Cominciamo con Monica Modica il nostro viaggio tra le opinioni sull’Autonomia Siciliana che il prossimo 15 Maggio festeggerà 70 anni. Vogliamo conoscere il vostro pensiero al riguardo, non solo quello degli studiosi (né tantomeno quello dei politici). Vi invitiamo, pertanto, a partecipare
Come la pensiamo noi, lo sapete. L’Autonomia Siciliana- tanto vituperata dalla propaganda di regime- è rimasta sulla carta. Il suo cuore- costituito dagli articoli finanziari 36-37-38 dello Statuto- ha smesso di battere subito dopo la sua nascita. Non si tratta, però, di morte naturale, ma di ‘infanticidio’. Lo Stato non ha rispettato il patto con la Sicilia grazie anche ad una classe politica siciliana di ascari (ricordiamo che l’Autonomia viene pattuita con la Sicilia che in cambio ha rinunciato al suo sogno indipendentista), il risultato è sotto gli occhi di tutti: da regione potenzialmente ricca a colonia di infima categoria. Lo abbiamo detto in tanti articoli e altri ve ne riproporremo in questi giorni, da qui al 15 Maggio giorno in cui si ‘celebra’ il 70esimo anniversario dell’Autonomia che non c’è.
Ma, a noi interessa conoscere la vostra opinione. Qualunque essa sia. Per questo da oggi cominceremo a pubblicare le vostre riflessioni (lunghe o corte che siano e di qualsiasi tono) e, alla fine, tireremo insieme le somme. Se volete partecipare inviate un vostro post a inuovivespri@gmail.com
Intanto, cominciamo con Monica Modica, classe 1965:
“Festeggiare l’Autonomia Siciliana? Autonomi da chi? All’indomani dello sbarco degli Americani del luglio 1943, quasi subito si prospettò l’idea che la Sicilia divenisse uno Stato federato agli Stati Uniti d’America. Oggi siamo di fatto una colonia Americana. L’Autonomia Siciliana, con il suo Statuto speciale, nacque da un accordo fra lo Stato Italiano e la Sicilia (art. 116 della Costituzione Italiana). Lo Statuto doveva essere uno strumento di garanzia per il popolo siciliano, ma come tutti gli strumenti utili, dati in mano a lestofanti, diventano armi letali. Un coltello serve a tagliare il pane, se un malfattore lo usa come arma non serve abolire l’uso dei coltelli per evitare omicidi, ma bisogna mettere in galera l’assassino. Festeggiare l’Autonomia Siciliana per me sarà possibile quando al governo ci saranno uomini e donne liberi, indipendenti e disposti a lavorare per il bene della Sicilia per amore e non per interesse personale. AN. TU. DO.”.
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La vedo come la vedono tutti: un fallimento. Quell'Autonomia che doveva servire per garantire il benessere del popolo siciliano, ha garantito solamente il benessere di una classe dirigente privilegiata e corrotta. Quella classe dirigente che nell'Autonomia, agli albori di quel 1946, vide come una "palla da prendere subito al balzo", una ghiotta occasione per mettere su poltrone e privilegi elevati, mettendo a sua volta da parte i cittadini costretti da sempre a migrare all'estero o nel nord Italia.
Mi ha sempre dato da pensare che i deputati dell'assemblea regionale abbiano la stessa retribuzione dei senatori che sono pagati meglio dei deputati. Così che una delle regioni più povera d'Italia ha i suoi onorevoli pagati al meglio della categoria dei politici. Se questo fatto avesse generato dei progressi per la Sicilia lo si sarebbe potuto anche accettare. Ma la situazione è deprimente. Non c'è un solo settore di cui i Siciliani possono vantarsi. Siamo sempre agli ultimi posti delle classiche nazionali (es. Sole 24 ore) per le cose positive e ai primi per quelle negative. Una cosa dove primeggiamo è la bontà del clima, dove abbiamo la più bassa differenza tra caldo e freddo durante l'anno. Cosa che è un regalo della natura e che non dipende dai Siciliani. Spesso mi viene di fare un paragone con il Veneto che subito dopo la guerra aveva una situazione socioeconomica non dissimile dalla Sicilia e che è diventato la locomotiva d'Italia.