La domanda è legittima non solo per il grano duro, ma per tutti i prodotti agricoli biologici. Basti pensare che, in Sicilia, sono 300 mila gli ettari coltivati ad agricoltura biologica. Con il PSR (cioè fondi europei) che, da qui al 2020, ha stanziato 220 milioni di Euro. Con questi ‘numeri’ l’Isola dovrebbe essere invasa da prodotti agricoli ‘biologici’. Ma così non è. Dove finisce tutta la produzione biologica siciliana? Come vengono effettuati i controlli?
L’agricoltura biologica viene controllata? La domanda è legittima, a giudicare da quello che è stato scoperto: e cioè che 11 mila tonnellate di grano duro convenzionale – cioè prodotto con i trattamenti chimici – è stato fatto passare per grano biologico (come potete leggere qui).
La ‘confusione’ – mettiamola così – è iniziata a materializzarsi a San Paolo di Civitate, piccolo centro della provincia di Foggia, in Puglia. Perché si è verificato tutto questo? Perché gli enti che avrebbero dovuto controllare la conformità della certificazione si sono accorti che ‘qualcosa’ non andava con sei mesi di ritardo.
Parliamo, tanto per cambiare, del grano: cioè del prodotto che viene trasformato in pasta, pane, farine, semole, dolci. Ebbene, questo grano, fatto passare per ‘biologico’ – prodotto, cioè, senza pesticidi e, in generale, senza il ricorso a prodotti chimici – avrebbe dovuto essere ritirato. Ma il ritiro non c’è stato. E’ andata in scena, invece, la lentezza da parte degli enti di certificazione.
Risultato finale: la frode è venuta fuori quando le 11 mila tonnellate di grano duro erano già diventate pasta!
Pur senza alcuna responsabilità, in questa storia sono rimasti coinvolti alcuni dei mulini che in Italia sono specializzati nel settore biologico. La semola non esattamente biologica, come già accennato, è stata trasformata in pasta ed è stata venduta a chi distribuisce questo prodotto in Europa e negli stati Uniti. In questa incredibile storia sono rimasti coinvolti anche i supermercati Coop ed Esselunga.
A questo punto è lecito domandarsi: in Sicilia – la Regione con l’agricoltura più ‘biologica’ d’Italia – i controlli funzionano? Domanda legittima, perché il giro di affari che ruota attorno ai prodotti ‘Bio’, nell’Isola, è impressionante.
Basti pensare che con il Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 (PSR) – in pratica i fondi europei per l’agricoltura – ci sono in ballo 220 milioni di Euro.
Ebbene, questi sono i contributi per chi ha investito in questo settore: ciò significa che l’investimento è superiore ai 220 milioni di Euro, perché l’Unione Europea, per l’appunto, non finanzia tutto, ma interviene con contributi a fondo perduto.
Eppure, in Sicilia, nonostante la presenza di tutta questa agricoltura biologica, la confusione, in questa materia, regna sovrana.
La vicenda andata in scena in Puglia, con il grano duro convenzionale fatto passare per biologico, ci dice che, sul fronte dei controlli, non tutto funziona a dovere.
Prendiamo il caso dei mercati locali, molto diffusi in tante città della Sicilia. Un fatto sicuramente positivo, che accorcia la filiera, mettendo direttamente a contatto produttori e consumatori, senza l’intermediazione dei commercianti.
Molti di questi prodotti che finiscono in questi mercati locali sono definiti biologici. Ma chi lo certifica? In tantissimi casi bisogna fidarsi sulla parola. E, in ogni caso – l’abbiamo visto – la stessa certificazione non è sinonimo di garanzia al cento per cento.
In Sicilia si parla di circa 300 mila ettari di produzioni agricole biologiche. Ma dove sono questi prodotti biologici? Con una superficie così estesa tutta l’Isola dovrebbe essere invasa da prodotti agricoli biologici. Ma così non è. Li esportano?
Ancora: come vengono effettuati questi controlli?
I controlli andrebbero fatti non soltanto durante il processo di produzione, ma sui prodotti finiti. In Sicilia vengono effettuati i controlli sui prodotti finiti?
La domanda è più che legittima, considerato che di mezzo c’è un fiume di denaro pubblico.
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quello è orzo!!!