Quel che accade in questi mesi nei porti siciliani è una tragicomica campanilistica, che copre –ora lo vedono tutti- traffici di influenze, conflitti di interesse e contrabbando nel vero senso della parola…
Da Mario Di Mauro, fondatore di Terra e Liberazione, riceviamo e pubblichiamo:
L’Istituto “Terra e LiberAzione” ha calcolato che lo Spazio della Sovranità del Popolo Siciliano sarebbe –oltre ai 25.832 kmq di suolo dell’Arcipelago dei Siciliani, – anche di oltre 20.000 kmq di Acque territoriali teoricamente riconosciute dal Diritto internazionale: la Sovranità sullo Spazio aereo, nell’Isola senza Cielo, corrisponderebbe pertanto a oltre 45.000 kmq. Al centro del corridoio mediterraneo che collega l’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano, sul quale scorre il 30% del commercio mondiale e i cui porti principali sono … Amburgo e Rotterdam!.
Quando diciamo l’imperialismo NORDICO, non è una “cattiveria”, basta studiarsi i flussi… Invece di starsene a pescare rospi negli stagni putridi dell’Accademia coloniale, col rischio di prendersi la malaria tricolorata. Se non abbiamo Cantieri Navali –e per millenni li abbiamo avuti- il motivo c’è: è il colonialismo.
Quel che accade in questi mesi nei porti siciliani –comandati da Roma e Bruxelles- è una tragicomica campanilistica, che copre –ora lo vedono tutti- traffici di influenze, conflitti di interesse e contrabbando nel vero senso della parola.
La Sicilia non ha sovranità sul suo Mare. Ma Catania non ce l’ha neanche sul suo waterfront!. Basterebbe semplicemente partire coi buldozer e qualche tonnellata di esplosivo da Ognina e radere al suolo Tutto fino alla Playa. Non si può fare?. A Barcellona come hanno fatto?. No, in SiciliAfrica –in attesa di svendere il Demanio marittimo- è Roma che deve decidere, Bruxelles che deve acconsentire, la palude di autorità marinare, capitanerie in testa, che devono trovare la loro quadra, con o senza “traffici di influenze” (come ad Augusta) e “conflitti di interesse” (come pare a Catania). Sempre miserabili, sia chiaro, rispetto ai vasti orizzonti che una metropoli mediterranea dovrebbe elaborare per sé stessa, nel suo interesse. E che ti fa il sindaco Bianco: ti indice un concorso internazionale di idee per realizzare…l’abbattimento di kilometri di recinti, ferraglie e pietrame: la Copacabana mancata, è ancora una Città senza Mare. E senza un autobus di linea per salire sull’Etna: facciamo un altro concorso internazionale, per decidere di che colore deve essere!
Per rimediare, dopo mezzo secolo, all’impatto sulla città storica, dei pedemontani disastri dell’espansione selvaggia nel ciclo del cemento che devastò il paesaggio etneo, si procede da decenni alla realizzazione di opere idrauliche, dal canale di gronda alla depurazione delle acque reflue, che sono decisive per la salute dell’eco-sistema urbano e della vita umana, messe in pericolo ad ogni acquazzone, che ci riversa addosso uno tsunami.
La ricostruzione post-terremoto 1693 fu sviluppata “a strappi”, mi spiegò il prof. Giarrizzo.
Qualcuno di noi è già nonno, ma avevamo i causi a cutta quando si discorreva di “canale di gronda” e “depuratore”. Certo, è pur sempre un modo per mantenersi giovani, o almeno illudersi, nell’Isola senza… tempo: neanche a strappi, a rate, a puntate.
Per smuovere due carte, servono 33 conferenze di servizi (segreti): dall’ONU al circolo canottieri, passando per l’associazione Pesca di Frodo fino all’immancabile C.A.O.S.: lo storico comitato Case Abusive Oasi Simeto.
Ci penserà la Natura, a Catania la Storia la scrive Madre Terra.
Con veti incrociati, iter che si intralciano, fogne e collettori che scoppiano, depuratori annoiati che aspettano da dieci anni un tubo di adduzione: c’è l’A.P.Q., decidono il MISE-Ministero Sviluppo Economico, il MAT-Ministero dell’Ambiente e dei Trasporti, l’ACT-Agenzia per la Coesione Territoriale, l’UCCS-Ufficio Complicazione Cose Semplici, meglio noto come Regione Siciliana ad Autonomia vigilata (Sant’Agata ci protegga!).
E meno male che i 213 milioni CIPE necessari per un altro “strappo” depurativo, ci sono (e sono dei catanesi, perché il CIPE non batte moneta, ci redistribuisce tasse, imposte, iva, accise, lotterie… riscosse in Sicilia, tagliandone metà: schiavi di ROMAfia!).
Una delibera CIPE del 2012, tra una rimodulazione e un ripensamento, una impugnativa occulta a scopo di faida e un riciclaggio di carte che figliano carte, sta finendo sotto la mannaia di Bruxelles e delle sue coloniali “procedure di infrazione”. Quella dell’ONU è una battuta, ma se ce ne usciamo da questo spettacolo coloniale e dichiariamo Catania Città-Stato come Amburgo ci liberiamo e camminiamo senza palla al piede, aprendo una via nuova (ma antica!) all’intera Sicilia.
Finirà che i costi di queste o altre opere necessarie ce li rifileranno nelle bollette della SIDRA, nel fumo tricolorato di qualche “Patto per il Sud”. Patto? Buon viaggio.
Quanto alla SIDRA, è l’unica vera grande società pubblica di gestione delle acque dell’Isola: non è che se la vogliono ingrassare e sbranare? Vista l’aria che tira: la SIDRA funziona bene, e non si tocca!. Per fortuna Bollorè si è dissetato a sufficienza, grazie a Cuffaro, l’Eroe scarcerato della SiciliAfrica mercenaria, che regalò metà delle acque pubbliche dell’Isola a Veolia-ENEL per 40 anni!. E la chiamarono SiciliAcque.
La Sicilia non è solo una colonia dell’imperialismo straccione italiano, nato nel 1860 già a trazione massomafiosa tosco-padana, con l’invasione anglo-piemontese. La Sicilia, “depurata” da 800.000 giovani, la Generazione perduta, è piattaforma girevole e merce di scambio su ampi scenari geopolitici.
Questa è l’Essenza della “Questione Siciliana”!. 923.000 case vuote sono il Memoriale incompreso, il vuoto delle culle nell’inverno demografico di un Demos anemizzato da una “selezione genetica al contrario” che si risolve in un metabolismo sociale devastato, privo di anticorpi, spaesato dalla delocalizzazione della sua “Fabbrica di Figli” a salvataggio del PIL padano e n/europeo. Col record europeo nel consumo di psicofarmaci.
Ci tengono a fare la guardia al bidone vuoto, con le mani legate. Devi aver bisogno di ROMAfia attraverso i suoi “mediatori della dipendenza” col bollino tricolorato. Anche per un depuratore, per un lungomare…Ma questo accade perché il Castello di Federico II rex Siciliae, che fu la sede del Parlamento Glorioso del lungo Vespro, ancora te lo chiamano “Ursino”, chè il popolino, nella sua concretezza, lo chiamò “u castrusinu”, dal latino castrum sinus, il castello sul…waterfront!. Tutto torna.
Servirebbero ben altri Depuratori. Mentali.
E’ la SiciliAfrica italiana, gestita da “una borghesia mercenaria inutile e nociva…che non arriva più a strappare concessioni spettacolari” (F. Fanon, “Disavventure della coscienza nazionale”).
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