Ieri, a Santa Caterina Villermosa, convegno promosso dal Movimento Siciliani Liberi. L’occasione per parlare di agricoltura, settore strategico per rilanciare l’economia della nostra Isola e per tutelare la salute dei Siciliani, avvelenati dai prodotti agricoli tossici che arrivano dall’estero, a cominciare dal grano duro pieno di glifosato e micotossine. L’impegno di Antonella Pititto e della candidata a sindaco della cittadina, Caterina Carsidona. E tutti gli altri interventi
Cronaca di una giornata indipendentista. Cronaca di una domenica per sognare una politica diversa: una politica lontana dalle schifezze di un’Assemblea regionale siciliana di ascari: una politica senza Consorzi di bonifica da foraggiare, anche se da trent’anni non bonificano una mazza, ma pagano solo stipendi (300 mila Euro lordi all’anno per alcuni dirigenti!) per centellinare l’acqua agli agricoltori: acqua che gli agricoltori siciliani potrebbero gestirsi per i fatti propri, senza tenere in piedi i ‘Carrozzoni mangiasoldi’ dei Consorzi di bonifica, espressione della vecchia politica clientelare siciliana. Perché per parlare del convegno promosso ieri dal Movimento Siciliani Liberi a Santa Caterina Villermosa ricordiamo i Consorzi di bonifica? Perché ieri si è parlato di agricoltura: quella vera, però, non l’agricoltura delle mance del PSR dell’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici.
Insomma, agricoltura fatta da veri agricoltori e non dai finti agricoltori – magari giovani – del PSR 2007-2013, oltre 2 miliardi di Euro, buona parte dei quali spariti non si sa come. Agricoltura vera, non l’agricoltura biologica in salsa sicula che, per ogni PSR (per ora, anche se con due anni di ritardo, è in scena il Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020: altri 2 miliardi di Euro), ‘inghiotte’ circa 340 milioni di Euro per prodotto ‘biologici’ che somigliano tanti ai ‘giovani agricoltori’ del PSR 2007-2013…
A moderare il convegno è stata l’avvocato Antonella Pititto, numero due del Movimento Siciliani Liberi, che ha ricordato i disastri provocati dai grani duri esteri che arrivano in Italia – e soprattutto in Sicilia – con le navi: spesso navi petroliere in disarmo, riadattate per la bisogna, dove l’umidità presente ‘assicura’ un grano pieno di miceti e, quindi, di ‘salutari micotossine che si si sommano al glifosato (o gliphosate), un erbicida che non è certo un toccasana per la salute umana. Micotossine e glifosato che avvelenano la pasta, il pane, le pizze i dolci e via continuando. Prodotti che, alla fine, avvelenano noi nel silenzio generale. Ma tant’è.
La parola è poi passata ad Enzo Cassata, cofondatore di Siciliani Liberi che si è soffermato sul servilismo della classe politica siciliana: “Questo Movimento è nato sulla spinta di alcune considerazioni che ci spingono a rivoltarci contro un sistema che ha ridotto la Sicilia in questo stato. Un sistema politico che si allinea a referenti che vivono fuori della Sicilia, una classe politica di ascari che fondano la loro carriera contro l’interesse di tutti. Anche la nostra agricoltura è vittima di questo sistema. Potremmo usufruire di risorse europee – sottolinea Cassata- ma mancano i regolamenti di attuazione anche del Piano di sviluppo europeo del 2014. Sorge il dubbio che l’attuale assessore all’agricoltura, chi lo ha preceduto e tutti i partiti nazionali che governano la Sicilia vogliano tenere in questo stato la nostra Regione. E il prezzo lo paghiamo noi e soprattutto i nostri giovani. Siciliani Liberi ha la pretesa di intestarsi la battaglia per il lavoro della Sicilia e per la valorizzazione delle sue risorse”.
Antonella Pititto ha poi presentato la padrona di casa: Caterina Carsidona, donna battagliera che milita nel Movimento Siciliani Liberi e che ha deciso di candidarsi a sindaco di Santa Caterina Villermosa.
“Quello che posso dire – sottolinea Caterina Carsidona – è che, se verrò eletta sindaco, mi occuperò a tempo pieno della mia città.
Non è un caso se oggi siamo qui a parlare di agricoltura. Perché per una cittadina come la nostra l’agricoltura deve essere la chiave di volta del nostro futuro. Soprattutto del futuro dei giovani. A me piange il cuore nel vedere i giovani della mia cittadina senza lavoro. Se verrò eletta mi impegnerò sul fronte del lavoro per i giovani. sarà, questo, uno dei miei impegni primari”.
Introduzione di Massimo Costa, leader del Movimento Siciliani Liberi. Che parla delle elezioni regionali del prossimo anno, “che per noi siciliani – dice – saranno elezioni nazionali”. Un modo per ribadire che la Sicilia è una Nazione. E per ricordare, invece, che, oggi più che mai, i partiti nazionali sono i nemici della Sicilia.
PD, UDC, Nuovo Centrodestra e lo stesso Movimento 5 Stelle, ricorda Massimo Costa, sono formazioni politiche che rispondono a soggetti e potentati non siciliani.
“La Sicilia sta morendo – dice Costa, che nella vita fa l’economista (docente all’università di Palermo) -. Roma ha svuotato le ‘casse’ della Regione siciliana, con il beneplacito dei partiti politici nazionali che oggi governano la nostra Isola. I risultati sono sotto i nostri occhi. La disoccupazione, specie quella giovanile, dilaga. E il nostro territorio cade a pezzi. Ormai, ogni anno, assistiamo alla stessa scena: incendi nei boschi d’estate e frane e allagamenti in Inverno. I casi di Sciacca e Ribera sono emblematici: cittadine abbandonate, con strade e fogne senza manutenzione. Le piogge saranno anche state torrenziali, ma l’assenza di manutenzione ormai, in tanti Comuni dell’Isola, massacrati dai tagli finanziari di Stato e Regione, è la regola”.
“In questo scenario – aggiunge il professore Costa – assistiamo anche alla strategia romana di creare in Sicilia la guerra tra i poveri. A cominciare dai forestali, regolarmente sbeffeggiati e massacrati dalla Tv di Stato. Dimenticando che i forestali siciliani li pagano gli stessi siciliani con le proprie imposte. Quando andremo a governare la Sicilia – precisa l’economista – cambierà tutto: gli operai della Forestale diventeranno operai del territorio: in una parola, si occuperanno della salvaguardia del territorio”.
Di questo, in effetti, si occupava l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana prima che il Governo regionale di Raffaele Lombardo e, soprattutto, prima che l’attuale Governo di Rosario Crocetta, per giustificare i tagli romani, procedesse con i tagli dei servizi. Dopo la ‘riforma’ – fatta solo per giustificare i tagli – i servizi sono peggiorati: a cominciare dall’attività antincendio, che ormai non è più preventiva, se è vero che si interviene solo dopo che esplodono gli incendi.
Il professore Costa, per l’ennesima volta – del resto, ripetere le cose fa bene, soprattutto per chi disinforma in Tv, o per ignoranza, o per malafede – ha ribadito che non è vero che la Regione siciliana ha più dipendenti di altre Regioni italiane.
“La Regione siciliana – ha detto il leader di Siciliani Liberi – gestisce servizi che, nelle altre Regioni italiane vengono gestiti dallo Stato. Quando i dati vengono letti correttamente emerge un’altra verità. Tenendo conto delle competenze assegnate ad ogni Regione, viene fuori che Lazio, Lombardia, Piemonte e Campania hanno più dipendenti pubblici della Sicilia”.
E qui torna il tema della guerra tra poveri: con il Governo regionale e i partiti nazionali che, per giustificare i tagli romani, mettono i forestali contro i precari, i precari contro altri precari, facendo credere che i soldi ci sono e che sono alcune categorie che penalizzano altre categorie. Come quello che succede in questi giorni: per giustificare i tagli del Governo Renzi alla Sicilia, presidente della Regione e assessori hanno improvvisamente ‘scoperto’ che ad alcuni forestali sarebbe stata corrisposta un’indennità che non avrebbe dovuto essere corrisposta e bla bla bla.
L’occasione per dire ai precari: lo vedete’ i forestali si prendono soldi in più: i vostri soldi. Quando invece i soldi dei precari siciliani se i è presi il Governo Renzi.
Chiusura del professore Costa con il voto per il referendum del prossimo 4 dicembre:
“Dobbiamo andare a votare No – conclude il leader di Siciliani Liberi -. Il Governo Renzi è liberticida e va fermato. Va bloccata la clausola di supremazia. I Siciliani – tutti i Siciliani, anche quelli che, ingenuamente, vogliono votare sì, debbono sapere che il Governo nazionale userebbe questa clausola per riempire la Sicilia di rifiuti radioattivi. Domenica prossima, votare No, significherà difendere la Sicilia da un disegno politico criminale che penalizzerebbe ulteriormente la nostra Isola. Votare No significa votare contro le banche, JP Morgan in testa”.
Paolo Guarnaccia, docente di Agricoltura biologica all’università di Catania, ricorda che il trenta per cento circa delle malattie degenerative che oggi registriamo è dovuto alla cattiva alimentazione.
“Non sono un economista – dice Guarnaccia – ma so che i siciliani, ogni anno, spendono dieci miliardi di Euro per l’acquisto del cibo. Ebbene, di questi dieci miliardi, ben sette miliardi di Euro li spendiamo per acquistare cibi al di fuori della Sicilia”.
La ricetta è semplice sulla carta e un po’ più complessa nella realtà: i Siciliani dovrebbero acquistare i cibi prodotti in Sicilia. Quindi valorizzare la nostra agricoltura.
“Ho ipotizzato che se i siciliani spendessero questi 7 miliardi di Euro per l’acquisto di cibi siciliani – dice sempre Guarnaccia – si sarebbero creati circa 200 mila nuovi posti di lavoro. I miei amici economisti mi hanno fatto notare che i nuovi posti di lavoro che si creerebbero sarebbero circa 600 mila, considerando l’indotto”.
Il docente universitario ricorda che la Sicilia potrebbe recuperare i trenta mila ettari di mandorleti estirpati con la ‘benedizione’ dell’Unione Europea, cioè con i fondi che Bruxelles eroga a chi estirba gli alberi di mandorlo (poi, però, le mandorle califoniane ce li vendono a 14,5 Euro al chilogrammo, come potete leggere qui), l’industria del sughero e via continuando.
Il professore Guarcaccia ha concluso il suo intervento plaudendo all’iniziativa di GranoSalus, l’associazione che vede insieme produttori di grano duro del Sud Italia e consumatori per difendere non soltanto una produzione tipica del Mezzogiorno d’Italia, ma soprattutto la salute dei cittadini. Il riferimento è ai controlli sui derivati del grano – pasta, pane, pizze, dolci – che consentiranno a tutti di conoscere come vengono prodotti i cibi a base di grano che, soprattutto nel Meridione, mangiamo ogni giorno.
Cosimo Gioia, agricoltore, già dirigente generale del dipartimento Agricoltura della Regione siciliana ricorda la sua esperienza nell’Amministrazione regionale, quando ha provato a bloccare le navi cariche di grano duro pieno di glifosato e micotossine (come potete leggere qui).
“Il nostro grano duro, che è uno dei migliori del mondo – sottolinea Gioia – viene mescolato con le ‘fitinzie’ che arrivano con le navi. Io ho provato a bloccare le navi cariche di questi grani duri avvelenati sulla base di esigenze scientifiche. Allora eravamo a conoscenza delle micotossine, non sapevamo nulla del glifosato. E alla quinta nave contrattata sono stato fatto fuori”.
Quindi un affondo sul presente: “Il grano duro è in crisi. E cos’ha fatto la Regione siciliana fino ad oggi? Nulla. Cosa propongono le altre autorità? Dal Governo nazionale arriva l’invito ad aderire ai contratti di filiera (ve ne abbiamo parlato qui). Ma è un raggiro: dovremmo coltivare il grano duro indicatoci da loro, con le concimazioni azotate a piene mani. per produrre un grano pieno di glutine che favorirebbe solo le industrie. Invito tutti i produttori di grano duro della Sicilia a non aderire ai contratti di filiera che, peraltro, prevedono costi di produzione alti a carico degli agricoltori. Il guadagno sarebbe irrisorio”.
Franco Busalacchi, editore di questo blog, è partito da una frase di Ovidio:
“La prima fu l’età dell’oro”.
Il riferimento è al “biondo oro della Sicilia”, cioè al nostro grano. Ma sul grano duro di Sicilia si è investito poco nel passato e si continua a investire poco oggi.
“Ricordo – dive Busalacchi – gli anni ’50. ’60, ’70 e ’80 del secolo passato, quando si investivano montagne di miliardi di vecchie lire nella cosiddetta industrializzazione. Quante risorse sprecate! Come se l’agricoltura non contasse. Non amo Luigi Einaudi, soprattutto per il suo livore contro l’Autonomia siciliana. Ma su una cosa aveva ragione: non c’è libertà politica se non c’è libertà economica”.
“Detto questo – aggiunge Busalacchi – visto che siamo qui a parlare di grano – una domanda mi sembra d’obbligo: siamo in grado, la Sicilia è in grado di fornire ai Siciliani i 30 chilogrammi di pasta all’anno e tutti gli altri derivati del grano che consumiamo ogni giorno?”.
Vincenzo Allegra, veterinario, parla di un sistema che “ha tagliato il futuro alla Sicilia”. E cita l’esempio della Sardegna:
“Per i sardi, prima di ogni altra cosa viene la propria dignità, la propria storia, la propria lingua, i propri prodotti”. Insomma, dovremmo prendere esempio dalla Sardegna. Dove la popolazione – esclusi quelli che vanno ancora dietro ai partiti politici tradizionali – è molto determinata a sostenere le proprie ragioni.
“Oggi, in Sicilia – abbiamo la sensazione di appartenere a un mondo che non è il nostro. E’ possibile che il mangime dei miei cavalli costi quanto il mio grano duro?”. Il riferimento è al prezzo del grano duro del Sud Italia, che quest’anno le multinazionali hanno fatto crollare.
“E che dire – aggiunge – dell’acqua che andiamo ad acquistare”. Come dargli torto? E’ normale che l’acqua dei monti Sicani ci debba essere rivenduta dalla Nestlè come acqua Vera solo perché i soliti ‘ascari’ siciliani hanno ceduto l’acqua di tale sorgente a questa multinazionale?
Come può un Siciliano sani di mentre votare ancora i partiti politici tradizionali che hanno svenduto la nostra acqua e fanno in modo che – la stessa acqua – venga venduta a noi consentendo a un terzo soggetto di straguadagnarci? Loro, governanti ed esponenti dei partiti politici tradizionali non si vergognano perché hanno la faccia come il cu… Ma che dobbiamo pensare di chi ancora li vota?
Gaetano Maiorca, produttore di grano, è la testimonianza di chi, oggi, in Sicilia, puntando sui grani antichi, si scontra con un mercato avaro, non sempre disponibile a recepire le novità. Insomma, i prezzi dei derivati di questi grani antichi sembrano troppo, alti complice anche una povertà che in Sicilia è ormai dilagante.
Angelo la Greca arriva da Lipari. Per ricordare che anche nelle isole Eolie l’agricoltura, oggi, è in crisi. La storia ci racconta che un tempo Filicudi era autosufficiente: anche per il grano. E oggi?
“Oggi – racconta la Greca – nelle Eolie non ci sono più i molini, non ci sono più i vecchi ‘trappeti’ per macinare le olive. Da Lipari, per macinare il grano, bisogna andare a Milazzo”.
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Tutto giusto.
Una sola nota: ipotizzando un valore di produzione medio (medio-basso) di € 100.000,00 per ciascun lavoratore, per produrre in toto quei 7 miliardi si creerebbero 70.000 (settantamila) posti di lavoro: non 200.000 né, tantomeno, 600.000 -> numeri che non si capisce come siano calcolati.
Ammesso e non concesso che tutta la spesa fosse destinata ad acquisti di prodotti siculi -> il che implicherebbe che non si dovrebbe più acquistare parmigiano o crudo di Parma, etc...
non sarebbe una brutta idea non acquistare più i prodotti che ci propina la grande industria tipo prosciutti o formaggi come grana, valpadana etc etc , c'è molta più qualità nei salumi e formaggi prodotti in sicilia poi sè desidera avvelenarsi con i formaggi ottenuti con l'uso di lisozima (battericida ampiamente utilizzato dall'industria casearia del nord italia) faccia pure
Per il signor Nazzareno Prinzivalli. Non crede che, anche
la creazione di settantamila redditi anziché duecentomila
potrebbero generare un circuito virtuoso da consentire
ulteriore reddito ad un'ampia fascia di popolazione?
Se la gente non ha lavoro non spende o spende poco, si
accontenta magari di cibi di scarsa qualità prodotta altrove
con settantamila redditi in più, insieme a quelli esistenti
spesi per acquistare alimenti e beni locali, superiori per
qualità ai prodotti industriali che ci arrivano dal nord, si
realizzerebbe una spinta economica di assoluto rispetto
tale da mitigare gli effetti nefasti di questa prolungata crisi.
Mi sembra una ricetta semplice e dagli effetti miracolosi
sia sotto il profilo del reddito che della tutela della salute
purtroppo però, molti non riescono a capire la rivoluzione
positiva in tutti i settori che potrebbe generare. Peccato,
un vero peccato, avere la possibilità di cambiare
in meglio la propria esistenza e non approfittarne. Tutti
auspicano trovare il lavoro nella propria terra di origine,
ma non si rendono conto che il lavoro e il reddito si crea
nei luoghi di origine della produzione di ciò che si acquista.