Da qualche settimana Stefano Giordano è il nuovo legale di Bruno Contrada, il super-poliziotto che ha subito una condanna al termine di un lungo, tormentato e controverso processo per mafia. Oggi l’avvocato Giordano si appella a una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – già passata in giudicata e inappellabile – stando alla quale il reato di concorso esterno, contestato a Contrada, all’epoca dei fatti, non era sufficientemente chiaro
Stefano Giordano è, da qualche settimana, il nuovo legale di Bruno Contrada, il super-poliziotto, già a capo della Squadra mobile di Palermo e poi ai vertici dei servizi segreti civili del nostro Paese, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Contrada è finito nei guai giudiziari a fine 1992, quando a capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo c’era Giancarlo Caselli. La vicenda giudiziaria di Contrada, che è stato uno dei protagonisti nella lotta alla mafia già dai primi anni ’70 del secolo scorso – occupando sempre ruoli di prestigio nella Polizia di Stato del capoluogo dell’Isola – è stata lunga e tormentata. Contrada si è sempre dichiarato innocente. Ma i giudici, anche se con sentenze altalenanti, alla fine l’hanno condannato.
Tra i tanti fatti di cronaca che ha visto Contrada protagonista, noi ricordiamo, nei primi anni ‘70, il ‘caso’ di Leonardo ‘Leuccio’ Vitale, che può essere considerato tra i primi collaboratori della Giustizia. Quando ‘Leuccio’ Vitale iniziò a rivelare ciò che sapeva della mafia – e alcune cose le sapeva – non furono in tanti a credergli. Uno di quelli che, invece, credettero alle sue rivelazioni fu proprio Contrada. Poi le cose si misero male per ‘Leuccio’, che prima verrà dichiarato fragile di mente e poi ammazzato dai mafiosi.
Sulla storia di ‘Leuccio’ Vitale è interessante la ricostruzione che ne fa il collega Salvatore Parlagreco in un libro dal titolo: “L’uomo di vetro”. Ma questa è un’altra storia.
Oggi – tornando al ‘caso’ Contrada – l’avvocato Stefano Giordano sembra voglia seguire una strategia diversa dai legali che l’hanno preceduto. Così abbiamo posto alcune domande al nuovo legale del super-poliziotto.
Avvocato Giordano, è vero che lei ha depositato un ricorso sul ‘caso’ Contrada alla prima Sezione penale della Corte d’Appello di Palermo?
“Sì”.
E di che si tratta?
“Ho depositato un ricorso, per la precisione, un ricorso che viene definito incidente di esecuzione. E’ un’istanza che si presenta allo stesso giudice che ha emesso la condanna. Con il ricorso chiediamo alla prima Sezione della Corte d’Appello, presieduta dal dottor Garofalo, di revocare la sentenza di condanna alla luce di quanto stabilito, con sentenza passata in giudicato, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”.
Per la cronaca, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU o Corte EDU) è un organo giurisdizionale internazionale istituito nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Vi aderiscono i 47 Paesi che fanno parte del Consiglio d’Europa. Sempre le per la cronaca, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è un’istituzione dell’Unione Europea e non va confusa con la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, invece, è un’istituzione dell’Unione Europea.
Cosa ha stabilito la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sul ‘caso’ Contrada?
“Ha stabilito che al momento in cui è stato contestato a Contrada il concorso esterno in associazione mafiosa, la norma sullo stesso concorso esterno – reato giurisprudenziale, secondo la stessa Corte Europea – non era sufficientemente chiara. Non è che il reato di concorso esterno non ci fosse: c’era, ma non era sufficientemente chiaro e, di fatto, non era molto comprensibile. Insomma, non poteva essere applicata una norma che, all’epoca dei fatti, non era chiara, pena la vanificazione del diritto di legalità”.
Quando avvenivano i fatti che la magistratura penale contesta a Contrada il reato di concorso esterno, per come si configura oggi, non esisteva: è così?
“In un certo senso è così”.
Il Governo italiano non ha presentato ricorso?
“Sì, Ma la Grande Camera – che è organo di appello della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – ha stabilito con decisione irrevocabile che il ricorso del Governo italiano è inammissibile”.
Da qui il suo ricorso incidentale di esecuzione.
“Esatto”.
E che succederà, adesso?
“Lo Stato italiano è obbligato a mettere in esecuzione, senza indugio, la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, pena la violazione di un trattato internazionale. Per questo motivo ho depositato questo ricorso che, secondo la Cassazione a Sezioni unite, è lo strumento più idoneo a eliminare la sentenza e ogni suo effetto dall’ordinamento giuridico italiano”.
Nella difesa di Contrada, ci sembra di capire, si cambia strategia rispetto al passato.
“La precedente difesa aveva provato a seguire strade giuridiche diverse che, però, non hanno sortito gli effetti sperati. Personalmente, da avvocato e da studioso del fenomeno, sono convinto che l’unica strada valida sia quella che stiamo percorrendo. Aggiungo inoltre che sarà mia cura, al più presto, scrivere una lettera di esortazione al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa affinché vigili sull’esecuzione degli obblighi derivanti dalla sentenza CEDU”.
Lei è entrato nel merito della vicenda Contrada.
“No”.
Si è mai posto delle domande su questa vicenda giudiziaria così tormentata?
“Sì”.
E a quali conclusioni è arrivato?
“Che quando si formulano accuse così pesanti a carico di un servitore dello Stato che ha svolto un ruolo delicatissimo bisognerebbe prima aver accertato senza ombra di dubbio se il suo comportamento abbia veramente avvantaggiato la mafia”.
E lei che idea si è fatto?
“Io penso che Contrada abbia sempre servito lo Stato italiano. E l’ha fatto operando, lo ripeto, in un ambito delicatissimo: facendo intelligence con il mondo della mafia. Quando si opera in un contesto così delicato non è facile capire come stanno le cose. Quand’è che finisce l’intelligence e inizia il favoreggiamento? Io, per mia formazione, mantengo i dubbi. Anche se sono convinto che Contrada abbia solo servito lo Stato. Detto questo, non voglio rifare il processo. L’obiettivo, oggi, è un altro”.
Chiudere questo caso con la riabilitazione di Contrada.
“Esatto. Contrada, oggi, ha 85 anni. Ed è entrato in questo tunnel nel Dicembre del 1992. Ha vissuto anni d’inferno. In condizioni inumane e degradanti. Ora basta. Ha diritto ad essere riabilitato da uno Stato italiano del quale è stato un leale servitore”.
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