Incompatibilità tra deputato dell’Ars e Senatore: le tesi ardite del ‘neo-costituzionalista’ avvocato Nino Caleca…

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Ne supra crepidam sutor iudicaret (Non giudichi il ciabattino aldilà della tomaia). Sul Giornale di Sicilia l’avvocato Nino Caleca si avventura lungo i sentieri del Diritto Costituzionale. Ma farebbe bene a ricordare che lo Statuto della Regione siciliana, nella gerarchia delle fonti del diritto, è equiparato alla Costituzione italiana e quindi modificabile esclusivamente con procedimento di revisione costituzionale. Che si possa applicare l’istituto dell’abrogazione tacita o implicita ad una norma costituzionale mi sembra difficilmente sostenibile e molto, ma molto pericoloso…

Non me ne vorrà l’avvocato Nino Caleca, insigne penalista, se con tutta modestia, e facendo tesoro dei miei studi e aggiornamenti in Diritto Costituzionale, in cui mi furono maestri Franco Restivo e Salvatore Catinella, mi permetto di contestare quanto meno la serenità della sua affermazione contenuta nell’intervista rilasciata al Giornale di Sicilia di lunedì scorso, sul tema della presunta incompatibilità dei deputati regionali ad esercitare la carica di senatori nel nuovo Senato.

Esaminiamo attentamente la questione.

L’art.57 della Costituzione, come sostituito per effetto della riforma costituzionale al vaglio del referendum, prevede che il Senato è composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali (I Comma), e che i consigli regionali eleggono … i senatori fra i propri componenti (II comma).

All’ultimo comma del novellato art.57 è detto altresì che i membri del Senato eletti cessano dalla carica di Senatore all’atto  della cessazione della carica elettiva regionale, il che significa che in tanto conservano la carica di Senatori in tanto che conservano la carica di consiglieri (deputati) regionali.

L’art 3 dello Statuto, al comma 7 stabilisce che l’Ufficio di Deputato regionale è incompatibile con quello di membro delle Camere.

Che cos’è l’incompatibilità?

L’incompatibilità descrive la situazione che si viene a creare allorquando un medesimo soggetto ricopra al contempo due o più cariche che l’ordinamento determina come confliggenti e quindi imponendo a pena di decadenza la scelta tra quella che il soggetto valuterà di mantenere. La regolare elezione avviene comunque, a differenza che nell’ipotesi di ineleggibilità nelle quali non può ritenersi legittima.

Come sappiamo, lo Statuto della Regione siciliana nella gerarchia delle fonti del diritto è equiparato alla Costituzione italiana e quindi modificabile esclusivamente con procedimento di revisione costituzionale, lo stesso procedimento cioè che ha portato alla legge di riforma della Costituzione su cui si voterà il 4 dicembre prossimo.

Poiché il meccanismo previsto dal nuovo articolo 57 confligge con l’art 3, comma 7, dello Statuto siciliano, si fa quistione se il Legislatore non abbia affatto avvistato la predetta incompatibilità, di guisa che il nuovo meccanismo venga ad essere di  fatto inapplicabile (è impensabile, invero, un’elezione a Senatore da parte dell’Assemblea regionale siciliana di un deputato costretto subito a dimettersi per incompatibilità, o da Senatore ovvero da deputato, perdendo in tale ultimo caso il requisito che lo ha fatto eleggere).

E’ difficile però pensare che, pur avendola avvistata, il Legislatore non sia intervenuto con una disposizione espressa di deroga, così come è assai difficile ipotizzare che il Legislatore, pur avendo avvistato l’incompatibilità, l’abbia tenuta in non cale, affidandosi nel caso di specie al principio dell’abrogazione tacita per incompatibilità tra due norme di uguale rango,  di cui la posteriore abroga l’anteriore (ma lo Statuto non è legge speciale?).

Sarebbe un vero azzardo. Che si possa applicare l’istituto dell’abrogazione tacita o implicita (di per sé di non pacifica  definizione e di controversa applicazione) ad una norma costituzionale mi sembra difficilmente sostenibile e molto, ma molto pericoloso.

 

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  • Caro Direttore, mi congratulo per la lucidità e chiarezza (a parte la pregnanza giuridica) del tuo articolo che fa a "pezzi" la sicumera manifestata da alcuni improvvisati "costituzionalisti" e da qualche isolato interessato cattedratico, per niente scalfiti dal dubbio! Lo Statuto speciale, che ha natura "pattizia", a forza di ricevere dallo Stato unilaterali "spallate", violente e illegittime, è stato sostanzialmente sterilizzato. L'operazione si è rivelata più facile del previsto, a causa della "resa senza condizioni" da parte della stragrande maggioranza del ceto politico siciliano, di oggi e del recente passato, senza dignità e prona ( per puri meschini interessi) ai voleri romani. L'argomento sollevato è assai suggestivo e ne vedremo delle belle , a conferma che la farlocca riforma renziana-verdiniana è davvero un melenso pasticcio. Mi auguro di tutto cuore che il popolo sovrano metta la parola fine a questo teatrino che, non risolvendo alcun problema, avvelena solo i rapporti sociali e rende tutto più difficile.

  • In fondo cosa cambia. Se è dato per scontato che il popolo siciliano non ha nessuna rappresentanza ne tutela da parte degli eletti in Sicilia ( che ricordo molti non sono neanche siciliani, ma dei nominati ) , anche se la Sicilia non avrà senatori nella nuova camera riformata, continuerà l'arretramento rozzo e incontrovertibile cui è destinata inesorabilmente questa terra.

  • Dott. Busalacchi, sarebbe perfino superfluo aggiungere altro al commento di BuscemiLino, quindi mi limito a chiedere, retoricamente, se il "costituzionalista" Caleca non sia per caso l'ex assessore all'agricoltura di crocettiana recente memoria" ed a rispondere, realisticamente e di conseguenza, con la battuta che più si adatta, cioè quella di un famoso ed esilarante film con Totò e Peppino De Filippo "E con questo ho detto tutto!!!".

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