Standing ovation per il governo regionale che ha lasciato a secco un luogo dove si celebrano i criminali che hanno annesso con la violenza la Sicilia al resto d’Italia. “Se fossimo la casa del Cous Cous sicuramente avremmo avuto finanziamenti”. E ci mancherebbe pure che con i nostri soldi contribuissimo alla propaganda risorgimentale…
Ci mancherebbe solo che i soldi dei Siciliani andassero al Museo di Storia Patria di Palermo, da noi ribattezzato Museo degli Orrori, lì dove vengono celebrati i criminali che hanno annesso con la violenza la Sicilia al resto d’Italia. Un’offesa all’intelligenza, oltre che alla dignità delle innumerevoli vittime del pirata Garibaldi, dei suoi mandanti e dei suoi successori.
A darci la buona novella, ovvero che i finanziamenti regionali per questo ente equivalgono a zero, è stato Salvatore Savoia (nomen omen?), segretario della Società Siciliana Storia Patria (ente morale fondato da Umberto I e presieduto da Mr poltronissime, sua eccellenza Gianni Puglisi).
Ieri, introducendo il dibattito organizzato dalla Cgil Sicilia e dall’Anpi sul No al referendum (al quale, come vi raccontiamo qua, ha partecipato il magistrato Nino Di Matteo), e parlando dell’ente che rappresenta, con un po’ di ironia ha detto: “Se fossimo la casa del Cous Cous sicuramente non mancherebbero i finanziamenti, trattandosi di una biblioteca e di un Museo del Risorgimento recentemente restaurato con i nostri soldi, invece niente”. Poi ha specificato che nella famigerata Tabella H (che finanzia enti e associazioni nell’ambito delle manovre economiche del Governo regionale), quest’anno il contributo è stato azzerato.
Non possiamo che complimentarci con il Governo Crocetta. Anche se dubitiamo che la scelta dipenda da una consapevolezza storica, quello che conta è il risultato. Standing ovation.
Agli amici della Storia Patria suggeriamo:
a) un gemellaggio con il Museo Lombroso di Torino per una raccolta fondi che possa contribuire a fare crescere ulteriormente la cultura antimeridionale e la propaganda risorgimentale.
b) dedicare le aree principali di quei locali alla vera storia della Sicilia e ai soprusi subiti in epoca risorgimentale nel nome di una verità che ancora oggi viene negata al nostro popolo.
In questo caso- ne siamo certi- non mancherebbe la solidarietà dei Siciliani che a gran voce chiederebbero alla Regione di stanziare risorse per il vero progresso culturale della nostra terra.
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un museo in memoria degli eccidi, delle stragi, di furti e dei "ratti" di donne siciliane fatti dai famosi "1000" (ergastolani, cui il capo banda, Garibaldi, promise libertà di fare, agire, rubare e struprare le donne che incontravano nel loro avanzare indisturbato). I pochi eroi che si sono opposti, data anhe la scarsezza degli armamenti e della carenza di informazione con la gente, rimasero sopraffatti anche per la totale assenza dei 4 soldati borbanici che non avevano affatto vogia di sacrificare la loro vita per difendere i "siculi", gente non organzzata e dedica soltanto alla coltivazione dei campi e delle loro terre, come da tradizione millenaria.
Non si tratta di un luogo dove si celebrano queste cose, ma dove si raccoglie la memoria storica degli eventi avvenuti . Un museo sull'olocausto è forse un luogo dove si celebra l'olocausto ? Si raccolgono oggetti che testimoniano fatti . Visitando il museo a qualcuno può venire in mente di approfondire e conoscere anche l'altra faccia della medaglia , diversamente questi fatti verranno dimenticati .
A qualcuno può venire in mente, ad altri no. Per questo ci auguriamo che l'altra faccia della medaglia abbia visibilità.
Ma va...che forse la figura di Garibaldi non viene celebrata ovunque? E se sta nelle piazze, in mille lapidi, a piedi e a cavallo ...é per celebrarlo come eroe o per indurre il popolo a riflettere ed approfondire l'altra faccia della medaglia? Quella di chi ridà la libertà ad un popolo oppresso o quella di mercenario e conquistatore in conto terzi?
Leggo per l'ennesima volta nel commento di Michele Albano che i Mille sarebbero stati "ergastolani etc. etc.". Ovviamente l'Albano non cita alcuna fonte a sostegno delle sue affermazioni, non essendovene alcuna. Alcuni anni fa si tentò di far credere che questo "giudizio" fosse stato formulato dallo stesso Garibaldi. Fu facile dimostrare che si trattava di un falso piuttosto maldestro.
Quanto al resto, sembra che qualcuno abbia dimenticato i quarant'anni di lotta dei siciliani contro i Borbone, che sono documentati nel museo del Risorgimento cittadino. O vogliamo proporre che la via intitolata a Nicolò Garzilli venga piuttosto dedicata a Salvatore maniscalco ?
Caro Marinelli, le mie affermazioni sono frutto di logiche deduzioni dopo aver letto le note di Angelo Forgione e non solo la sua :"la vera storia della spedizione dei mille", là dove viene detto chiaramente che questo gruppo di persone non erano "volontari" per l'unificazione dell'Italia, bensì persone col pedigree dei malavitosi e ne farà una raccapricciante descrizione lo stesso Garibaldi. Provengono da Milano, Brescia, Pavia, Venezia e più corposamente da Bergamo, perciò poi detta “città dei mille”. Ci sono anche alcuni napoletani, calabresi e siciliani, 89 per la precisione, proprio quelli sfrattati dalla toponomastica delle città.
Garibaldi e i suoi sbarcano nell’indifferenza dei marsalesi e la prima cosa che fanno è saccheggiare tutto ciò che è possibile.
Le chiedo di leggere questo passaggio di Angelo Forgione e scoprirà che non si trattava di una liberazione ma di un atto di pirateria internazionale voluta e finanziata dagli inglesi che vedevano di mala voglia il Regno delle due Sicilie che già aveva ratificato accordi con la Russia, consentendo alle navi di transitare nel mediteraneo ed offrendo la sosta nei porti della Sicilia, proprio mentre si iniziavano lavori di scavo del Canale di Suez che avrebbe consentito un grande transito mercantile da e per l'oriente.
La Sicilia era la terza potenza internazionale che produceva Zolfo ed a quell'epoca con lo zolfo, si faceva di tutto e di più. La sicilia era ricchissima anche per i prodotti agricoli, soprattutto i vini, che facevano gola agli inglesi che continuano a tutt'oggi ad avere grossi possedimenti terrieri e cantine vinicole nel marsalese.
No si è voluta l'unità dell'Italia, ma s'è voluto distruggere l'impero borbonico e con esso la Sicilia, rendendola schiava delle mire espansonistiche massiniche inglesi e piemontesi. Grazie per l'attenzione, Sig. Marinelli e , se può faccia una capatina nelle zone a sud di Marsala e troverà tanti vigneti e cantine i cui proprietari sono inglesi.
Carissimo Albano,
mettiamo un po’ d’ordine. Innanzi tutto, immagino che la raccapricciante descrizione dei Mille fatta da Garibaldi della quale lei parla sia questa: “Tutti generalmente di origi-ne pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni, con radici genealogiche nel le-tamaio della violenza e del delitto”.
Avrà forse trovato che Garibaldi l’avrebbe pronunciata il 5 dicembre 1861 in un discor-so alla Camera di Torino. Bene, si tratta di un falso ed anche rozzo. Garibaldi in quella data alla Camera non disse nulla, e forse non c’era nemeno. La frase si trova nel libro dello stesso Garibaldi I Mille, Torino, Tip. e Lit. Camilla e Bertolero, 1874, p. 59, ma suona così “I governanti sono generalmente cattivi, perchè di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni, hanno le radici del loro albero genealogico nel le-tamaio della violenza e del delitto”. Qualche genio neoborbonico ha sostituito “i governanti” con “I Mille”, e molti ci cascano.
Il “pedigree da malavitosi” dei Mille è un’altra invenzione priva di fondamento.
Circa il preteso saccheggio di Marsala, la invito a leggere due raccolte documentarie pubblicate da parte borbonica tra il 1861 e il 1863: 1. Cronaca degli avvenimenti di Sicilia da aprile 1860 a marzo 1861 estratta da documenti, Italia, 1863; 2. 1860. Documenti riguardanti la Sicilia, s.d., s.l. Di saccheggi garibaldini non vi è alcun cenno. Dove li abbia scovati il Forgione, mi piacerebbe saperlo.
Le cronache borboniche la informeranno anche sulla rivolta in corso in Sicilia contro il governo di Napoli, rivolta senza la quale lo sbarco garibaldino non avrebbe avuto alcuna possibilità di successo. Strano che chi vuol rivendicare l’orgoglio siciliano se ne dimentichi.
Dove ha letto che la Sicilia era la terza potenza internazionale che produceva zolfo ? Non era una "potenza" ma era il primo paese produttore. Erano però mutate le direttrici dell’esportazione: Inghilterra e Francia scendevano nel 1860 dal 92 al 66% del consumo di zolfo siciliano, e negli anni successivi insieme sarebbero arrivate al 43%, mentre saliva l’importazione da parte di Stati Uniti, Germania, Austria-Ungheria, Olanda. Ma sul-la questione dello zolfo ho in corso una ricerca che credo modificherà il giudizio corrente, e che ho intitolato, pensi un po’: La questione degli zolfi: un punto di vista siciliano.
Infine non vi era alcun impero borbonico e nel Regno delle Due Sicilie l’isola veniva lasciata “nel suo stato di paese prevalentemente produttore di zolfo e derrate, servendosene per lo sviluppo dei territori continentali (E. Capecelatro – A. Carlo, Contro la “questione meridionale”, Roma, Samonà e Savelli, 1972, p. 55: e badi che il libro da cui cito è una delle “bibbie” neoborboniche).
Sulle altre fantasie di Forgione (che dev’essere un altro storico “modello Ikea” di cui abbonda l’attuale panorama editoriale) e sui complotti inglesi non mi dilungo perché riuscirei, temo, noioso.
Grazie a lei per l’attenzione e buon fine settimana.
Bene, così' i soldi risparmiati potranno essere usati per assumere qualche altra guardia forestale o dipendente statale, così sarete contenti.
La storia è una cosa seria per farne materia di scontro ideologico. All'autore di questo articolo gli consigliamo, pacatamente, di leggere qualche libro, di avere contezza di cos'è il Museo del Risorgimento e di riflettere sul senso e sul significato della memoria storica.
Proprio perché è una cosa seria, la storia diventa materia di scontro ideologico. Qual è la memoria storica che propone il Museo del Risorgimento? quella dei vinti o quella dei vincitori? non voglio polemizzare usando l'adagio 'la storia è scritta dai vincitori' , non si tratta cioè di una domanda retorica, non avendo ancora avuto modo di visitare il Museo del Risorgimento in oggetto.
E generalizzando, è vero , come lei spesso ricorda: ogni ricostruzione storica richiede una contestualizzazione degli accadimenti; ma è un risultato , oserei dire, 'tendenziale', un obiettivo di dover essere che si scontra con la ... realtà. Attenti filosofi della storia sottolineano come sia inevitabile per lo storico leggere il passato con gli occhi del presente e della sua impostazione ideologica latamente intesa. Una storia intesa come asettica disciplinata scientifica in vitro difficilmente potrà aversi., per la natura stessa del suo oggetto di studio. I latini dicevano in claris non fit interpretatio , ma per tutto quello che chiaro non è ( ed è il di più) la storia è interpretazione di fatti; ed allora lo storico, in scienza e coscienza, può solo ( e deve farlo ) rendere manifesti quelli che sono i suoi canoni interpretativi e le tesi che intende dimostrare, Il fruitore comune è per ciò stesso 'tutelato' mentre il fruitore scientifico ha gli strumenti per il confronto dialettico.
Ma toglietemi una curiosità: a questo signor Hamel chi ha dato la patente di storico? Consigliamo a lui di leggere l'ultimo libro di Paolo Mieli che spiega bene cosa significa fare storia, nella speranza che non si identifichi con quelli che Mieli definisce storici a convenienza
Due rapide osservazioni sugli interventi che precedono.
La "patente" di storico la attribuisce la comunità scientifica valutando la serietà e la fondatezza degli studi compiuti. Per metterla in discussione occorre, ovviamente, possedere un analogo riconoscimento. Paolo Mieli può avere credito come contemporaneista, come storico dell'età risorgimentale prende spesso solenni cantonate, come filosofo della storia o docente di metodologia storica funziona benissimo solo nei talk-show,
La frase "La storia la scrivono i vincitori" è una solenne insulsaggine. A prenderla sul serio dovremmo dedurne che Tucidide era spartano o arruolare Fernand Braudel in uno degli schieramenti che si scontrarono a Lepanto. E infine, l'età risorgimentale comincia a fine Settecento e si conclude dopo quasi un secolo: ci stanno dentro, per quanto riguarda la Sicilia, il decennio inglese, la rivoluzione separatista del 1820, il 1848, i tentativi spesso frustrati di sviluppo industriale e mille altre questioni. Come si fa a liquidarle sventolando le categorie di "vincitori e vinti" ?
L'adagio 'la storia la scrivono i vincitori ' è spesso abusato ( o come dice lei, con linguaggio colorito, è una 'solenne insulsaggine' ) ma altrettanto spesso per decenni si celano o si sottovalutano fatti, circostanze e dati. Inconsapevolmente o artatamente. E' il bello dell'evoluzione dell'analisi storiografica,
Il dibattito sulla pretesa oggettività dello storico è altra cosa, Vi sono dedicati fiumi d'inchiostro ( e, tanto per essere chiari, non mi riferisco solo all'inchiostro di Paolo Mieli, che non è di certo l'unica fonte cui ci abbeveriamo).
Infatti i personaggi cui accennavo non penso possano vantarsi di tale riconoscimento. Mieli però, sulle cui capacità intellettuali, non ci sono dubbi, offre spunti interessanti proprio sui finti storici.
Il resto convince poco. Che sulla storia del Risorgimento ci sia in giro più propaganda che storia, è un fatto sui quali i veri storici non hanno dubbi. Per quanto mi riguarda, l'ho appreso da Gramsci e potrebbe anche bastare