Tu chiamale se vuoi (e)mozioni: così Crocetta tradì la Sicilia

Condividi

Ricostruiamo – sotto il profilo amministrativo – il ‘Patto scellerato’ siglato tra il Governo nazionale (Renzi e il Ministro dell’Economia, Padoan) e il presidente della Regione siciliana nel Giugno del 2014. Quando il nostro governatore ha rinunciato, a nome di 5 milioni di Siciliani, a circa 5 miliardi di Euro frutto di pronunciamenti della Corte Costituzionale favorevoli alla Sicilia. Oggi, per, Rosario da Gela, dovrà fare marcia indietro grazie a una mozione approvata dall’Assemblea regionale siciliana. Così, almeno, dovrebbero andare le cose

 

Volete una prova per così dire, burocratica, della schiavitù politica in cui è stata ridotta la Regione dal governo Renzi, grazie alla svisceratezza servile di Rosario Crocetta e dell’intero PD?

Eccola.

In data 6 Giugno 2014 il Ministro dell’Economia trasmette alla Presidenza della Regione il testo dell’accordo Stato-Regione sulla rinuncia ai ricorsi della Regione in materia finanziaria.

Che cosa significa?

Dovete sapere, care lettrici e cari lettori, che lo Stato, che incassa per conto nostro (per la nostra incapacità di fare da sé) i soldi delle imposte pagate da chi produce reddito in Sicilia, persone, fisiche e/o giuridiche, adotta ogni sistema lecito e illecito, tra l’arrogante, il prepotente e il mafioso per trattenersene quanti più può.

La Regione è costretta a fare ricorso alla Corte Costituzionale (i funzionari la costringono, ovviamente, fosse per gli assessori, ciccia!), ricorsi  che quasi sempre danno ragione alla Sicilia e  obbligano lo Stato a  darceli.

Ma anche qui lo Stato resiste, e resiste e fino a quando non invaderemo l’Italia … (scherzo  ovviamente… ), sarà così.

I ricorsi dicevo. Per scongiurare l’ipotesi assai concreta che lo Stato sia costretto a ridarci i nostri soldi il rugoso e bleso ministro Padoan, sì, quello della ripresa dell’Italia e dell’occupazione soprattutto al Sud, ha fatto a Crocetta questo ragionamento:

“Finiamola con questa manfrina, questa guerra deve finire (e si grattava il mento, mentre accarezzava il gatto), ascolta a me, io ti do il certo per l’incerto. Facciamo un accordo (altra grattatina al gatto). Io ti faccio avere una cifra forfettaria, della serie pochi maledetti e subito e tu rinunci ai ricorsi alla Corte Costituzionale, e siamo contenti tutti. Ti piace?”.

Il nostro trucido, al grido “Beddu è, beddu è”, si è detto disponibile (e quando mai …).

La nota che accompagna l’accordo, già firmato dal Ministro (della serie, o così o pomì), viene protocollata presso l’ufficio di gabinetto di Palazzo d’Orleans al suo arrivo, il successivo 9  giugno.

La Presidenza della Regione, sempre l’ufficio gabinetto, con lettera di accompagnamento recante  la stessa data del 9, ritrasmette l’accordo controfirmato da Crocetta.

La lettera dunque parte con protocollo  dell’ufficio di gabinetto, il quale, si sa, è un ufficio di collaborazione politica del Presidente e a cui è inibita, per giurisprudenza consolidata della Corte dei Conti, sezione del Controllo, la trattazione di affari amministrativi.

Qualunque atto compiuto in dispregio di questa regola sarebbe viziato di incompetenza, quindi illegittimo.

E’ il nostro caso. L’affare, ovviamente di natura amministrativa, non viene portato a conoscenza di nessun ramo dell’Amministrazione, a chi cioè avrebbe la responsabilità e la competenza  di apprezzarne il significato, e valutarne gli  effetti e le conseguenze, primi di tutti  l’assessorato dell’Economia, dipartimento finanze, e, per la parte giuridica e procedimentale, l’ufficio Legislativo e Legale.

Perché? E’ una bella domanda!

Crocetta, più che un Presidente della Regione siciliana, pensoso dei veri interessi della Sicilia, si è comportato da quinta colonna, da infiltrato del Ministero all’Interno della Regione. Ha fatto tutto da solo, servendosi del suo ufficio politico, che si è prestato senza capire quello che faceva. 

E così il Presidente eletto dal popolo (dice lui), in perfetta solitudine, contravvenendo ai suoi doveri istituzionali, svende le sacrosante ragioni della sua terra per un piatto di lenticchie, assumendosi, lui irresponsabile (lo dice Davide Faraone!), una gravissima responsabilità.

Nel giro di qualche ora un documento di portata enorme viene controfirmato senza subire da parte della Regione una ancorché leggera modifica, senza una delibazione amministrativa e soprattutto senza il necessario e doveroso passaggio politico e istituzionale.

Ecco come un Presidente della Regione diventa un semplice passacarte. Siamo in mano a nessuno, e questo è intollerabile.

Adesso, però, lo scenario è cambiato. Ai Siciliani che sono stati tenuti all’oscuro dai giornali  salariati dell’accordo scellerato sottoscritto a suo tempo da Crocetta, comunichiamo (non sanno ovviamente nemmeno questo!) che il Parlamento regionale, giorni fa, ha approvato, dopo aver censurato il comportamento di Crocetta – denunziandolo per grave violazione dello Statuto, il che basterebbe per mandarlo subito a casa – una mozione che impegna Crocetta stesso a disdettare  quell’accordo con il Governo Renzi.

Un sussulto di dignità, si potrebbe dire. Ma forse è fuoco amico sulla Croce Rossa

A noi siciliani spetta il dovere e il diritto di vigilare a che Crocetta onori ed esegua la volontà del Parlamento siciliano. Che dunque “immediatamente” (così impone la mozione, e immediatamente significa una cosa sola) compia gli atti  impostigli dall’Assemblea regionale siciliana e comunichi subito a Roma la disdetta dell’accordo capestro.

Se proprio non ce la fa, rassegni le dimissioni.

Vi terremo informati.

Visualizza commenti

  • Ci vuole dire che il presidente neanche ci ha provato a contrattare la resa? Arriva un foglio preparato dalla controparte , una transazione in pratica, e viene da lui firmata come un contratto per adesione? Boh...pazzia.
    Ma se per qualsiasi atto transattivo- valore non paragonabile a quello in discorso- ci vuole il parere obbligatorio dell'avvocatura dello stato... ma che ci fu circonvenzione di incapace? E tutti quei sapientoni/e di palazzo d'Orleans ? Muti?

  • . . . ed io che credevo che il 1° maggio fosse la festa della "grande scampagnata", mi accorgo a 50 anni che è la festa dei lavoratori, proprio ora che ho perso il lavoro . . . tante cose ora mi sono più chiare.
    Ora sono sveglio
    ora son desto
    ora odo le note di una tragedia
    l'invito all'unità
    alla fratellanza
    alla coerenza nel celebrare la memoria
    perché i morti non restino morti
    ma bandiere bianche imbrattate di sangue su prati sempre verdi
    non stracci issati su pubblici palazzi
    Ora son desto
    odo la voce dei morti
    quei morti che ci hanno liberato dall'invasore
    quei morti che hanno fatto grandi cose per questo paese
    quei morti che gridano di non essere morti invano
    quei morti che ci indicano principi e idee che non hanno tempo
    e che l'usurpatore non sempre è uno straniero

    "stringiamoci in un unico corpo"
    l’Italia chiamò

  • tralasciamo gli aulici versi e gli stupiti atti di indignazione, la svendita dei nostri diritti di siciliani erano ben noti alla politica siciliana ai nostri deputati che se ne sono catafottuti pur di approvare il bilancio dell'epoca. ma all'epoca non c'erano sussulti rigurgitanti nei confronti del crocetta paladino dell'antimafia sempre sulla carta ovviamente e la notizia passò sottotraccia. adesso, suppongo che anche roma si è stancato del pulcinella di turno e lo si voglia scaricare, ma dal fuoco amico senza sporcarsi le mani e dire che poi che l'accordo per roma è valido e la colpa ricadrà sulla miopia dei nostri politici e ascari del parlamento che forse non sono stati ben informati della serie anelletti e sucu e finiu u vattiu.... come al solito la prenderemo noi nel ....... e i ns politici ascarioti canteranno probabilmente "che colpa abbiamo noi...."

  • Io sono convinto che quell'accordo non ha nessuna
    validità legale, anzi, mi pare solo strampalato, un vero
    abuso ai danni dei siciliani, sono convito anche che la
    Corte dei Conti regionale ci dovrebbe mettere le mani
    al più presto e non solo la Corte dei Conti.

Pubblicato da