Da qualche tempo ci occupiamo dei problemi che il glutine può provocare al nostro organismo. Oggi leggiamo e commentiamo un’intervista che il professore Alessio Fasano, che in questa malattia è una delle autorità mondiali. Fasano, un italiano di Salerno che ha studiato in Italia, è oggi direttore del Center for Celiac Research presso il Massachusetts General Hospital for Children. Autore di un libro su tale argomento, racconta cosa ha fatto la scienza fino ad oggi e cosa potrà fare nel futuro
Il grano coltivato nelle aree fredde e umide del mondo – il Canada, in questo senso, è un esempio mascroscopico – potrebbe essere responsabile di patologie, oggi in piena diffusione, sulle quali sono in corso studi.
Il tema l’abbiamo affrontato lo scorso 1 ottobre in un’intervista al micologo Andrea Di Benedetto, che potete leggere qui di seguito:
“Il grano canadese che arriva in Europa è un rifiuto speciale che finisce sulle nostre tavole”
In questa intervista si parla di una malattia, la Gluten sensitivity, che spesso viene scambiata per celiachia.
Oggi affrontiamo l’argomento leggendo e commentando un’intervista con il professore Alessio Fasano, direttore del Center for Celiac Research presso il Massachusetts General Hospital for Children, autore del volume Gluten Freedom acquistabile su Amazon in lingua inglese. Fasano, che è italiano di Salerno e che ha studiato nel nostro Paese, è una delle massime autorità mondiali nel campo della celiachia.
Come già ricordato, con Di Benedetto abbiamo affrontato i problemi legati alla Gluten sensitivit, una patologia provocata da un aumento della sensibilità al glutine. Tre mesi fa il micologo la raccontava così:
“Il problema, sia chiaro, non è il glutine, che è presente in tutti i derivati del grano duro. A causare patologie è invece la micotossina DON, che provoca una sorta di allargamento delle ‘giunture serrate’ a livello dei villi intestinali. In condizioni normali i villi intestinali non assorbono il glutine. Il DON, come ho già accennato, altera la funzione dei villi intestinali che iniziano ad assorbire il glutine dall’intestino che, a propria volta, va nel sangue e crea problemi al nostro organismo”.
Su questo tema di sofferma il professore Alessio Fasano, che sulla celiachia in America racconta:
“C’erano poche informazioni sulla dieta priva di glutine, era percepita come inesistente negli Stati Uniti, confinato al Nord Europa, e così via. Quando abbiamo iniziato questo viaggio ci è stato detto: ‘La celiachia non è mai arrivata in Nord America e mai lo farà, siamo solo diversi’. E questa è la fine della storia”.
Sul banco degli imputati c’è il glutine, sostanza proteica celebrata come elemento essenziale del grano duro. Il glutine, per tanti anni parola magica: “Il glutine assicura alla pasta la tenuta durante la cottura”: negli anni ’70, ’80 e ’90 questa frase era il ‘vangelo’. Se nelle facoltà di Agraria, da Roma in giù, agli esami di Coltivazioni erbacee, parlando del grano duro, non si pronunciava questa formula ‘magica’, beh, si rischiava la bocciatura.
E oggi? Fine del festival del glutine. Ormai è chiaro che questa sostanza è al centro di tante attenzioni. Anche se l’industria della pasta italiana fa ancora finta di non capire. per questo è importante questa intervista: perché spiega tante cose. Spiega la celiachia, ma non soltanto la celiachia.
Un tempo, ricorda il professore Fasano, si diceva: se siete geneticamente predisposti e si ingerite glutine, è destino che si svilupperà la malattia, cioè la celiachia. Ma oggi, sottolinea lo scienziato, non è più così.
“C’è stato – racconta Fasano – un interessante studio che abbiamo fatto in adulti sani nel quale, in un periodo di 50 anni, abbiamo visto la malattia celiaca raddoppiare ogni 15 anni. Queste persone mangiavano glutine per decenni senza ammalarsi, e, tutto ad un tratto, hanno sviluppato la malattia. Ciò significa che, certo, la predisposizione conta, certo, bisogna ingerire glutine. Ma questa è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Un’altra cosa deve essere allora inclusa nel quadro generale del problema. Personalmente, credo che sia un cambiamento nella composizione del microbioma il che potrebbe essere un’ulteriore causa che incrina la salute e predispone alla malattia”.
Per microbioma s’intende la flora batterica che è presente nel nostro intestino.
C’è chi sostiene: il glutine non può essere digerito da nessuno, il glutine può indurre una risposta immunitaria in tutti, e quindi tutti hanno bisogno di fare diete senza glutine. Ma è proprio così?
“No, io sicuramente non la penso così – dice il professore Fasano -. Come spiego in alcune parti del libro, tramite un errore evolutivo, il glutine viene interpretato dal nostro sistema immunitario come nemico, come parte di un batterio. Quindi reagiamo come quando siamo esposti ai batteri. Utilizziamo lo stesso tipo di armi. Ma siamo tutti esposti ai batteri ogni giorno. Siamo tutti impegnati in questa lotta. Pochissimi perdono questa lotta e sviluppano infezioni, molto pochi. La stessa storia si propone con il glutine. Siamo tutti esposti al glutine. Siamo tutti impegnati in questa lotta. Pochissimi di noi perderanno questa guerra e svilupperanno disturbi correlati al glutine. La stragrande maggioranza di noi vincerà la guerra, e, probabilmente, non sapremo nemmeno che questa guerra è in corso”.
Ci sono differenza tra celiachia e Gluten sensitivity? “Ci sono molte differenze tra le due cose – precisa Fasano – ma ci sono anche somiglianze. Le complicanze cliniche sono sovrapponibili: non è possibile distinguerli solo in termini di sintomi. La celiachia è una malattia autoimmune, che ha normalmente una componente genetica. La sensibilità al glutine non è una malattia autoimmune e non ha la stessa componente genetica. La malattia celiaca è quasi completamente confinata in un certo patrimonio genetico, la sensibilità al glutine, no”.
“Poiché la celiachia è una malattia autoimmune, rimarrà per tutta la vita”, sottolinea lo scienziato. E la sensibilità al glutine? “Non lo sappiamo – dice lo scienziato -. Si potrebbe guarire, ma non lo sappiamo. La celiachia è guidata anche da un minimo di contaminazione incrociata del glutine. Nella sensibilità al glutine non è necessariamente così”.
Ci sono alcune persone che, come con la celiachia, si ammalano con la contaminazione incrociata. “Altre persone – precisa il professore Fasano – tuttavia, possono tollerare le contaminazioni incrociate o addirittura non hanno alcun problema con un morso di pizza, ma se abbondano troppo col glutine, hanno problemi”.
“Poiché non è geneticamente determinata – racconta lo scienziato nell’intervista – la sensibilità al glutine sembra non avere un aumento del rischio all’interno della stessa famiglia, con la malattia celiaca questo fattore esiste per certo. Con la malattia celiaca, hai comorbilità [Condizioni di salute legate], come la altre malattie autoimmuni, e, per quanto ne sappiamo, non abbiamo queste comorbidità con la sensibilità al glutine”.
Con la celiachia si possono avere conseguenze se non si elimina il glutine dalla propria dieta. Così si possono sviluppare problemi nel corso del tempo, come l’osteoporosi, il linfoma e così via.
Che succede, invece, con la Gluten sensitivity? “Per quanto ne sappiamo, se siete sensibili al glutine non ci sono tali conseguenze nel corso del tempo”.
Nell’intervista si parla anche della possibilità di testare la sensibilità al glutine. E’ possibile? “Non ancora – risponde lo scienziato -. In questo momento non abbiamo validato i test, pertanto facciamo diagnosi con criteri di esclusione. Normalmente escludiamo la celiachia e l’allergia al grano prima di fare la diagnosi della sensibilità al glutine. Attualmente, stiamo facendo uno studio in doppio cieco che sta cercando di identificare alcuni biomarcatori così, ci auguriamo, di avere un test al più presto”.
Il ruolo gioca del microbioma nella malattia celiaca e nella sensibilità al glutine. “Da quello che abbiamo capito – dice Fasano – le modifiche del microbioma da batteri ‘amichevoli’ a batteri ‘bellicosi’ è quello che può predisporre alla malattia celiaca o la sensibilità al glutine. Questo concetto è abbastanza rivoluzionario perché significherebbe che non sei nato per sviluppare la malattia celiaca, il cancro, la sensibilità al glutine, l’asma o le malattie autoimmuni. Hai la possibilità di svilupparle, ma questo potenziale si tradurrà in realtà solo da come l’ambiente inciderà suoi tuoi geni. Ed è il microbioma che trasmuta gli stimoli ambientali e che incide davvero sul nostro genoma”.
Sembrerebbe che il glutine giochi un ruolo in alcune malattie neurologiche come l’autismo, l’ADHD (disturbo dell’attenzione dei bambini) e persino della schizofrenia.
L’intervistatore chiede allo scienziato: in che modo il glutine colpisce il cervello?
“Ci sono due teorie sui meccanismi su come il glutine possa provocare sintomi neurologici – risponde il professore Fasano -. Si dice che alcuni di questi ‘frammenti’ di glutine non digerito sono strutturalmente simili ai prodotti chimici che controllano il nostro comportamento. Questi ‘frammenti’ sono chiamati endorfine e più precisamente, gliadorfine. Entrano nel flusso sanguigno e infine, attraverso la barriera ematoencefalica, raggiungono il cervello e modificano il comportamento dell’individuo. A seconda che si sia, ancora una volta, geneticamente predisposti è possibile sviluppare l’ADHD, la cefalea cronica, la schizofrenia, l’autismo e qualunque altra cosa”.
“L’altra teoria – prosegue lo scienziato – che sembra essere un po’ più basata sull’evidenza, è quella neuroinfiammatoria. I primi passi sono gli stessi: si ingerisce glutine, il glutine è parzialmente digerito, e passa attraverso la permeabilità intestinale nel corpo. Il sistema immunitario inizia a combattere la guerra, al fine di sbarazzarsi del nemico. Per fare questo, deve sviluppare armi e distribuirle. E il danno collaterale, quando si scatta questo corsa all’armamento, è l’infiammazione. Alcuni di questi soldati (cioè le cellule immunitarie) sono programmate per rimanere sul campo (cioè l’intestino) e quindi creano danni collaterali lì, e questo è un tipico esempio della celiachia. Altri soldati sono programmati per lasciare l’intestino e andare altrove, come il sistema nervoso, e creare infiammazione lì. Questo è ciò che chiamiamo neuroinfiammazione, che si traduce, ancora una volta, a seconda della predisposizione in un diverso tipo di risultato clinico”.
Nell’intervista si parla anche di come curare la celiachia. Come? “Ci sono diversi approcci – dice Fasano – alcuni che effettivamente utilizzano batteri come una sorta di enzima in grado di completare la digestione. Quindi possiamo utilizzare questi batteri al posto degli enzimi. Ci sono alcune persone che stanno cercando di utilizzare immunomodulatori per bloccare la reazione del sistema immunitario. I più avanzati stanno passando ad una fase 3 di test. In pratica, si blocca l’aumento della permeabilità intestinale in modo che il glutine non possa uscire dall’intestino [la pillola zonulina sviluppato dalla Alba Therapeutics]”.
Così conclude lo scienziato:
“Niente è impossibile in biologia, così a un certo punto potremmo avere una cura, diciamo un vaccino o qualcosa che ci libererà dal celiachia. E sarebbe fantastico, e ciò significherebbe che si avrebbe la possibilità di estrapolare questo trattamento per qualsiasi altra malattia autoimmune. Sarà dura, ma niente è impossibile. Ma quello che credo veramente impressionante e, credo, realizzabile, è la prevenzione. Così si avrà un modo per ingannare il destino in modo da rimanere sepre in salute. Abbiamo appena iniziato un mega progetto chiamato CDGEMM, che sta per Celiac Disease Genomic Environmental Microbiome and Metabolomic Study. Seguiremo 500 bambini a rischio celiachia dalla nascita, per vedere se siamo in grado di identificare perché si sviluppa l’autoimmunità, in modo da poter intervenire in anticipo”.
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