Massimo Costa, leader di Siciliani Liberi, commenta la ‘sinfonia’ di attacchi agli insegnanti e agli studenti meridionali. Offesi nella loro dignità per consacrare la strategia politica di massacro del Sud e della sua desertificazione
In Siciliano si dice “curnuti e vastuniati”; in meridionale, con poche varianti, “curnute e mazziate”. Il significato è però analogo. Non bastano i rapporti brutali di sfruttamento delle colonie interne da parte del sistema “Italia”, se questi non hanno una base ideologica che giustifichi tale sfruttamento.
Se lo sfruttamento venisse percepito come ingiusto, infatti, causerebbe rivolta nei popoli meridionali e rimorsi in quelli settentrionali. A questo sopperisce “l’ideologia”, sparsa a piene mani dall’informazione saldamente nordista, anche quella siciliana più “istituzionale”, soprattutto quella.
Il caso della scuola è emblematico.
Con il pretesto dei risparmi e del calo demografico, lo stato (volutamente scritto in minuscolo), anziché recuperare un vergognoso gap secolare nel quale è stata tenuta l’istruzione meridionale, come certificato anche da indagini internazionali, non trova di meglio che tagliare cattedre e scuole intere.
Due piccioni con una fava. Agli insegnanti meridionali la “buona scuola” (e meno male che era quella “buona”) impone una vera e propria deportazione, per colmare i vuoti di organico del Nord, dove i nostri insegnanti andranno ad essere disprezzati, offesi e trattati da “mantenuti” che devono pure dire grazie. Gli sta bene? Meglio. Non gli sta bene? Licenziati!
Poco importa se si tratta di precari a vita, spesso di mezza età, quasi sempre madri di famiglia, condannate alla precarietà non dalla loro scarsa validità professionale, ma dalle condizioni economiche asfittiche in cui da sempre lo stato italiano tiene le proprie colonie meridionali. Le stesse condizioni che fanno scappare i giovani, causando denatalità, che a sua volta fa diminuire la popolazione scolastica, con queste conseguenti deportazioni, che a loro volta faranno diminuire la natalità, in una spirale infernale di cui non si intravede la fine.
Si tratta, peraltro, di vere e proprie deportazioni. Perché? Perché alla trasferta non corrisponde alcun sollievo per il disagio subito. Con 1.200 euro netti al mese, questi nostri concittadini dovrebbero mantenersi a 1000 km di distanza da casa, nei posti più disparati del Centro-Nord. Nessuna indennità di trasferta, nessuna continuità territoriale per le isole (che so? sconti per aerei o treni… nulla di nulla!).
Il razzismo del resto ormai dilaga impunito. Il commento più ricorrente dei lettori dei giornali on line, anche siciliani, era “lo sapevano, hanno accettato loro”. Eh sì, lo sapevano, “guai ai vinti” diceva il capo dei Galli ai Romani sconfitti. Lo sapevano che, se volevano, potevano anche scegliere di morire di fame. E quindi, ora che vogliono? Mi immagino il grado di motivazione con cui questi insegnanti andranno a svolgere il loro lavoro.
Ma fin qui è “solo” il danno.
E invece dovremmo parlare anche della beffa.
Per accompagnare gli oltraggi subiti il partito unico di “renzusconi” si è scatenato sui giornali di regime da qualche tempo.
Comincia L’Unità, un tempo giornale “comunista”, fondato da Antonio Gramsci, che per fare una “battuta” affida a un certo Rondolino l’affermazione che “se gli insegnanti meridionali parlassero bene l’italiano almeno capiremmo che cosa vogliono”.
Ecco qua! Curnuti e vastuniati. Doppia elemosina. Non solo dovete dire grazie perché non avete alternative di lavoro, specie alla vostra età, ma anche perché – in fondo in fondo – meritereste di essere licenziati tutti. Offendere la dignità professionale di decine di migliaia di persone, secondo me è quasi peggio che toccare loro il portafoglio. L’uomo non vive di solo pane. Ciascuno di quelli che mi stanno leggendo pensi per un attimo a cosa penserebbe se qualcuno mettesse in dubbio che questi abbia persino i propri rudimenti del proprio lavoro, qualunque cosa faccia, dal muratore all’avvocato, dal camionista all’impiegato di banca. Dire a chi insegna che “non sa neanche parlare italiano”, così, per pregiudizio etnico, per partito preso, è un’affermazione oltraggiosa che andrebbe punita in sede civile e penale, come istigazione all’odio razziale.
Cosa dobbiamo pensare quando questo oltraggio viene dritto dritto dal Governo, mediante l’organo ufficiale del Regime?
Ma il linciaggio non finisce qui.
L’altra metà del cielo, i giornali di area più o meno di “centro-destra” non possono fare a meno di essere presenti in questa continua aggressione.
Dopo pochi giorni così tocca al “Foglio”, che già fu di Giuliano Ferrara, corifeo di Berlusconi per anni, e che ora è diretta da un giovane siciliano “in carriera”, tale Cerasa, che evidentemente non si accorge che dando dei somari a tutti i siciliani finisce per dare del somaro pure a se stesso.
Questa volta il titolo, direi quanto meno “esplicito”, è il seguente: “I TERRONI SOMARI, ma promossi con la lode”.
Esisteva una volta un’igiene delle parole, valutando anche l’opportunità del loro uso.
Ormai si è persa del tutto. Per il Foglio (-accio) valgono alcune equazioni semplici semplici, buttate giù senza un minimo di pudore: MERIDIONALE = TERRONE, e poi, naturalmente, TERRONE = SOMARO. E certo! Se i professori non sanno neanche parlare l’italiano (come direbbe il collega de L’Unità), come volete che siano i loro studenti? Nessuno spiega perché mai quelli settentrionali dovrebbero poi essere migliori se i docenti che hanno sono pure in gran parte meridionali. Mistero.
Per Gian Antonio Stella è proprio inconcepibile che la Sicilia prenda agli esami di stato voti più alti della Lombardia. Le classifiche sono buone solo “quando vince il nord”.
Se prevale il Sud allora le classifiche vanno semplicemente ribaltate e riformulate. Lo stato ha voluto risparmiare sulle commissioni degli esami di stato, non garantendo uniformità di metri di giudizio come un tempo. Fatto questo passo, e non introducendo alcun correttivo, i risultati si prendono per quello che sono. Il vero fatto è che la “superiorità” del Nord, nella testa di molti italiani è un postulato, e come tale non si può mettere in questione. Poco importa se la dispersione scolastica o l’ignoranza dilagante siano al Nord non molto diverse che al Sud.
Io penso con rabbia, in queste ore, ai tanti, tantissimi studenti brillanti, che pure ci sono, usciti con 100 o 100 e lode dalle nostre scuole, oltraggiati dall’odio razziale nordista. Vecchia malattia del resto. Ricordo ancora quando, a 18 anni, trasferitomi a Milano per proseguire negli studi universitari, alcuni miei colleghi erano convinti per davvero che i miei 60/60 con cui approdavo all’Università valessero non più di 48/60 presi “SU” (quanto odiosa questa insulsa distinzione “SU/GIU'” a cui danno sempre un’evidente connotazione morale), nella capitale “Im”-morale d’Italia. Alla faccia loro mi laureai in corso e con il massimo dei voti. Ma quanti studenti, laureati, professori, onestamente e validamente laureati nelle università meridionali, dovranno scontare questi insulsi pregiudizi lungo tutto il corso della loro vita?
Questo bel “foglio” è distribuito in Sicilia con la gentile collaborazione – a quel che so – de La Sicilia di Catania, e qualche giorno fa li ho visti in Rai Regione a ricevere il caloroso benvenuto della nostra Redazione RAI. Quando si dice che la Sicilia ha un’informazione libera…
Si invocano persino “blitz” punitivi, nelle scuole del Sud, con interrogazioni “a sopresa”, dove occhiuti insegnanti del Nord immaginiamo saranno pronti a mettere sulla graticola gli studenti del Sud, per dimostrare loro la loro irredimibile “inferiorità”. Ma fino a quando dovremo subire questi atteggiamenti odiosi?
Fino a quando accetteremo di far parte, da schiavi, di questo paese che per noi sta diventando invivibile: l’Italia.
Ndr sull’argomento vi segnaliamo l’articolo di Timesicilia che parla dei contributi pubblici al Foglio e del suo ‘casuale’ allineamento alla politica del Governo sulla scuola: lo leggete qui
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Se i meridionali riescono ad essere assunti nella pubblica
amministrazione dello stato, devono pagare un pedaggio,
infatti se gli va bene, i primi dieci-quindici anni li devono
passare al nord, in modo che lo stipendio, tra affitto e viaggi
rimane nella padania, in seguito alcuni più fortunati, o meglio
dire raccomandati politicamente, riescono a tornare a casa.
Altri credono di integrarsi, ma sempre terroni vengono chiamati
scelgono di rimanere al nord a pagare un pedaggio perenne
io lo chiamo pedaggio, si può dire in tanti altri modi.
Mai visto un assunto nella pubblica amministrazione nativo di
Milano o di Pavia, per esempio che viene inviato i primi
tempi a Trapani o Agrigento, quelli costretti ad emigrare
sono solo i meridionali, vale non solo per gli insegnanti, ma
anche per gli appartenenti delle forze dell'ordine, Vigili del
Fuoco , Esercito e Marina etc etc.
Del resto anche per curarsi, ormai molti vanno al nord, e i
soldi terroni rimangono là. Non si è mai vista una colonia
svilupparsi e conquistare il benessere e la felicità, nelle
colonie di solito tutto va a peggiorare progressivamente.
Vuoi un lavoro sicuro ? Nella tua terra? Scordatelo !
Che rabbia che in pochi capiscano e molti di uniscono al coro diffamatorio generato dai media.