Il premio Nobel per la letteratura è andato al grande artista Bob Dylan, il cantante e poeta che, negli anni ’60 del secolo passato, ha interpretato in modo magistrale i grandi rivolgimenti di un mondo che allora sognava “l’immaginazione al potere”
“Bisogna lottare con tutte le proprie forze contro la morte del giorno”.
Questo possente verso del poeta gallese Dylan Thomas affascinò un esile, gracile esordiente cantante ebreo di Duluth, Minnesota, al punto da fargli scegliere come nome d’arte quello del poeta. Così Robert Zimmermann divento Bob Dylan.
Erano tempi eroici per la musica folk nordamericana, Woody Guthrie e Don Gibson attraversavano gli States a bordo di rugginosi vagoni con a tracolla l’inseparabile chitarra e al collo una lancinante armonica.
I tempi stavano cambiando e trovarono in Dylan la voce più forte, più sincera e autorevole.
La beat generation esplose e i suoi shrapnel arrivarono fino in Europa, e in Italia. Ci ferirono, ci guarirono da complessi e pregiudizi, ci dettero la forza di farcela. Quella stessa forza, per dirla ancora con Dylan Thomas, che fa sbocciare i fiori. Quella forza che oggi sembra venuta meno.
Suona ancora, mister Tamburino, io ti seguirò nella notte tintinnante, fino alle porte del Paradiso.