. Il problema potrebbe essere risolto con il voto elettronico. Ma, evidentemente, non lo vogliono risolvere.
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