Una chiacchierata sui risultarti elettorali con il vice presidente dell’ANCI Sicilia, Paolo Amenta, ci offre l’occasione per riflettere sugli effetti che il terremoto politico potrebbe sortire in Sicilia. Amenta arriva a una conclusione: l’attuale presidente della Regione non controlla più la ‘macchina’ regionale. E dopo la sconfitta del PD di Renzi la controllerà sempre di meno. E allora? Meglio che si dimetta
Cosa troveranno i sindaci dei Comuni siciliani appena eletti?
Poniamo la domanda a Paolo Amenta, vice presidente dell’ANCI Sicilia e sindaco di Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa.
“E che debbono trovare? – ci risponde Amenta -. Problemi non risolti. Intanto troveranno i Comuni senza bilanci. A Giugno, a metà Giugno quasi tutti i Comuni della nostra Isola non hanno ancora approvato i bilanci di previsione del 2016. A causa di una crisi finanziaria provocato dallo Stato e dalla Regione. Uno scenario incredibile e tragico. Poi troveranno il problema dei rifiuti. Con una Sicilia che opera ancora con le discariche. Una follia. E ancora la questione idrica. Quindi l’agricoltura in crisi. E poi la programmazione in tilt”.
Ovvero?
“Il riferimento è alla programmazione dei fondi comunitari 2014-2020. Siamo nel 2016 e ancora non è stato speso nemmeno un Euro”.
Però i dirigenti del PD ne parlano: girano per la Sicilia e raccontano di questi mirabolanti fondi europei…
“Che se ne parli è un bene. Ma il problema, lo ripeto, è che sono ancora intonsi. L’utilizzazione di questi fondi, in un momento di crisi spaventosa, avrebbe potuto essere una risposta importante. Invece non solo le ‘casse’ della Regione sono vuote, se è vero che Roma lo svuota, ma non riusciamo a utilizzare nemmeno i fondi europei. Io penso che a questo punto il presidente della Regione, Rosario Crocetta, dovrebbe avviare una riflessione con se stesso prima che con gli esponenti delle forze politiche che lo sostengono”.
In che senso?
“Dovrebbe prendere atto che non controlla più la ‘macchina’. Non controlla la situazione finanziaria della Regione, non controlla la gestione dei rifiuti, non controlla la gestione dell’acqua, non controlla la gestione dei fondi europei. Ecco, io penso che, di fronte a questo scenario, che è sotto gli occhi di tutti, Crocetta dovrebbe lasciare il campo”.
Si dovrebbe dimettere?
“Sì, si dovrebbe dimettere. In democrazia è così. Quando chi governa la cosa pubblica non controlla più la ‘macchina’ che sta guidando, beh, dovrebbe lasciare. Con molta probabilità, molti dei problemi con i quali il presidente Crocetta si deve confrontare non dipendono solo da lui. Ma questo, ormai, ha poca importanza, perché il vero problema è che la Sicilia, che piaccia o no agli attuali governanti della Regione, sta andando a sbattere. Insistere su questa strada sarebbe un grave errore”.
Lei pensa veramente che i vari Crocetta, Raciti, Cracolici molleranno l’osso?
“Io penso un’altra cosa. Penso alle tantissime famiglie della Sicilia che non ce la fanno più, che non arrivano a fine mese. Noi sindaci dei Comuni siciliani, rispetto a chi fa politica a Roma o in Assemblea regionale siciliana, viviamo e osserviamo la realtà da un’angolazione diversa. Ci confrontiamo giornalmente con chi non ha un lavoro: e non lavorare significa perdita della dignità. Ci confrontiamo con i drammi sociali che premono dal basso”.
La politica nazionale e regionale ha contezza della crisi che c’è nei territori della nostra Isola?
“Qualcuno sì. Ma fa finta di non accorgersene. Non gli conviene parlarne. Intanto la Sicilia scivola verso il basso”.
Come commenta i risultati elettorali?
“E’ uno schiaffo a Renzi e alla sua linea politica. Il PD perde in tre città simbolo: Torino, simbolo del Nord; Roma, che è la Capitale italiana; e perde a Napoli, nel Mezzogiorno. Nord, Centro e Sud, oggi, esprimono dissenso verso il Governo Renzi. Nel Meridione, poi, lo scenario, per l’attuale Presidente del Consiglio, è ancora più grave. Perché questo Governo nazionale, di fatto, ha abbandonato 21 milioni di persone, cioè tutti gli abitanti del Mezzogiorno”.
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