Ormai si specula su tutto. Per fare soldi si vanno a prendere i cadaveri dei migranti in fondo al mare. Ammantando questi remunerativi lavori come gesti di grande umanità. Del resto, siamo o no il Paese nel quale l’accoglienza dei migranti è diventato l’affare del secolo, più lucroso del traffico di droga. Per non parlare delle risate di certi signori alla notizia del terremoto de L’Aquila… E ci sono pure quelli che li giustificano
Il pietoso ufficio del “seppellimento dei morti”, dei migranti “morti per acqua”, “ha sollevato polemiche e destato non poche perplessità”. Tra gli interventi mi ha colpito il colto e ingenuo articolo di Corrado Augias su la Repubblica. Augias, dopo avere confutato elegantemente le posizioni opposte alla sua, conclude sostenendo la ragionevolezza umana dell’intervento, indipendentemente dai costi.
Il tema dei costi invece è dirimente. Ma dove vive, caro Augias? Ha dimenticato le risate dei tanti bastardi alla notizia del terremoto dell’Aquila? Non sa che un altro pietoso ufficio, il soccorso e l’accoglienza dei migranti, è stata trasformata da tanti miserabili in una laida opportunità di arricchimento? Non gli viene il dubbio su un’operazione di cui nessuno degli organi di stampa ha dato notizia prima, ovvero sul perché, sul come era stata organizzata, sui suoi costi prevedibili, sulle modalità della scelta del contraente appaltatore?
Riflettiamo, dottor Augias, e riflettiamo tutti su questo: che cosa avremmo potuto dire se ci avessero detto che il costo era stato di 20 milioni di Euro? O di cinque? Nulla, ovviamente.
“Sono lavori di merito, i migliori e i più remunerativi, in tutti i sensi”. Anche i più cinici in occasioni come queste si mettono a parlare di fratelli e sorelle, manco fossero il Papa
Un tetto tranquillo, per dirla con Paul Valéry, ricoverava una tragedia irredimibile. Dove erano occhi, erano ormai perle, per dirla con Shakespeare. Una pace immobile, un nuovo regno aveva accolto le miserevoli vite di chi muore, e la miseria morale di chi lo ha consentito.
“Cessate di uccidere i morti”, direbbe Ungaretti, “non gridate più”. Che cosa avrebbe potuto dire Antigone se suo fratello fosse morto in mare e non giacesse insepolto in una strada di Tebe, “di cani e di augelli orrido pasto?”. Nulla.
In casi come quello di Antigone non discuto sul diritto dei morti ad avere una sepoltura. Però ricordiamo sempre che se nessuno si ricorda di noi e dei nostri casi e ne trae ammonimenti, allora: “All’ombra dei cipressi e dentro l’urne confortate di pianto qual fia ristoro ai di perduti un sasso che l’ossa mia distingua dall’infinite ossa che in terra e in mar semina morte?”.