La delibera che prevede una contestatissima variante urbanistica che risale agli anni in cui era sindaco Diego Cammarata è stata riesumata dalla Giunta di Leoluca Orlando e approvata in Consiglio comunale dalla solita maggioranza approva-tutto. L’opposizione del PD. L’attacco di Orazio La Corte al Sindaco e alla sua Giunta. La richiesta di parere alla Segreteria generale del Comune che rischia di ‘inguaiare’ l’alta burocrazia comunale (richiesta di parere che noi pubblichiamo per intero)
Sta scatenando un putiferio l’approvazione, da parte del Consiglio comunale di Palermo, di una variante urbanistica che risale agli anni in cui sindaco della città era Diego Cammarata. Provvedimento amministrativo sempre contestato. Ed è anche logico: una colata di cemento dalle parti dell’ospedale ‘Cervello’, tra il quartiere di Cruillas e le colline che sovrastano la Circonvallazione, con un nuovo centro commerciale (ma non ce n’è già un po’ troppi nel capoluogo dell’Isola?), non è cosa di tutti i giorni.
Il passato Consiglio comunale aveva accantonato un provvedimento, lo ribadiamo, contestatissimo. Ma l’attuale maggioranza del Consiglio comunale – per intendersi, i consiglieri comunali che hanno provato a ‘regalare’ ai palermitani le ZTL ‘pirandelliane’ bloccate dai giudici del TAR Sicilia – ha forzato i tempi. E (come abbiamo già raccontato in questo articolo) ha deciso di andare avanti.
Così Sala delle Lapidi – la sede del Consiglio comunale di Palermo – è preda del caos. Polemiche al vetriolo sulla variante urbanistica di via Trabucco che non risparmiano i vertici burocratici del Comune retto da Leoluca Orlando, chiamati in causa dalla richiesta di parere formulata dalla vice presidente del Consiglio comunale, Nadia Spallitta.
Duro il commento del consigliere comunale del PD, Sandro Leonardi:
“Il Consiglio comunale, con il voto contrario del Partito Democratico, ha approvato il così detto Piano Trabucco, che prevede anche la possibile nascita dell’ennesimo supermercato a Palermo. Una scelta scellerata che mostra chiaramente da quale parte stia l’amministrazione Orlando, a favore della grande distribuzione e contro i piccoli commercianti e i residenti. Con questa variante avremo una commistione fra edilizia residenziale e attività industriali, anche perché il Comune non sa di preciso se le case presenti, che non sono poche, siano autorizzate o meno”.
va giù duro anche il consigliere comunale di Leva Democratica, Orazio La Corte:
“La Giunta Orlando in continuità con quella Cammarata. Lo dimostrano alcuni degli atti. Su tutti il piano particolareggiato di via Trabucco portato a Sala delle Lapidi”.
“Una prassi che va avanti dall’inizio della sindacatura Orlando – prosegue La Corte -. Il programma elettorale del sindaco Orlando non prevedeva l’apertura di nuovi centri commerciali, che tra l’altro penalizzano i negozi di quartiere. Così non si fa altro che ingannare gli elettori, che in massa hanno votato Orlando e in generale tutti i palermitani. La volontà di andare avanti sul piano Trabucco, ma anche sul cimitero di Ciaculli – conclude il consigliere di Leva Democratica – è la conferma che questa amministrazione comunale agisce in continuità con quella precedente, dando seguito a interessi politici cari al centrodestra”.
Nadia Spallitta, vice presidente vicaria del Consiglio comunale, altra esponente del PD, ha presentato alla Segreteria generale del Comune una richiesta di parere. Una mossa abile, perché se in questo atto ci sono criticità – o illegittimità – i più alti burocrati del Comune (che non ci mettono solo la faccia, ma anche altre ‘responsabilità’) saranno adesso costretti a venire allo scoperto.
Pubblichiamo di seguito la richiesta di parere di Nadia Spallitta:
“Premesso che con deliberazione di C.C. n° 290 del 27 giugno 2013 è stato adottato il Piano Particolareggiato zona D2 denominato “Trabucco”, si rappresenta quanto segue:
La scrivente ha presentato numerose interrogazioni, solo parzialmente esitate dagli uffici competenti, contestando, tra l’altro, la procedura seguita, trattandosi in realtà di una variante urbanistica in quanto i lotti previsti del progetto di piano particolareggiato erano in difformità dalle NTA, che per le zone D2 prescrivono lotti minimi di mq 3.000.
Nel corso delle successive interrogazioni, inoltre, si chiedevano chiarimenti in relazione alla presenza di costruzioni, presumibilmente abusive, destinate ad uso abitativo e sulla compatibilità dell’uso residenziale del territorio con il contestuale uso commerciale o industriale.
A distanza di circa tre anni, viene presentata una proposta di deliberazione consiliare avente ad oggetto: “Deduzione delle Opposizioni ed Osservazioni avverso la deliberazione di Consiglio Comunale n. 290 del 27.06.2013 di “Adozione del Piano particolareggiato zona D2 denominato via Trabucco”, i cui contenuti contrastano, tra l’altro, con le risposte, sia pure parziali, fornite alle interrogazioni, con le quale in primo luogo si accoglie il principio che si sia in presenza di una variante urbanistica.
In particolare recita la proposta di delibera sopra indicata, agli atti del Consiglio, che si adotta la procedura in variante “al fine di assicurare, senza ombra di dubbio, la legittimità del provvedimento di approvazione del P.P. , si propone di ricorrere al punto b) del comma 7 dell’art. 12 della L.R. 71/78, […]”.
Ciò premesso, si sottopone il seguente quesito:
1) Dal momento che si ammette che si tratta di una variante urbanistica e che la stessa deve essere approvata con la procedura di cui all’art.12 della L.R. 71 del 1978 e ss.mm.ii., si chiede di conoscere se non debba essere revocata la delibera n. 290 del 2013 che invece affermava che il piano particolareggiato Trabucco fosse esecutivo del PRG, e non già in variante, e riattivare l’intera procedura anche ai fini dell’acquisizione, corretta, di tutti i preventivi pareri di legge, ivi compresa la VAS/VIA, la cui acquisizione ai sensi del D.lvo 152/2006 è preventiva e, soprattutto, ai fini della ripubblicazione di un atto corretto, rappresentando che le osservazioni e deduzioni pervengono in relazione ad una delibera che la stessa Amministrazione considera, nella sostanza, erronea.
Tra l’altro, si pone il problema di garantire un procedimento lineare e trasparente mettendo tutti i soggetti interessati di conoscerlo nella sua stesura corretta ed in condizione quindi di intervenire.
Da ultimo, se si è in presenza di una variante non è ben chiaro come si possa ipotizzare l’adozione di una delibera non in variante, ma l’adozione di una delibera sulle osservazioni, che le accoglie, in merito alla effettiva portata e natura giuridica del provvedimento, tanto da suggerire l’applicazione dell’art. 12 comma 7, lettera b) della L.R. 71/78, senza, tuttavia, essere consequenziali revocando l’atto per ripresentarlo emendato dei vizi.
Sul punto, la mancata adozione dei provvedimenti in autotutela, alla luce della contraddittorietà del comportamento tenuto dall’Amministrazione, potrebbe determinare il rischio di contenziosi che vedono soccombente l’Amministrazione con conseguente danno all’erario.
In sintesi, si chiede di conoscere se possa l’Amministrazione procedere con il suo iter amministrativo lasciando pienamente vigente ed operante la delibera 290/2013 che contrasta con la successiva proposta di delibera di parziale accoglimento di osservazioni e deduzioni.
Con riferimento alla presenza di edilizia residenziale, nel corpo della delibera, viene affermato che la stessa non implica conflitto con le modalità di attuazione delle zone D2.
Tuttavia, secondo l’art.13 NTA, comma 1, le funzioni promiscue sono previste esclusivamente per le zone D1. Inoltre, il comma 4 dello stesso articolo afferma che “la destinazione d’uso residenziale è ammessa limitatamente alle esigenze di sorveglianza degli impianti ed alle necessità connesse ai servizi pubblici essenziali”.
Dall’analisi del predetto articolo emerge con evidenza che in realtà la destinazione D2, che riguarda l’utilizzo esclusivamente commerciale o industriale di un’area, è incompatibile con altre funzioni.
Correttamente, del resto, la stessa Amministrazione, in riscontro all’interrogazione ns. prot. 79 del 23/02/2015, circa la compatibilità dell’uso residenziale, rispondeva che la destinazione D2 era incompatibile con le residenze. In particolare, con nota dell’Ufficio Pianificazione Urbana e Territoriale “U.O.2 -Formazione strumenti urbanistici- prot. n. 181221 del 05/03/2015 veniva affermato che: “Relativamente alle zone D2, per nuovi impianti, le NTA non contemplano, però, funzioni residenziali, eccettuato il soddisfacimento delle esigenze di “sorveglianza e custodia degli impianti”. Dalla semplice lettura delle norme, pertanto, sembrerebbe discendere una incompatibilità della funzione residenziale con la destinazione di zona D2”. Tale affermazione derivava anche dall’analisi delle destinazioni indicate dall’art. 13 citato che, per le D1 prevedeva anche una funzione promiscua, esclusa invece per le zone D2.
La questione non è indifferente in quanto nelle zone D2, che nel piano di zonizzazione acustica sono indicate come aree esclusivamente industriali, sono consentite emissioni acustiche (suoni e rumori) vietate nelle zone residenziali, in quanto lesive della salute degli abitanti e limitative della qualità della vita; in altri termini, si tratta di disposizioni oggettivamente incompatibili.
Ciò premesso si sottopone il seguente quesito:
2) Alla luce di quanto esposto e considerando la contraddittorietà delle affermazioni provenienti dalla stessa Amministrazione, valutata l’incidenza che le scelte possono avere anche sulla salute dei cittadini, si chiede di conoscere se le zone D2 siano compatibili con le funzioni residenziali.
Dall’analisi della proposta di delibera emerge che si sono rilevati nove immobili residenziali – considerando che i lotti sono nove, l’intero territorio appare sostanzialmente edificato ed, in ogni caso, i lotti con abitazioni si intercalerebbero con i lotti liberi.
La principale criticità riguarda la circostanza che, ad oggi, non si ha contezza se le costruzioni (dichiarate tutte in contrasto con lo strumento urbanistico) siano oggetto di istanza di sanatoria, siano sanabili o siano state sanate. E, nonostante questa incertezza, si procede, tuttavia, con espropriazioni parziali di lotti (con impegno del valore di taluni milioni di euro a carico dell’Amministrazione), lotti che, forse, dovrebbero essere invece oggetto di provvedimenti restrittivi e sanzionatori, ordinanze di demolizione o di confisca.
Nel corpo della delibera n. 290/2013, inoltre, si afferma che le urbanizzazioni primarie sono state parametrate all’intero territorio, pari a mq 43.870, e che i conseguenti costi, che gravano sull’Amministrazione comunale, (stimati nel 2013 per un importo pari a circa 3.300.000 euro), sono riferiti ad opere a servizio dell’intero territorio pianificato. Orbene, considerando che, invece, solo pochi lotti sono attualmente liberi ed effettivamente allo stato utilizzabili per nuovi insediamenti produttivi, si chiede di conoscere:
3) a) Se sia corretto procedere con onerose espropriazioni e onerosi interventi per realizzare impianti, strade, servizi, destinati, sulla carta, ad insediamenti produttivi su 44.000 mq circa, ma in concreto, effettivamente fruibili da una parte assolutamente limitata del territorio, già occupato da residenze per la restante parte, e se, in particolare, questa procedura di valore milionario, possa risolversi in un ingiustificato danno all’erario o peggio ancora se, di fatto a spese dell’Amministrazione, si realizzino urbanizzazioni, strade, parcheggi, verde a servizio di ditte private, peraltro, probabilmente, abusive.
3) b) Se sia corretto procedere con onerose espropriazioni o con la realizzazione di servizi in relazione ad immobili che potrebbero risultare oggetto di interventi abusivi non sanabili, e se questo non possa comportare un grave danno all’erario.
Dall’analisi della proposta di delibera emerge che sull’area insistono numerose costruzioni, alcune con uso residenziale, altre con altre destinazioni. Dall’analisi delle tavole emerge, altresì, che in relazione ad alcuni di questi immobili l’Amministrazione non è in grado di reperire alcuna indicazione. Più precisamente, su 18 interventi edilizi che insistono sull’area, per circa 10 interventi l’Amministrazione è sprovvista di idonea documentazione, per cui non si conosce con esattezza la situazione giuridica delle costruzioni e non si sa se gli stessi debbano essere oggetto di espropriazione o provvedimenti sanzionatori di tipo ablativo o altro. Orbene dal momento che si è in presenza del Piano particolareggiato, e quindi in una fase attuativa del PRG e dal momento che il predetto Piano nulla prevede, salvo a descrivere lo stato di fatto, e nulla decide in relazione ad una decina di costruzioni delle quali non si rinviene alcuna documentazione utile, ciò premesso si chiede di conoscere:
4) a) Se non debba essere questa la sede deliberativa per pianificare il territorio e se quindi il Piano particolareggiato non debba adottare apposite e specifiche misure, lotto per lotto, interventi e procedure relative a tutti gli immobili insistenti su questa parte di territorio, ed in particolar modo in relazione agli edifici sprovvisti di identificazione e di elementi di valutazione giuridica e tecnica, ivi compresa ad es. la procedura espropriativa.
4) b) In mancanza, quale debba essere la diversa sede di programmazione relativa ai predetti immobili classificati dall’Amministrazione come sprovvisti di elementi di valutazione.
4) c) Se sia legittima l’adozione di un Piano particolareggiato al cui interno ricadano immobili dei quali l’Amministrazione espressamente dichiara come risultanti sprovvisti di dati di riferimento e che pertanto potrebbero essere abusivi ed insanabili.
4) d) Quali responsabilità potrebbero gravare sul Consiglio Comunale nel caso di accertata insanabilità degli immobili laddove l’atto possa determinare una sia pure indiretta posizione di vantaggiosità per gli stessi immobili.
Dall’analisi della proposta e della deliberazione n.209/2013 emerge che la maggior parte dei lotti non risponde alle prescrizioni tecniche di cui all’art.15 delle NTA e quindi, più precisamente, non sembra rispondente ai seguenti criteri:
Art. 14, comma 3 delle NTA:
“Gli interventi di nuova edificazione negli eventuali lotti liberi, e/o di ampliamento dei manufatti esistenti, saranno regolati dai seguenti parametri:
a) lotto minimo 3.000 mq.;
b) rapporto di copertura non superiore al 40%;
c) altezza massima ml. 10; quest’ultimo parametro può essere derogato in rapporto a specifiche
esigenze di produzione.
d) indice di piantumazione 20%
e) distacchi minimi dai confini ml.5
f) distacco dal filo stradale ml. 15 .
Invero si è in presenza di lotti disomogenei diverse grandezze. Tali delimitazioni sono state motivate con la necessità di salvaguardare le proprietà esistenti, risposta che sembra contrastare con la destinazione urbanistica e con gli obiettivi tipici delle zone D2.
La superiore circostanza, unitamente al fatto che parte dei lotti hanno un uso residenziale, di fatto, comporta una deroga allo stesso al DM 1444/1968 che impone, invece, per ogni zona, limiti inderogabili.
In particolare, le prescrizioni che riguardano le zone residenziali sono diverse rispetto a quelle relative alle zone D, disciplinate dall’art. 5 del citato D.M. Per cui, nella sostanza, in parte vengono violate le prescrizioni degli artt. 1 e ss. del D.M. 1444/1968, riferite alle aree residenziali, in parte quelle di cui al citato articolo 5. Sul punto si chiede di conoscere:
5) a) Se e come nei lotti edificati con edilizia residenziale, ma che formalmente abbiano destinazione D2, secondo il piano particolareggiato in itinere, i residenti debbano garantire spazi pubblici da destinare ad attività collettive, a verde pubblico e a parcheggi, e quale sia la disposizione del Piano che imponga questi interventi ai proprietari di abitazioni. Diversamente, quali siano le norme applicabili ai lotti con funzioni residenziali, e tuttavia, classificati come D2, anche alla luce dell’articolo 3 del D.M. che impone, per gli insediamenti residenziali, aree da destinare: all’istruzione, alle attrezzature comuni, a spazi pubblici per verde, sport e parcheggi. Inoltre, in mancanza all’interno di questo Piano di servizi per gli insediamenti residenziali, se sia possibile derogare all’art. 3 del D.M. e quindi consentire, anche sottoforma di presa d’atto, l’esistenza di insediamenti residenziali, senza tuttavia, contestualmente, dotarli delle urbanizzazioni di cui al D.M. 1444/68. E, in questo Piano dove possano rinvenirsi le relative prescrizioni riferite alle funzioni residenziali asserite come compatibili.
5) b) Considerando che il D.M. 1444 impone precisi rapporti tra insediamento ed aree da cedere alla collettività, si chiede di conoscere in presenza di lotti di 400, 600, 1000 metri, se e come possano essere rispettati i parametri del citato articolo 5.
Si rimane in attesa di cortese e sollecito riscontro anche in considerazione che la delibera è in corso di approvazione.