I terremoti non si possono prevedere. Ma conoscendo le zone a rischio – e le aree del Centro Nord Italia dove si è verificato il terremoto ieri sono ad alto rischio – si possono prevenire e limitare i danni. Ma la prevenzione costa. E noi siamo matematicamente sicuri che nella Legge di Stabilità 2017 Governo Renzi e Parlamento (di ‘nominati’) stanzieranno una barca di soldi per “l’emergenza banche” e cifre di gran lunga inferiori per l’emergenza terremoto. Scommettiamo?
L’Italia è un Paese sismico. Si trova sul margine di convergenza di due grandi placche: la placca africana e quella euroasiatica. Il movimento di questa due placche provoca un accumulo di energia. Il rilascio di tale energia provoca i terremoti.
Si sa che, negli ultimi 31 anni, la rete sismica del nostro Paese ha registrato oltre 150 mila eventi sismici. Le aree più colpite sono sempre le stesse: ovvero le zone che si trovano sulle dorsali alpina e appenninica.
Nel nostro Paese esiste una mappa della pericolosità sismica. E’ stata realizzata dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (la potete consultare qui).
La mappa distingue quattro zone:
Zona 1: è quella dove possono verificarsi terremoti fortissimi;
Zona 2: qui possono verificarsi terremoti forti;
Zona 3: in questa zona possono verificarsi terremoti forti, ma rari;
Zona 4: è la zona meno pericolosa: qui i terremoti sono rari.
“Nel rispetto degli indirizzi e criteri stabiliti a livello nazionale – si legge nella mappa sulla pericolosità sismica – alcune Regioni hanno classificato il territorio nelle quattro zone proposte, altre Regioni hanno classificato diversamente il proprio territorio, ad esempio adottando solo tre zone (zona 1, 2 e 3) e introducendo, in alcuni casi, delle sottozone per meglio adattare le norme alle caratteristiche di sismicità”.
La mappa sulla pericolosità sismica italiana contiene anche un’immagine dalla quale è possibile capire, visivamente, quali sono le aree più pericoloso e quelle meno pericolose (che potete visualizzare qui).
Se andiamo a vedere questa cartina notiamo che le zone più pericolose – cioè le aree del nostro Paese nelle quali potrebbero verificarsi terremoti di forte intensità – corrispondono con i luoghi dove i terremoti, nel corso degli anni, non sono certo mancati.
Tra le aree pericolose ci sono molte zone del Friuli, dove negli anni passati il terremoto ha colpito provocando danni.
Scendendo dal Friuli verso il Centro Sud vediamo che la linea del pericolo passa dall‘Emilia Romagna, dalle Marche, dall’Umbria, dal Lazio: parliamo del Centro Italia colpito dal terremoto di ieri.
Scendendo ancora verso Sud l’area considerata pericolosa passa dal Molise, dalla Basilicata; Zona 2 è tutta la Campania.
La Calabra è per metà Zona 2 e per l’altra metà circa Zona 1. La parte meridionale della Calabra è classificata quasi tutta come Zona 1: così come zona 1 è Messina: non è un caso se in quest’area ricordiamo il terribile terremoto del 1908 (terremoto e maremoto).
La Sicilia – tranne alcune aree dell’Ennese (poche) e del Nisseno a bassa sismicità – è una Regione sismica. Viene classificata tra le Zone 2, con l’eccezione di un’area – che dovrebbe coincidere con la Valle del Belìce – che è invece considerata Zona 1 (e tutto torna: ricordiamoci del terremoto del 1968).
Questa è la classificazione. Volendo, le conoscenze che la scienza ci mette a disposizione non sono poche. Da qui una domanda: il nostro Paese, alla luce di ciò che conosciamo, ha fatto tutto il possibile per ridurre i danni alle cose e, soprattutto, alle persone in caso di terremoti?
La domanda non è retorica, perché il terremoto che ha colpito ieri il Centro Italia si è verificato in una zona che viene considerata ad alto rischio.
Insomma, non è impossibile difendersi dai terremoti, quanto meno si possono limitare i danni (come potete leggere qui).
Sappiamo che non è possibile prevedere i terremoti. Ma conosciamo, come già ricordato, le aree a rischio e, soprattutto, siamo in grado di prevedere i possibili effetti sul territorio.
Che significa questo? Che gli effetti negativi di un terremoto possono essere in buona parte modificati o, perché no?, neutralizzati attraverso la attraverso la prevenzione.
Una delle misure più semplici da adottare è quella di non realizzare centri abitati nelle zone molto pericolose o pericolose. Secondo voi, in Italia, questa regola elementare viene rispettata? In Campania – per citare solo un esempio – non crediamo che l’attività edilizia abbia rispettato le regole legate alla prevenzione antisismica: basta vedere quello che c’è attrono al Vesuvio.
Quanto detto vale per le nuove costruzioni. C’è, poi, il problema delle vecchie costruzioni: per esempio, dei Centri storici di tante nostre città. E lì si apre un capitolo ancora tutto da scrivere.
Cosa dovrebbe prevedere e come si dovrebbe articolare una politica di prevenzione dei danni da terremoto?
Le zone pericolose, come sottolineato, si conoscono già. Servirebbero le opere di risanamento e adeguamento antisismico, cominciando dagli edifici pubblici: le scuole, gli ospedali, le chiese. Bisognerebbe investire più risorse nella ricerca di materiali da costruzione più adatti e di tecnologie avanzate in materia di sicurezza. E preparare la popolazione a gestire le fasi di emergenza.
Tutto questo viene fatto?
Prendiamo come esempio Palermo. Tutte le scuole della città sono state costruite con criteri antisismici? Il Tram realizzato al centro della carreggiata lungo via Nortarbartolo e via Leonardo Da Vinci sarebbe di aiuto o di intralcio in caso di emergenza?
Il dubbio, insomma, è che in tanti Comuni del nostro Paese eventi sismici non devastanti possano diventarlo a causa della mancata prevenzione.
Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi, sottolinea che “più che sulla previsione del sisma occorrerebbe lavorare sulla prevenzione contro i suoi effetti, mettendo in sicurezza il territorio”. Ma non ci sembra che mettere in sicurezza i Comuni del nostro Paese – che per il 60% sono a rischio terremoto – sia una priorità dell’attuale Governo nazionale.
Inutile chiedersi quando arriverà il terremoto, perché – almeno alla stato attuale delle conoscenze – non è possibile saperlo. L’unica cosa da fare sarebbe quella di mettere in sicurezza i Centri storici delle nostre città e, in generale, il patrimonio edilizio del nostro Paese. Cominciando a riflettere anche sulla sicurezza della nostra casa e se le scuole sono sicure.
Ma per far questo occorrerebbe un vero governo del territorio. E un vero Governo del nostro Paese. fatto da persone serie e competenti e non da chiacchieroni.
Siamo pronti a scommettere che, tra qualche mese – a meno che non si verifichino altri terremoti – in occasione della prossima manovra economica e finanziaria, ci sarà uno stanziamento per avviare i lavori nelle zone colpite dall’ultimo terremoto e le solite risorse ininfluenti per fronteggiare il dissesto idrogeologico, che è un problema gravissimo per il quale, però, non ci sono mai le risorse economiche.
Siamo invece certi che, con la prossima manovra, il Governo Renzi troverà un sacco di soldi per le banche (magari, in particolare, per una banca…).
Scommettiamo?