Il Governo regionale e la maggioranza che lo sostiene, contro il parere della Corte dei Conti, utilizzano i soldi che dovrebbero servire per curare i malati (per esempio, assumendo nuovi medici e nuovi infermieri) – parliamo di centinaia e centinaia di milioni di Euro ogni anno! – per retribuire soggetti che nulla hanno a che vedere con la sanità. Non solo: le rate annuali dei mutui poste a carico della sanità siciliana sono mutui che la Regione ha contratto per coprire i propri ‘buchi’ e non quelli della sanità! Tutte queste cose la magistratura contabile le ha in buona parte esposte in un’audizione tenuta lo scorso anno presso la Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars
Tutti oggi sono giustamente preoccupati dei tagli alla sanità siciliana. I rappresentanti del Governo regionale, in testa il presidente Rosario Crocetta, scaricano tutto sul Governo nazionale di Matteo Renzi. Da Roma fanno sapere che tutto dipende dalla Regione. Il gioco delle parti, insomma. Come se i due Governi – quello romano e quello siciliano – fossero di colore politico diverso e non entrambi a guida PD. Ma non è questo il tema che vogliamo affrontare oggi.
Oggi illustreremo – facendo parlare le ‘carte’ – quello che ha combinato negli ultimi anni la politica siciliana nel mondo della sanità, con riferimento al centrosinistra, ma anche al centrodestra oggi in parte opposizione.
I tagli che oggi Roma cerca di imporre alla sanità siciliana sono insopportabili e vanno respinti. Ma va denunciata anche la gestione della sanità da parte dell’attuale Governo regionale e della maggioranza che lo sostiene. In questo articolo dimostreremo che, per esigenze clientelari, i fondi della sanità siciliana vengono utilizzati per finalità che nulla hanno a che vedere con la stessa sanità.
I fatti che racconteremo iniziano nei primi anni del 2000, quando a governare la Regione era il centrodestra, e proseguono fino ai nostri giorni, con un comportamento estremamente scorretto dell’attuale Governo siciliano. Da questa storia restano fuori i grillini, che non c’erano quando iniziano a prendere corpo questi imbrogli, e che oggi, com’è noto, non hanno voce in capitolo nel Governo della Regione.
Noi oggi – ribadiamo: con le ‘carte’ e con i ‘numeri’ – proveremo a dimostrare che una parte consistente dei fondi destinati alla sanità siciliana, e in particolare agli ospedali pubblici, viene sistematicamente distratta per finalità che poco o punto hanno a che vedere con il servizio sanitario regionale. Il tutto all’insegna del più becero clientelismo.
Attenzione: tutto regolarmente denunciato e stigmatizzato dai giudici della Corte dei Conti per la Sicilia: avvertimenti che, però, non hanno conosciuto il grande pubblico e che vengono ignorati dalla vecchia politica siciliana della quale il PD dell’Isola è ormai l’architrave.
Parliamo della relazione che i giudici della Corte dei Conti per la Regione siciliana hanno illustrato presso la Commissione Bilancio e Finanze il 16 Ottobre del 2015. Parliamo di un documento di quasi un anno fa, ma che è molto attuale.
Con riferimento al DEF (Documento di Economia e Finanza), i giudici contabili non sembrano molto convinti delle scelte che il Governo regionale, con il ‘conforto’ della maggioranza dell’Assemblea regionale siciliana, nell’Autunno dello scorso anno, si accingeva mettere in atto. E quali sarebbero queste opzioni ‘intelligenti’?
“Con riferimento al settore sanitario – si legge nella parte della relazione della Corte dei Conti che riguarda la sanità – il DEF regionale 2016-2018 parte dal presupposto di un sostanziale e stabile equilibrio economico finanziario del settore sanitario, circostanza che, nel documento in esame, consentirebbe di (…) far gravare sul fondo sanitario regionale il costo di alcuni servizi resi a favore del SSR (Servizio Sanitario Regionale) da parte della società consortile Servizi Ausiliari Sicilia (SAS) e dell’ARPA Sicilia sino ad oggi coperte con risorse a carico del bilancio regionale”.
La SAS è una società regionale creata sulle ceneri di altre tre società regionali: Beni cultutali spa, Multiservizi e Biosphera. Nel complesso, sono oltre 2 mila soggetti assunti senza concorso, per chiamata diretta operata dalla vecchia politica siciliana – di centrodestra e di centrosinistra – in combutta con i sindacati e in barba all’articolo 97 della Costituzione.
ARPA sta per Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale. Fino allo scorso anno era finanziata dalla Regione: quasi 30 milioni di Euro all’anno. Ma, a quanto pare, nell’Autunno dello scorso anno, non c’erano più i soldi per pagare questo servizio. Così i 300 dipendenti circa dell’ARPA vengono pagati con le risorse del Fondo sanitario regionale. Trattandosi di una società che si occupa della tutela dell’ambiente ci potrebbe anche stare (anche se è una forzatura).
Riassumendo: nell’Ottobre dello scorso anno si scopre che nelle ‘casse’ della Regione non ci sono i soldi per pagare gli oltre 2 mila dipendenti della SAS e l’ARPA. Il Governo Crocetta e la maggioranza di centrosinistra dell’Ars si accertano che i conti della sanità siciliana sono in equilibrio e decidono di ‘squilibrarli’ (perché di questo si tratta) mettendo a carico del Fondo sanitario regionale i costi della SAS e dell’ARPA.
Sempre partendo dai conti in ordine della sanità siciliana, Governo Crocetta e maggioranza dell’Ars, sempre nell’Ottobre 2015, decidono di optare per un’altra ‘genialata’ subito segnalata dai magistrati contabili:
“… sarebbe (…) in fase di costituzione (…) un tavolo tecnico per autorizzare, per il 2015, l’utilizzo degli utili prodotti dal SSR a titolo di parziale rimborso dei mutui contratti dalla Regione per pagare i debiti sanitari; questo costituirebbe il presupposto per trasferire, già in fase di definizione della legge di stabilità regionale per il 2016, i costi dei suddetti mutui (quota capitale ed interessi) integralmente a carico dei bilanci degli enti sanitari”.
Questa è un’altra ‘perla’ sulla quale dovrebbero indagare le autorità preposte. Perché se è vero che ci sono mutui sottoscritti dalla Regione per fronteggiare i debiti della sanità siciliana (per esempio, il mutuo sottoscritto per pagare il Piano di rientro), è anche vero che ci sono ‘buchi’ nel Bilancio della Regione che nulla hanno a che spartire con la sanità, che sono stati fatti passare, con artifizi e reggiri contabili, come debiti della sanità.
In pratica, negli anni passati, in più occasioni, la Regione non ha erogato alle Aziende sanitarie Provinciali (ASP) e alle Aziende ospedaliere quanto previsto dalla legge.
ASP e Aziende ospedaliere, per tale motivo, si sono indebitate con le banche (e qui c’è già un danno erariale). La Regione, con la scusa che ASP e Aziende ospedaliere erano ‘indebitate’, ha contratto un mutuo.
Di fatto, non potendo contrarre debiti (cioè sottoscrivere un mutuo) per pagare i debiti, la Regione ha fatto passare i propri debiti per debiti di ASP e Aziende ospedaliere. Non contenti di questo, Governo e Ars hanno messo a carico del Fondo sanitario regionale anche le rate di questi mutui che nulla hanno a che vedere con la sanità!
Sempre citando il DEF, i giudici contabili commentano una terza ‘genialata’ di Governo e Ars: “Porre integralmente a carico dei bilanci degli enti sanitari i costi dei precari utilizzati nell’ambito dei servizi sanitari”.
A questo punto i magistrati della Corte dei Conti precisano:
“La Corte deve invece richiamare l’attenzione del Governo regionale sulla circostanza che il complessivo quadro finanziario delle aziende sanitarie non mostra gli elementi di stabilità e sostenibilità finanziaria che emergono dalla lettura del DEF 2016-2014. Difatti se i conti economici delle Aziende (il riferimento è ad ASP e Aziende ospedaliere ndr) espongono una situazione di sostanziale equilibrio tra costi e ricavi – sovente ottenuta peraltro attraverso trasferimenti di risorse a fine esercizio da parte della Regione e sui quali la Sezione ha espresso in passato considerazioni fortemente critiche – a situazione e lo scenario della sanità cambiano completamente ove si passi ad analizzare gli stati patrimoniali”.
“Questi ultimi – scrivono sempre i giudici contabili – costituiscono infatti lo specchio fedele della situazione di illiquidità delle ‘casse’ regionali, come si evince dalla continua e costante crescita della componente dei crediti delle Aziende verso la Regione per la quota di rispettiva compartecipazione, che esprimono valori preoccupanti, intorno ai 4 miliardi di Euro (al 31.1.2.2013). Tali crisi, ormai strutturali – che comportano il pagamento dei fornitori delle Aziende con ritardi che arrivano anche a 8 mesi rispetto al termine previsto dalla direttiva comunitaria sui tempi di pagamento – vengono periodicamente affrontate attraverso immissioni straordinarie di liquidità sotto forma di prestiti o anticipazioni di liquidità, che poi la Regione provvede a restituire in forma di rate, spalmate su periodi trentennali. Ciò è avvenuto nel 2008, anno in cui, a fronte di circa 3 miliardi di crediti delle Aziende verso la Regione, quest’ultima ha contratto nei confronti del Ministero dell’Economia un prestito di circa 2,6 miliardi, finalizzato ad estinguere i debiti sanitari al 31 dicembre 2005 (prestito rinegoziato nel corso del 2014 con il MEF)”.
“Il fenomeno – proseguono i giudici della Corte dei Conti per la Sicilia – si è poi ripetuto nel 2014 per effetto di ulteriori anticipazioni di liquidità contratte tra la Regione siciliana ed il Ministero dell’Economia in attuazione delle disposizioni di cui ai decreti legge dell’8 aprile 2013, n. 35 e del 24 aprile 2014, n. 66, che hanno sostanzialmente costretto la Regione ad indebitarsi per un ammontare complessivo di circa 2,4 miliardi (606,097 milioni per l’anticipazione contratta il 27 giugno 2014 ai sensi dell’art. 1 della legge regionale del 6 maggio 2014, n. 11 e 1.776 milioni per quella autorizzata con legge regionale 9 febbraio 2015, n. 4)”.
A questo punto arriva il passaggio molto critico:
“In estrema sintesi – precisano i magistrati – gli oneri restitutori per estinguere i debiti sanitari a tutto il 31.12.2013 arrivano a 224 milioni annui (come media tra quota capitale ed interessi) e vincoleranno l’Isola fino al 2045.
Si tratta, nella sostanza, di uno spostamento sulle future generazioni degli attuali oneri della gestione corrente del servizio sanitario regionale”.
Debiti – aggiungiamo noi – che in parte non hanno nulla a che vedere con la sanità e che sono stati caricati sulla sanità dall’attuale Governo e dalla maggioranza che sostiene lo stesso Governo all’Ars.
“In questa situazione – scrivono sempre i giudici della Corte dei Conti – appare pertanto non sostenibile finanziariamente lo spostamento, previsto nel DEF 2016-2018, di ulteriori oneri, attualmente gravanti sul Bilancio regionale (spese per precari e per società regionali), sul già precario bilancio del settore sanitario, né appare ipotizzabile che le aziende sanitarie – che non sono in grado di onorare i debiti commerciali contratti per le spese correnti – possano poi far fronte, con gli utili esposti nei conti economici, a quei debiti con lo Stato contratti proprio per tamponare la crisi di liquidità delle ‘casse’ regionali”.
Più chiaro di così, un anno fa, i giudici della Corte dei Conti non potevano esprimersi.
Altro passaggio interessante:
“D’altro canto – scrivono sempre i magistrati contabili – è necessario, al fine di garantire in futuro la sostenibilità della spesa anche in vista dei consistenti tagli dei finanziamenti statali destinati al settore sanitario (in pratica, la Corte dei Conti per la Regione siciliana avvertiva il Governo regionale che sarebbero arrivati i tagli da Roma: cosa che si sta puntualmente verificando in questi giorni), il passaggio, previsto nel DEF 2016-2018, ad una regionalizzazione della sanità e retrocessione di un valore dei tributi riscossi centralmente, operazione che dovrebbe consentire di recuperare il margine di incremento della quota di cofinanziamento regionale del settore sanitario dal 42,5% al 49,11% (legge 296/2006), purché tali margini, corrispondenti a circa 600 milioni di Euro, siano esclusivamente destinati al corretto e tempestivo finanziamento del settore sanitario e non considerati invece come maggiori entrate che possano ‘liberare’ altrettante risorse per fini diversi”.
“Fenomeno – proseguono i magistrati – che invece si è realizzato per le maggiorazioni delle aliquote fiscali IRAP ed IRPEF che, originariamente introdotte per il riequilibrio del settore sanitario, sono state per lo più utilizzate per far fronte ad altre emergenze di spesa del bilancio regionale (forestali, collegamenti con le isole minori e, da ultimo, destinate alla copertura delle quote di ammortamento dei prestiti contratti per pagare i debiti nel settore sanitario)”.
Anche in questo caso, un ‘riassuntino’: lo Stato, dal 2009, trattiene 600 milioni di Euro all’anno di fondi della sanità della Sicilia. Stando alla legge Finanziaria nazionale del 2006 (Governo Prodi), avrebbe dovuto restituire questi soldi con una quote delle accise sul consumo di carburanti. Ma le burocrazie ministeriali – complice una truffaldina riscrittura del testo nel passaggio dalla Camera al Senato (notizie più precise su tale questione le dovrebbe conoscere la senatrice del PD, Anna Finocchiaro) – si rifiutano di erogare alla Regione quanto previsto dalla Finanziaria nazionale del 2007.
Fatti quattro conti, lo Stato, solo per la sanità, deve alla Regione oltre 5 miliardi di Euro di arretrati più i 600 milioni di Euro all’anno.
Per motivi che ci sfuggono non si parla più degli arretrati (anche perché dovrebbe essere il Governo Crocetta a chiedere queste somme). Dovrebbero entrare solo 600 milioni di Euro all’anno. E la Corte dei Conti fa presente che questi soldi debbono essere utilizzati per la sanità e non per altre finalità.
E giudici contabili ricordano che IRAP e IRPEF sono stati portati ai massimi livelli per pagare la sanità: ma il Governo e la maggioranza dell’ARS, ingannando 5 milioni di Siciliani, utilizzano tali somme per questioni che nulla a hanno a che vedere con la sanità.
In queste ore si discute di nuove assunzioni nella sanità. Su tali assunzioni lo scorso anno la Corte dei Conti precisava:
“Eventuali nuove ipotesi di assunzioni nella sanità, deliberate al di fuori delle competenti sedi di negoziazione ed in assenza di reali e realistiche fonti di copertura della spesa, presenterebbero infatti, ad avviso della Corte, non solo profili di scarsa coerenza col vigente quadro normativo16, ma, soprattutto, porrebbero evidenti problematiche di sostenibilità finanziaria. Vale infatti ricordare come, oltre alla strutturale carenza di liquidità dell’intero sistema, molte delle Aziende sanitarie siciliane siano in una situazione di disequilibrio strutturale, principalmente collegato proprio all’altissima incidenza della spesa per il personale su quella corrente”.
Aggiungiamo noi: “l’altissima incidenza della spesa per il personale su quella corrente” non è dovuta alla presenza di medici e di infermieri, che sono carenti”, ma alla presenza di soggetti che nulla hanno a che vedere con la sanità e che sono stati caricati sul fondi regionali per la sanità da una politica clientelare.
In pratica, per dirla in modo crudo, pur di pagare i precari e, in particolare, i dipendenti della SAS e i tanti precari presenti nelle ASP e nelle Aziende ospedaliere si riducono i servizi ai cittadini, stressando i medici pubblici e gli infermieri!
Un passaggio è dedicato anche alle forniture:
“Ferma restando l’esigenza di assicurare il mantenimento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), occorre dunque, ad avviso della Corte, che si intervenga in futuro sui fattori di rigidità della spesa incrementando gli strumenti di monitoraggio e controllo sul versante degli acquisti di beni e servizi, finora carenti soprattutto con riferimento alla verifica del rispetto delle disposizioni in tema di spending review e di obbligatorietà degli acquisti mediante il ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione”.
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Alcuni non sanno che buona parta della S.A.S. lavora all'interno della sanità e che non bisogna fare la guerra ai poveri ma andare a cercare gli sprecchi che ci sono all'interno della sanità e di tutti gli Assessorati e infine i costi della pplitica icarichi vari...........