Chi fa entrare in Europa prodotti di serie B non fa un piacere a chi li produce. Fa un piacere a se stesso. E distrugge le economie locali. Che è quello che sta succedendo in Sicilia con il grano e con altri prodotti. Un processo che cancella le tutele dei lavoratori dei Paesi evoluti, portandole a livello di quelle del terzo mondo. Questi criminali vanno bloccati
Il mondo dei produttori e dei venditori di grano siciliano è in subbuglio, si succedono proteste e proposte, incontri e riunioni (ieri una importante, ve ne parliamo qui, ndr) tra quanti hanno a cuore la salvezza della nostra produzione e che sanno bene di stare lottando, oltre che per la sopravvivenza della nostra economia, anche per la nostra storia e la nostra identità.
In questa battaglia decisiva, in questo momento cruciale, la politica ci assorda con il suo silenzio, ci indispone con la sua indifferenza e ci disgusta con la sua inutilità.
Un’ulteriore dimostrazione del teorema secondo il quale questi politici, questi ultimi epigoni di un mondo in disfacimento, credono che ancora una volta basteranno i loro elettori personali, quelli del blocco clientelare, quelli che debbono tutto a loro, compresa la loro miseria, e che gli altri vadano al diavolo. Non sarà così.
Non sembri un paradosso, ma fa ancora più specie la miopia e l’ottusità del sindacato, al quale sfuggono le coordinate di un processo fondamentale in atto in Europa e nel mondo e di cui la crisi del grano è un prodotto.
Abbassare, o meglio, cancellare le tutele dei lavoratori dei Paesi evoluti, portandole a livello di quelle del terzo mondo, e cioè rendendo il lavoro una risorsa a poco prezzo anche nei Paesi evoluti come unica risposta alla produzione al basso prezzo, perché a più basso costo, proveniente dai Paesi terzi.
Chi fa entrare in Europa prodotti di serie B non fa un piacere a chi li produce. Fa un piacere a se stesso. Questi prodotti sono veleno e contengono veleno.
Distruggono l’economia locale o, pur di sopravvivere, la costringono ad acconciarsi al livello di costo di produzione dei Paesi “invasori”.
Chi fa queste operazioni è un criminale e bisogna fermarlo. Chi non lo ferma è complice.
La Clinton lo ha capito ed è stata chiara. Non permetterò, ha detto, che le importazioni dall’estero avvengano a scapito della forza lavoratrice degli Stati Uniti. Che è quello che vorrebbero Trump e i suoi amici squali.
C’è qualcuno che in Sicilia lo vuole?
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Soluzione semplice per un problema apparentemente difficile: una moneta siciliana (Grano), la cui spendibilità è garantita dalla Regione siciliana (Ente che accredita) in virtù delle sue particolari prerogative in materia tributaria.
Il solo modo per favorire il consumo di prodotti siciliani è determinare una nuova, maggiore e stabile domanda interna attraverso un reddito sociale pari a € 12.000 l’anno riservato alle 200.000 famiglie in stato di povertà assoluta, per un totale di € 2,4 miliardi di spesa, e € 6.000 riservati alle 400.000 famiglie in stato di povertà relativa, per un totale di € 2,4 miliardi di spesa, per complessivi € 4,8 miliardi di nuova domanda interna in beni e servizi siciliani.
Una nuova domanda interna di prodotti e servizi per € 5 miliardi significa coltura, produzione e commercializzazione di prodotti della nostra agricoltura per € 3 miliardi cui corrispondono 75.000 occupati, considerato che per ogni miliardo di spesa corrispondono 25.000 posti di lavoro.
Ai € 3 miliardi per spesa alimentare si aggiungono altri € 2 miliardi nell'artigiano che, per soddisfare la nuova richiesta di servizi a elevato contenuto di mano d’opera, significano altri 50.000 occupati per un totale complessivo di 125.000 nuovi occupati grazie alla domanda interna aggiuntiva determinata dal Reddito sociale accreditato alle famiglie siciliane disagiate.
Una nuova domanda interna, vincolata all'acquisto di prodotti regionali, grazie all'introduzione della moneta siciliana pubblica Grano, quale mezzo di scambio territoriale nel settore alimentare che, meglio di altri, caratteristico della Sicilia, consentirebbe alle vecchie e nuove imprese non solo di lavorare a pieno regime sviluppando maggiori potenzialità e utili ma anche di raggiungere livelli di competitività verso l’esterno, perduti da tempo. Una domanda endogena non soggetta a “dumping istituzionale” (concorrenza sleale da parte dello Stato e dall’UE) consentirà di recuperare gli svantaggi subiti nel tempo e sviluppare capacità di vendita anche esogena.
In sintesi, la nostra filiera agroalimentare favorita dalla nuova domanda interna per € 3 miliardi, determinata dal reddito sociale, potrebbe svilupparsi fino a € 6 miliardi, a fronte di € 8 miliardi di consumi alimentari delle famiglie siciliane, determinando oltre centocinquantamila occupati che sommati a quanto generato nell'artigianato raggiungerebbero le duecentomila unità.