Piaccia o no a Renzi e ai suoi accoliti, ma la ‘bocciatura’ della riforma Madia della pubblica amministrazione, da parte della Consulta, è anche un NO a chi sta provando a scardinare il decentramento amministrativo che si è affermato in Italia a partire dal 1970. Un messaggio culturale importante, che ci dice che il 4 dicembre dobbiamo votare NO per evitare che il Governo centrale si prenda le competenze delle Regioni riducendo gli spazi di democrazia
La riforma della pubblica amministrazione che porta il nome della ministra Marianna Madia anticipava il maldestro tentativo del Governo Renzi e del Parlamento di ‘nominati’ di modificare il Titolo V della Costituzione in chiave centralista. Alla fine, se ci riflettiamo, la Corte Costituzionale ha ‘bocciato’ la riforma Madia per un motivo molto semplice: perché calpesta le competenze delle Regioni.
Di fatto, i giudici della Consulta, oltre a ‘bocciare’ una legge incostituzionale a pochi giorni dal voto del 4 dicembre, stanno lanciando un messaggio culturale preciso agli italiani.
Non sfugge agli osservatori attenti che l’Italia, dal 1970 in poi, è sempre andata avanti – in verità non sempre in modo deciso – lungo i sentieri del decentramento amministrativo. I problemi, certo, non sono mancati. Basti pensare alle competenze che i Comuni avrebbero dovuto cedere alle Circoscrizioni (che un tempo si chiamavano Consigli di quartiere): competenze che i Comuni hanno solo in minima parte ‘girato’ alle stesse Circoscrizioni.
Anche l’Unione Europea, prima della svolta liberista, puntava sul decentramento: non a caso, fino a qualche anno fa, si parlava di Europa delle Regioni imperniata sul principio di sussidiarietà.
Certo, oggi i tempi sono cambiati e nell’Europa Unità dell’Euro si registra il primato dell’economia sulla politica, con gli effetti perversi che stiamo vivendo, dal momento che l’economia che prevale nell’Unione Europea è la negazione del keynesismo.
Ma non tutto gira come i liberisti vorrebbero.
La sentenza della Corte Costituzionale che ‘cassa’ la riforma Madia, piaccia o no a Renzi e ai suoi accoliti, è anche un messaggio culturale importante per chi crede ancora nel decentramento amministrativo e nella democrazia che parte dal basso: in una parola, per chi crede ancora nello spirito della Costituzione italiana del 1948.
Piaccia o no a Renzi e ai suoi accoliti, ma il pronunciamento della Consulta assesta un duro colpo a quella parte della riforma costituzionale – voluta impropriamente dal Governo Renzi (un Governo dovrebbe tenersi lontano dal dibattito sulle riforme costituzionali, come ammoniva Calamandrei) – che punta a cambiare in senso centralistico il titolo V della Costituzione.
Per questo, oggi, è ancora più importante votare NO al referendum del prossimo 4 dicembre.