L’Assemblea territoriale dei sindaci della provincia di Agrigento non è riuscita ad eleggere il presidente dell’Ambito Territoriale Idrico. In altre parole, la votazione tra chi vuole l’acqua pubblica e chi tresca con Renzi (quindi per la gestione privata del servizio idrico) è finita in parità. Domanda: ma a che serve riunificare la gestione idrica della provincia agrigentina se prima non si fa chiarezza sugli obiettivi? Non è un errore fidarsi dei renziani che hanno ormai venduto l’anima al diavolo?
Nei giorni scorsi abbiamo raccontato come in provincia di Agrigento, alla faccia del Governo Renzi che, in barba al referendum del 2011, vorrebbe affidare la gestione dell’acqua ai privati, è in corso un esperienza politica unica in Italia: tornare alla gestione pubblica del servizio idrico
(come di abbiamo raccontato qui).
Due giorni fa – come ha raccontato in questo articolo il sito di Forza del popolo (articolo che potete leggere qui) – si è riunita l’Assemblea territoriale dei sindaci della provincia di Agrigento. Riunione convocata per approvare lo statuto e per eleggere il presidente dell’Ambito Territoriale Idrico.
Lo Statuto è stato approvato (e, detto per inciso, è diverso da quello che avrebbero voluto i renziani del PD siciliano, con in testa l’assessore regionale, Vania Contraffatto).
Ma l’assemblea non è riuscita a eleggere il nuovo presidente.
Ad Agrigento – come avvenuto in qualche altra parte della Sicilia – 17 Comuni su 43 Comuni di questa provincia si sono rifiutati di cedere ai privati le reti e, in generale le infrastrutture idriche.
La cessione delle infrastrutture idriche ai privati – dighe, acquedotti e reti – è il risultato di una legge nazionale demenziale voluta nei primi anni del 2000 dal Governo nazionale retto allora da Berlusconi.
In Sicilia questa legge è stata applicata con la costituzione di una società – Sicilacque (dove la Regione ha una partecipazione minoritaria) – che si occupa del sovrambito (in pratica, vede ai Siciliani l’acqua che è già dei Siciliani: che politici intelligenti, no?) e con l’arrivo dei privati.
Ad Agrigento i privati sono stati e sono ancora oggi rappresentati da Girgenti Acque, una società che ne ha combinate di tutti i colori.
Il risultato è che in 17 Comuni dell’Agrigentino l’acqua è stata gestita dai Comuni, mentre negli altri 27 Comuni il servizio idrico è stato gestito da Girgenti Acque.
Dove hanno gestito i Comuni il servizio ha funzionato e le bollette non hanno penalizzato i cittadini.
Dove ha gestito Girgenti Acque le bollette sono state ‘salate’, il servizio ha scatenato aspre polemiche, i cittadini sono furenti e c’è anche un’inchiesta della magistratura.
E soprattutto – là dove ha gestito Girgenti Acque – i depuratori non hanno funzionato, tant’è vero che sette depuratori gestiti da queste società, più un pennello a mare sono stati posti sotto sequestro dalla magistratura (per completezza d’informazione, i magistrati hanno sequestrato anche il depuratore di Palma di Montechiaro, Comune che non ha consegnato le reti a Girgenti Acque).
Nella riunione di Martedì scorso i sindaci dei 43 Comuni dell’Agrigentino avrebbero dovuto decidere cosa fare. Il condizionale è d’obbligo, perché la stessa riunione di due giorni fa non ha chiarito bene come stanno le cose.
Non si capisce, insomma, se i sindaci che hanno consegnato le reti a Girgenti Acque vogliano chiudere l’esperienza con la stessa Girgenti Acque e puntare a una gestione pubblica del servizio idrico, o se invece sono schierati con il Governo Renzi in favore dei privati.
Quello che possiamo dire è che la votazione per l’elezione del presidente dell’Assemblea territoriale dei sindaci della provincia di Agrigento è finita in parità.
Su 43 sindaci, i presenti per votare erano 41.
In 20 hanno votato per il sindaco di Menfi, Enzo Lotà, che fa parte dello schieramento dei sindaci che non ha consegnato le reti idriche a Girgenti Acque.
E in venti hanno votato per il sindaco di Racalmuto, Emilio Messana, che invece è schierato con i sindaci che hanno ceduto le reti a Girgenti Acque.
Tutti pensavano che l’opzione per la gestione pubblica dell’acqua in provincia di Agrigento era già nelle cose. Invece, a quanto pare, non è così.
Si teme, in parole più semplici, che lo schieramento di sindaci che hanno consegnato le reti (e tra questi troviamo sindaci del PD, dell’UDC e qualche alfaniano) facciano, sottobanco, il gioco dell’assessore regionale Vania Contraffatto: cioè del Governo Renzi.
Per fare rientrare falla finestra i privati che 17 Comuni di questa provincia hanno gettato fuori dalla porta.
Insomma, per dirla in breve: a che serve ‘sta riunificazione dei 43 sindaci della provincia di Agrigento in un Ambito Territoriale Idrico unico se poi la metà dei sindaci non è d’accordo per la gestione pubblica dell’acqua?
Martedì la ‘partita’ per l’elezione del presidente è finita in pareggio. Ma che succederebbe se, la prossima settimana, i sindaci renziani – che, detto per inciso, sono quelli che, insieme con il Governo Crocetta, stanno affossando la Regione siciliana e i Comuni – dovessero eleggere un proprio rappresentante alla guida dall’Ambito Territoriale Unico?
Semplice: se i sindaci renziani si dovessero prendere la presidenza tornerebbero i privati. Lo farebbero con qualche trovata truffaldina, per nascondere la cosa: ma lo farebbero comunque.
Tanto vale, allora, che i sindaci dell’Agrigentino che oggi rimangano a fare quello che hanno fatto in questi anni, evitando di ‘imbarcarsi’ con i renziani che farebbero solo enormi danni.
I sindaci renziani, da parte loro, dicono che i sindaci che non hanno ceduto le reti sono quelli nei cui Comuni ricadono le sergenti idriche. In pratica, si sono tenuti fuori per egoismo.
La tesi è sbagliata: non si capisce perché i Siciliani debbano consegnare la propria acqua ai privati, solo perché lo dicono Berlusconi e Renzi, magari con l’ausilio di leggi truffaldine.
Se i Comuni dell’Agrigentino senza sorgenti idriche chiedono solidarietà, ebbene, la possono chiedere senza bisogno di ricorrere ai renziani e all’assessore Vania Contraffatto: assessore di un Governo regionale sputtanato, che produce solo danni e che è ormai totalmente privo di credibilità morale, amministrativa e politica.
Infine segnaliamo la posizione coraggiosa assunta dal parlamentare nazionale del PD eletto in Sicilia, Giuseppe Lauricella che – come potete leggere in questo articolo – proprio sull’acqua, si è schierato contro Renzi.
Fatto politicamente importante: Giuseppe Lauricella è agrigentino, figlio di salvatore Lauricella, leader storico dei socialisti siciliani.
Insomma, il sindaci dell’Agrigentino che non hanno consegnato le reti ai privati e che si battono contro la prepotenza di Renzi hanno in Lauricella una sponda romana dentro il PD.
Non è poco.
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