L’Economist si schiera per il No alle riforme costituzionali del Governo Renzi

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Il settimanale inglese non solo si schiera per il No, ma dice agli italiani di stare attenti a riformare la Costituzione creando “un uomo forte eletto al comando”. Insomma: attenzione alla dittatura! Durissimo il giudizio sulla ‘riforma’ del Senato da elettivo in Senato non elettivo, perché c’è il rischio che il secondo si trasformerebbe in “un magnete per la peggiore classe politica”. E se la vittoria del No mettesse in crisi l’Euro? “Sarebbe il segnale – scrive l’Economist – che la moneta unica è così fragile che la sua distruzione sarebbe solo una questione di tempo” 

L’Economist – il settimanale edito a Londra con articoli d’informazione che arrivano da tutto il mondo – si schiera per il No al referendum sulle riforme costituzionali italiane del prossimo 4 dicembre. Nel numero in uscita un editoriale si racconta il perché di questa presa di posizione.

“Questo giornale ritiene che gli italiani dovrebbero votare no – scrive l‘Economist -. La modifica alla Costituzione promossa da Renzi non affronta il problema principale, cioè la riluttanza dell’Italia a fare le riforme… Le dimissioni di Renzi non sarebbero la catastrofe che molti in Europa temono”.

Per il settimanale inglese, è stato l’attuale presidente del Consiglio italiano che ha sbagliato, se è vero che ha “creato la crisi collegando il futuro del Governo al test sbagliato”.

“Gli italiani – sottolinea l’Economist – non avrebbero dovuto essere ricattati”, mentre Renzi “avrebbe fatto meglio a battersi per migliori riforme strutturali”.

“Ogni eventuale beneficio della riforma – si legge nel settimanale che entra così nel merito di questo delicato passaggio elettorale del prossimo 4 dicembre – è comunque secondario rispetto ai rischi”.

Per il settimanale inglese, in vero pericolo è che, “nel tentativo di fermare l’instabilità che ha dato all’Italia 65 governi dal 1945, si crei un uomo forte eletto al comando”. Il timore, insomma, è che l’Italia passi da una democrazia a una sorta di regime dittatoriale.

A non convincere il settimanale inglese è la peraltro contestatissima riforma del Senato, che con la rivisazione della Costituzione italiana in salsa renziana non sarebbe più elettivo.

“Molti de suoi membri sarebbero consiglieri regionali e sindaci” quando le “regioni e comuni”, scrive il settimanale, sono gli “strati di governo più corrotti”, con il regalo dell’immunità per gli eventuali ladri. Fatto, questo che, sempre secondo l’Economist, trasformerebbe il Senato in “un magnete per la peggiore classe politica”.

L’Economist risponde anche a chi cerca di far passare il messaggio che la vittoria del No sarebbe “una catastrofe”:

“Le dimissioni di Renzi non sarebbero la catastrofe che molti in Europa temono – scrive il settimanale inglese -. L’Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come già accaduto in passato”.

Un passaggio anche sull’Euro, la moneta unica europea che l’Inghilterra non ha adottato assiene ad altri sette Paesi dell’Unione Europea:

“Se in ogni caso – scrive l’Economist – la vittoria del No al referendum dovesse innescare il disfacimento dell’Euro, allora sarebbe il segnale che la moneta unica è così fragile che la sua distruzione sarebbe solo una questione di tempo”.

 

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