No al Referendum, Nino Di Matteo: “La Costituzione va applicata, questo è l’unico cambiamento necessario”

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Il magistrato simbolo del processo sulla trattativa Stato-mafia, ieri a Palermo, ha ribadito le ragioni della sua opposizione alla riforma costituzionale: “Rappresenta una svolta autoritaria che limita i poteri dei cittadini e risponde ai dettami dei poteri finanziari”. Senza dimenticare che questa idea di Stato già la sognava la P2…

Un Governo che mette le mani dove non dovrebbe. Un attacco frontale ai poteri democratici di Parlamento e Regioni. Un partito che tenta di rafforzare la sua posizione a discapito dei diritti fondamentali dei cittadini. L’influenza dei poteri finanziari e le tracce della P2. Per Nino Di Matteo,  la riforma costituzionale disegnata dal PD di Matteo Renzi è da respingere in toto.

Il magistrato palermitano, simbolo del processo sulla trattativa Stato-mafia, è tornato a spiegare in pubblico le ragioni del suo NO al referendum del prossimo 4 Dicembre. Lo ha fatto in occasione di una iniziativa della Cgil Sicilia e dell’Anpi che si è svolta a Palermo dinnanzi ad una platea di studenti (presso la sede della Società Storia Patria, in piazza San Domenico) che gli ha riservato una calorosa accoglienza.

Di Matteo ha iniziato ricordando le polemiche sollevate da un quotidiano nazionale dopo il suo intervento, qualche settimana fa, all’iniziativa Una notte per la Costituzione. In buona sostanza, il giornale in questione, lo accusava di “sconfinamento” e di avere fini politici.

“Da parte mia dico che io rispetto i poteri ed i doveri del magistrato e che possono stare tranquilli da quel punto di vista. Però ci sono momenti in cui intervenire è necessario, e non è solo un diritto ma un dovere etico intervenire ed esporsi in prima persona. Io come ogni altro magistrato non dimentico di avere giurato fedeltà sulla Costituzione, non obbedienza ai governi o altre istituzioni politiche o partitiche, né tanto meno a soggetti che rivestono, a mio parere anche indegnamente, incarichi istituzionali”. E di persone indegne che rivestono cariche istituzionali, il magistrato più osteggiato d’Italia per un processo che tocca i fili dell’alta tensione, può certamente parlare.  “Ho giurato fedeltà alla Costituzione – ha ribadito- e non dimentico che per i suoi principi tanti magistrati e tanti servitori dello Stato sono morti, soprattutto in Sicilia, per rispettare e fare rispettare la Costituzione”.

Quindi il referendum: “Quella che ci attende non è una consultazione elettorale come le altre. Sarebbe triste se prevalesse l’astensionismo e non può nemmeno prevalere l’appartenenza ad un partito per decidere. Siamo chiamati a decidere su una riforma che modifica 47 articoli della nostra Costituzione e che incide profondamente su aspetti fondamentali della democrazia. Se vogliamo essere cittadini e non servi, se non vogliamo diventare complici di un potere che non ci rappresenta più non possiamo rimanere indifferenti”.

“Dobbiamo andare anche al di là del singolo articolo e capire l’impianto complessivo della riforma, soffermandoci innanzitutto sul principio fondamentale di ogni democrazia, e cioè l’equilibrio dei poteri dello Stato. Questa riforma lo compromette, lo sbilancia a favore dell’esecutivo, del Governo, di qualsiasi colore esso sia”.

“Questa riforma- ha continuato Di Matteo- si muove su un percorso di sostanziale restaurazione perché con lo sbilanciamento dei poteri a favore dell’esecutivo rappresenta una svolta autoritaria”.

Per il magistrato, l’unico cambiamento necessario, l’unico atto davvero rivoluzionario, sarebbe “applicare la Costituzione”, non servirebbe altro. “Riflettevo su quanto siano inapplicati principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale: l’articolo 1, ad esempio. Possiamo dire che la sovranità appartiene al popolo? Siamo sostanzialmente stati privati dal diritto di scegliere i nostri rappresentanti in Parlamento.  E il Senato, se prevalessero i SI, si comporrebbe di soggetti non eletti”.

Il diritto allo studio, il diritto al lavoro, la stessa indipendenza della magistratura: Di Matteo ha citato tutta una serie di dettati Costituzionali che ancora oggi rimangono solo teoria, ribadendo che la Costituzione andrebbe applicata “questo sarebbe l’unico vero grande cambiamento”.

Per non parlare del fatto che l’attuale Parlamento è una enclave di “nominati sulla base di una legge elettorale dichiarata e illegittima dalla Corte costituzionale. Eppure a nessuno delle istituzioni, il Quirinale, i Governi o nello stesso Parlamento, è venuto in mente un dato che a me pare inoppugnabile: questo Parlamento non ha legittimazione necessaria a modificare la Costituzione”.

Ma come è nata questa riforma? Chi l’ha voluta?

“La riforma è stata scritta dal Governo e già questo è un vizio grave perché i Governi sono di parte. La competenza è del Parlamento espresso dal popolo sovrano o delle Assemblea Costituenti. A me questo hanno insegnato a Giurisprudenza”.

A questo proposito Di Matteo ha citato Pietro Calamandrei leggendo un passaggio di un suo scritto (Come nasce la Costutuzione) del 1947: Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza.Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’Assemblea sovrana.

Applauso dalla platea e il PM non ha mancato di sottolineare che quanto sta accadendo oggi è l’esatto contrario.

Per Di Matteo, insomma, la riforma costituzionale altro non è che il tentativo di limitare il potere dei cittadini, svuotare dei poteri istituzioni democratiche quali sono le Regioni e il Parlamento, per  rafforzare solo quello dell’esecutivo che non avrà più limiti.

Null’altro. Non semplifica nemmeno il processo legislativo, “semmai lo complica con una formulazione astrusa del nuovo articolo 70 che  crea le condizioni per un clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato”. Il Senato? “Non verrà abolito, continuerà ad esistere. Il meccanismo che si viene a creare è di confusione istituzionale totale”. “Se davvero il problema fossero i costi della politica si potrebbe ridurre semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati e dei senatori senza stravolgere l’assetto costituzionale”

Ma c’è di più. Il magistrato è convinto che la riforma sia profondamente compromessa da due potenti ‘virus’. Il primo: l’influenza dei poteri finanziari sul nuovi disegno costituzionale, in particolare la JP Morgan  che nel documento ‘Alla narrazione su come gestire la crisi’, pubblicato il 28 Maggio 2013 delinea il suo Stato ideale:  “Quel documento – racconta Di Matteo- accusa le Costituzioni dei Paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del fascismo di essere ‘un ostacolo al processo di integrazione economica e anzi causa della crisi in quanto risentono di una forte influenza socialista”. Al tempo stesso però il documento dichiara che ‘in uno dei Paesi della periferia meridionale, cioé saremmo noi l’Italia, il nuovo Governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche’Sarà poi il Governo Renzi a condurre disciplinatamente in porto le riforme mettendo mano alla Costituzione su due dei punti essenziali suggeriti da JP Morgan: Governi deboli rispetto i Parlamenti – di questo si lamentava il grande colosso bancario e finanziario – e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni’. Mi pare – ha osservato il magistrato- che la riforma costituzionale, sarà forse un caso, risponda a queste due indicazioni date nel documento che vi ho letto”.

“Ricordiamo che nel 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati”. Che siano loro a dettare l’agenda politica è davvero scandaloso. Ma il disegno è comprensibile: i poteri finanziari,responsabili della grande crisi prima americana e poi europea, cercano nuovi spazi. E, per fare questo, debbono sbarazzarsi di quel che resta della democrazia: Parlamento e Regioni.

Altro virus: la coincidenza (?) dei contenuti di questa riforma con i desiderata della P2:

“L’attacco alla Costituzione comincia prima del Governo Renzi- ha detto Di Matteo- questa idea di Stato per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli che in una intervista del 1980 conferma il progetto”. 

L’intervento del magistrato è stato molto applaudito. Succede quando a parlare è un uomo sulla cui credibilità e sul cui coraggio nessuno ha dubbi.

All’incontro, oltre a Di Matteo, sono intervenuti: Armando Sorrentino (dirigente dell’ANPI Sicilia), Salvatore Savoia (segretario generale della Società Siciliana per la Storia Patria), Giusi Vacca (componente della Segreteria Provinciale dell’ANPI di Palermo), Ottavio Terranova (coordinatore dell’ANPI Sicilia), Michele Pagliaro (segretario generale della Sicilia, Confederazione Generale Italiana del Lavoro),Carlo Smuraglia (presidente dell’ANPI).

Qui potete ascoltare tutti gli interventi. 

 

Visualizza commenti

  • Sarebbe interessante parare avendo un contraddittore.
    Perché Di Matteo non accetta un faccia a faccia con Matteo Renzi.
    Sarebbe certamente più interessante sentire entrambe le campane.

  • Grande Di Matteo, basterebbe attuare i principi della costituzione, che purtroppo oggi sono calpestati... W la gente onesta, W il popolo....

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