L’agricoltura siciliana non finisce mai di stupire. Dopo il grano duro canadese al glifosato, ecco i limoni che non ci sono più. La Sicilia produceva il 95% dei limoni italiani. Oggi, a Palermo, si trovano solo limoni mezzi ‘rachitici’, che arrivano da chissà dove (di certo non sono siciliani). Che fine hanno fatto i nostri limoni? Che fine hanno fatto i limoni di Bagheria? Proviamo a illustrare la storia di una crisi che inizia nei primi anni ’80. E che ancora continua. Le parole di un economista agrario, il professore Antonino Bacarella, che racconta decenni tra poche luci e molte ombre
In questi giorni a Palermo – ma anche in altri centri della Sicilia occidentale – sono in tanti a chiedersi: ma è possibile che dobbiamo acquistare i limoni a 3 Euro e mezzo al chilogrammo e non sappiamo nemmeno da dove arrivano? Che fine hanno fatto i limoni siciliani? E visto che Bagheria è a un tiro di schioppo da Palermo, che fine hanno fatto i limoni della città di Ignazio Buttitta e Renato Guttuso?
Domande legittime. Perché, cari lettori, in Sicilia – non nell’800, ma appena una ventina di anni fa, o giù di lì – si produceva il 95% dei limoni italiani. Con colture diffuse nella parte orientale e nella parte occidentale della nostra Isola. Non abbiamo citato a caso Bagheria, che era una delle città dove il limone era molto presente.
A differenza dell’arancio – e ancor più del mandarino – il limone resiste bene alla salsedine e si coltiva nelle aree costiere.
Torna la domanda: dove sono finiti tutti i limoni della Sicilia?
“E’ una bella domanda – ci dice Antonio Bacarella, economista agrario, già docente presso la facoltà di Agraria di Palermo -. Se proprio dobbiamo individuare la genesi della crisi, dobbiamo tornare indietro di oltre trent’anni, ai primi anni ’80 del secolo passato, quando andava in scena quello che, con una parola del dialetto siciliano molto efficace, veniva chiamato scafazzo. C’era una sovrapproduzione di agrumi. E la Comunità Economica Europea pagava i produttori per ritirare dal mercato la produzione in eccesso. Gli agrumi venivano portati in particolari centri – chiamati centri Aima – e venivano distrutti”.
“Da qui sono iniziati i problemi – ricorda Bacarella – perché molti agricoltori, anche perché mal consigliati dai dirigenti delle associazioni dei produttori di agrumi – invece di produrre per il mercato, misurandosi con le regole del mercato, hanno preferito continuare a produrre per lo scafazzo. Ovviamente, i giardini di agrumi, compresi quelli di limoni, venivano curati poco, se non abbandonati”.
Per la cronaca, nei centri Aima avveniva di tutto e di più: si raccontava di camion di pietre ricoperti di uno strato di agrumi,. pesati e rimborsati dalla CEE come agrumi… Truffe a mai finire. Durate oltre un decennio. Soprattutto nella parte occidentale della Sicilia.
Sempre per la cronaca, tra il 1981 e il 1982 l’allora segretario regionale del Pci siciliano, Pio La Torre, provò a mettere un po’ d’ordine tra le truffe nei centri Aima che coinvolgevano anche dirigenti del suo partito. Ma non arrivò in tempo perché venne ammazzato il 30 Aprile del 1982.
Le truffe Aima sono andate avanti sino alla fine degli anni ’80. E poi?
Poi qualcosa si è mossa nella Sicilia orientale. Mentre nella parte occidentale della nostra Isola – a parte alcune aree agrumicole di grande tradizione – non si è visto molto. Anzi, se dobbiamo essere precisi, abbiamo visto arrivare i limoni dalla Spagna, poi dal Sud Africa e il succo di limone dal Brasile!
Ma riuscite a immaginare noi siciliani che andiamo ad acquistare il succo di limone che arriva dal Brasile? Insomma:L il grano duro pieno di glisofato, di micotossine e di aflatossine, i limoni che non ci sono più: che succede all’agricoltura siciliana?
Chiediamo sempre al professore Bacarella cosa è successo dopo la stagione dei centri Aima.
“Credetemi – ci risponde il docente universitario -: di certi argomenti non mi va più di parlare. Ho lavorato per decenni per cercare di cambiare il corso delle cose. Nell’agrumicoltura e, in generale, nell’agricoltura siciliana. Ma, a parte una breve parentesi in cui la politica nazionale e regionale ha provato ad affrontare i problemi dell’agricoltura, ho registrato il vuoto. Sul fronte politico ricordo gli anni della presidenza della Regione di Rino Nicolosi, il ruolo attivo dell’allora assessore Calogero Lo Giudice e del Ministro dell’Agricoltura Calogero Mannino. Poi, lo ribadisco, il vuoto”.
Ci sono solo responsabilità politiche? “Assolutamente no – ci risponde l’economista agrario -. Ci sono responsabilità a tutti i livelli. E’ inutile che diamo la colpa agli altri. Anch’io rimango amareggiato quando penso a cos’era la limonicoltura siciliana degli anni passati, con tutti i problemi che si dovevano risolvere, certo: ma era una grande realtà. Da migliorare, senza dubbio. Ma c’era”.
Chiediamo al professore Bacarella se il malsecco – una malattia che colpisce la pianta di limone – può avere influito negativamente sulla crisi della limonicoltura siciliana.
“Il malsecco – ci risponde – è un problema serio. Ma non credo che abbia avuto un ruolo preponderante nella crisi di qyesta coltura nella nostra Isola. Le questioni sono altre. Oggi i siciliani si stupiscono dei limoni a 3 Euro e mezzo al chilogrammo – prosegue il docente universitario -. Con limoni che arrivano da chissà dove. E dove sono stati in tutti questi anni i dirigenti delle associazioni dei produttori e delle organizzazioni agricole della Sicilia? E gli stessi agricoltori si sono interrogati? E che dire dell’assenza di industrie per la trasformazione degli agrumi? La verità è che tutta la filiera del limone è sfilacciata. Anche la ricerca non ha fatto molto. Ricordo il Centro di miglioramento genetico degli agrumi di Palermo. Ma non ricordo che abbia selezionato agrumi geneticamente migliorati. Detto questo, in alcune zone della Sicilia orientale lo scenario è molto diverso”.
Il professore Bacarella parla, soprattutto, della provincia di Siracusa. Dove la coltivazione del limone, oggi, è una grande realtà produttiva di alta qualità. “Il punto è sempre quello – ci dice l’economista agrario -: lì gli agricoltori hanno saputo scommettere. E hanno vinto. Infatti a Siracusa il limone può contare sull’IGP, l’Indicazione Geografica Protetta”.
Anche noi siamo stati di recente a visitare alcune aziende limonicole del Siracusano. E le abbiamo trovate semplicemente eccezionali. Con produzioni di altissima qualità, con metodi tradizionali e in biologico (senza l’ausilio di pesticidi). E senza problemi di mercato.
Il limone è una pianta rifiorente. C’è la fioritura estiva, che viene spesso indotta artificialmente con bloccando l’irrigazione a Giugno e Luglio. Con questa tecnica agronomica si ottengono frutti dalla sottile buccia verde e dalla polpa succosa. Questi limoni possono rimanere immagazzinati per lungo tempo: e infatti, dalle nostre parti, i limoni ad Agosto si trovavano. Oggi – come notano tanti siciliani, soprattutto nella parte occidentale della nostra Isola, si trovano limoni non siciliani a prezzi esosi.
Il limone IGP di Siracusa presenta un elevato contenuto in succo. E, nella buccia, abbondano le ghiandole oleifere, ricche di oli essenziali di l’alta qualità. In questa area della Sicilia si coltiva la varietà siracusana femminello, una pianta molto fertile che dà luogo a ben tre produzioni in un anno: si comincia con il limone primofiore, che matura da Ottobre a Marzo: è un limone di forma ellittica, con buccia e polpa di un colore che varia dal verde chiaro al giallo-citrino, mentre il succo è giallo citrino; poi c’è il bianchetto, che matura da Aprile a Giugno: ha forma ellittico-ovoidale e buccia giallo chiaro, mentre la polpa è gialla e il succo è giallo-citrino; si chiude con il verdello, che matura fra Luglio e Settembre: la sua forma è ellittico-sferoidale e ha buccia colore verde chiaro, mentre il succo e la polpa sono giallo-citrino.
Questi sono i limoni di Siracusa. Ma a Palermo e dintorni questi limoni non ci sono. Un tempo, in Estate, anche a Palermo e dintorni si trovavano i verdelli siciliani. Magari non erano belli come il femminello di Siracusa. Ma c’erano. Oggi non ci sono più. Nei supermercati si trovano limoni mezzi ‘rachitici’, con pochissimo succo. Che arrivano da chissà dove. E che costano 3 Euro e mezzo al chilogrammo…
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