Discariche in Sicilia: la Corte dei Conti ha le mani legate e i ‘Signori delle discariche’ fanno quello che vogliono

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CORTE DEI CONTI 4/ Di fatto, per la Corte dei Conti, è impossibile contestare il danno erariale a chi gestisce male i rifiuti della Sicilia. A cominciare dagli imbrogli che si riscontrano in tante vicende legate alle discariche. La necessità di aggiornare legge e Giurisprudenza. I pericoli che incombono sulle falde acquifere di Palermo a causa della cattiva gestione della discarica di Bellolampo. I rifiuti speciali che finiscono nelle discariche. C’è questo ed altro nella relazione del procuratore della Corte dei Conti, Giuseppe Aloisio, in materia di gestione dei rifiuti in Sicilia

La Sicilia che è ancora oggi schiava delle discariche. Lo sversamento di sostanze inquinanti nelle falde acquifere. I rifiuti speciali che finiscono nelle stesse discariche, in barba alla legge. I gravi pericoli d’inquinamento delle falde acquifere di Palermo a causa della pessima gestione della discarica di Bellolampo, con la quinta vaca che- detto per inciso – è stata realizzata in modo irregolare. E l’impossibilità, per la Corte dei Conti, di contestare il danno erariale a chi specula sulla gestione dei rifiuti in Sicilia (leggere discariche) perché la legge e la Giurisprudenza lo impediscono.

Questi, in estrema sintesi, i temi – in materia di gestione dei rifiuti in Sicilia – sollevati dal procuratore generale della Corte dei Conti per la Sicilia, Giuseppe Aloisio, nella relazione sull’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016.

“Negli ultimi anni – si legge nella relazione del procuratore della Corte dei Conti per la Sicilia, Giuseppe Aloisio – il territorio siciliano è stato interessato sempre più gravemente dall’emergenza rifiuti, caratterizzata da una gestione del ciclo dei rifiuti che ha privilegiato l’utilizzo delle discariche, tralasciando su valori residuali la raccolta differenziata; ciò ha determinato aggravi di costi per la collettività e danni ambientali di proporzioni preoccupanti, tra i quali destano allarme lo sversamento di sostanze inquinanti nelle falde acquifere e il conferimento in discarica di rifiuti speciali. Nel 2015 sono state avviate 13 istruttorie aventi ad oggetto la gestione del ciclo dei rifiuti, che si aggiungono alle numerose già aperte, in corso di definizione”.

“Di particolare rilievo – leggiamo sempre nella relazione – quelle relative al mancato raggiungimento da parte di alcuni Comuni del Palermitano degli obiettivi stabiliti dalla normativa vigente in materia di raccolta differenziata. La disciplina normativa sulla gestione dei rifiuti ha previsto nel tempo, anche in attuazione delle direttive europee, l’adozione di un sistema di raccolta differenziata idoneo a consentire la drastica diminuzione dei rifiuti avviati in discarica e la realizzazione di un modello alternativo di smaltimento, i cui punti qualificanti sono il riciclo dei materiali, il compostaggio della frazione organica e il collocamento in discarica del solo residuo. In quest’ottica: – il D.Lgs. 5 febbraio 1997 n.22 ha disposto, all’art. 24, che in ogni ambito territoriale ottimale la raccolta differenziata venga assicurata in percentuali minime da realizzare entro due anni dall’entrata in vigore del medesimo provvedimento; – il D.Lgs. 3 aprile 2006 n.152, oltre a prevedere requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche unitamente a misure, procedure e orientamenti tesi a prevenire o a ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i conseguenti rischi per la salute umana, prescrive per gli anni 2006, 2008 e 2012 le percentuali minime che devono essere assicurate in ogni ambito territoriale ottimale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, pena l’applicazione di un’addizionale del 20% del tributo speciale previsto dall’art. 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995 n.549”.

“Ancora – prosegue il procuratore della Corte dei Conti – la legge regionale 8 aprile 2010 n.9 stabilisce che i Comuni hanno il compito di verificare stato di attuazione e qualità del servizio erogato dal soggetto gestore, prevedendo l’adozione di un Piano regionale di gestione dei rifiuti che definisca le modalità per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata, fissandone i livelli minimi rispettivamente per gli anni 2010, 2012, 2015. Con riguardo alle menzionate istruttorie, gli approfonditi accertamenti svolti dal Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, resi ancora più difficoltosi dall’assenza di una compiuta disciplina normativa e dalla mancata approvazione a tutto il 2015 di un organico piano ordinario dei rifiuti, hanno consentito l’acquisizione di concreti elementi per la contestazione di danno a carico dei responsabili delle rispettive gestioni, tenuto conto però dei limiti attualmente fissati dall’ordinamento per la promovibilità dell’azione di responsabilità a carico degli amministratori degli ATO”.

“Infatti, per il rigoroso orientamento giurisprudenziale assunto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di giurisdizione della Corte dei Conti sulle società a partecipazione pubblica – sottolinea Aloisio – la tutela del patrimonio della società pubblica resta affidata soltanto alle azioni Pag. 16 Corte dei conti – Procura regionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2016 previste dal codice civile, con preclusione del giudizio innanzi alla Corte dei Conti a carico dei responsabili del danno erariale. Com’è noto, le SS.UU. hanno parzialmente modificato il loro indirizzo nel 2013, affermando la sussistenza della giurisdizione contabile nei confronti delle società in house, nell’ipotesi in cui l’attività societaria sia caratterizzata dalla presenza: – della partecipazione pubblica totalitaria; – dell’incedibilità delle quote a soggetti privati; – del controllo analogo esercitato dall’ente pubblico. Gli statuti di tutti gli ATO siciliani sono caratterizzati dalla mancata previsione del controllo analogo da parte dell’ente proprietario e dalla previsione dell’acquisizione di quote di minoranza da parte dei privati. Ciò ha di fatto reso l’attività dannosa delle società d’ambito impermeabili all’azione di responsabilità esercitata dal pubblico ministero contabile”.

“Come più volte rimarcato dalla Corte dei Conti in diverse sedi istituzionali – sottolinea sempre il procuratore della Corte dei Conti per la Sicilia – tale vicenda esprime l’inadeguatezza del sistema di tutela e la necessità di iniziative normative che esplicitino la sottoposizione alla giurisdizione contabile di tutte le società a prevalente o totalitaria partecipazione pubblica, in quanto enti funzionali a dotazione erariale. Purtroppo, la questione dei limiti dell’attività d’indagine del Procuratore regionale della Corte dei Conti è stata perpetuata con le SRR – Società per la Regolamentazione del servizio di gestione Rifiuti, costituite in esecuzione della legge di riforma degli Ambiti Territoriali Ottimali di cui alla legge regionale n.9/2010, in quanto gli statuti delle nuove società non prevedono l’esercizio del controllo analogo da parte degli enti pubblici soci (o dell’ente pubblico con partecipazione maggioritaria). Sarebbe auspicabile un intervento del legislatore che disponga la modifica statutaria nel senso indicato, che peraltro sarebbe irrilevante per la realizzazione dei fini sociali. Raro, ma significativo esempio in senso opposto è rappresentato dalla RAP (Risorse Ambiente Palermo S.p.A.), il cui statuto la qualifica espressamente come società in house, prevedendo all’art.24 l’esercizio del controllo analogo da parte del socio unico Comune di Palermo”.

“La Procura regionale – si legge sempre nella relazione – è stata destinataria di molte denunce relative ai danni dell’ecosistema, di frequente riconducibili all’irregolare gestione delle discariche adibite alla raccolta e smaltimento di rifiuti solidi urbani. Sul danno ambientale, la giurisdizione della Corte dei conti – limitata dall’art.18 della legge n.349/1986 alla sola ipotesi di c.d. “danno indiretto”, disciplinata dall’art.22 del T.U. n.3/1957– è stata introdotta dal Codice dell’ambiente, approvato con il D.lgs n.152/2006, già richiamato, che all’art.311 attribuisce al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, in linea generale, la legittimazione ad attivarsi per il risarcimento del danno. Il successivo art. 313, al comma 6, prevede che ‘…nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro (…), anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all’Ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio…’. Infine, l’art. 318 dispone l’abrogazione pressoché integrale dell’art. 18, della legge n. 349/1986”.

“Secondo la giurisprudenza prevalente – prosegue la relazione – il complesso di queste norme ha sostanzialmente riattribuito alla Corte dei Conti la giurisdizione sul risarcimento del danno ambientale, nei casi in cui lo stesso sia stato cagionato da un soggetto sottoposto alla giurisdizione contabile. E’ stato, altresì, affermato l’importante principio secondo cui, nell’ipotesi di danno ambientale provocato da amministratori o dipendenti pubblici il requirente contabile è tenuto ad attivarsi ‘…anche in assenza della segnalazione del Ministro, il cui rapporto non può considerarsi, in assenza di un inequivoco disposto normativo, quale condizione di procedibilità dell’azione per danno erariale…’ (cfr. Sez. giur. Corte dei conti regione Molise n.144/2010). E’ indubbio, però, che l’acquisizione di un rapporto del Ministro dell’Ambiente rappresenterebbe un atto fondamentale non tanto (e non solo) d’impulso, perché consentirebbe una maggiore definizione degli ambiti delle attività lesive del pubblico erario. Purtroppo, alla data odierna e sin dall’entrata in vigore del Codice dell’ambiente, non è stato mai trasmesso a questa Procura regionale siciliana alcun rapporto che riguardasse in modo specifico l’accertamento di un danno ambientale (presuntivamente) provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti”.

“Nella specifica materia – scrive sempre Aloisio – sono significative due istruttorie avviate e non ancora definite sul danno ambientale cagionato alla città di Palermo, determinato dal mancato rispetto delle prescrizioni per il trattamento del percolato nella discarica di Bellolampo. Il danno patrimoniale immediatamente quantificabile, corrispondente a illegittime spese di gestione (fra le altre, quelle per l’irregolare realizzazione della quinta vasca), risulterebbe di non rilevante entità, a fronte della grave situazione ambientale determinata dallo sversamento del percolato e dal pericolo di inquinamento delle falde acquifere di Palermo. Sotto quest’ultimo profilo, si è provveduto a richiedere al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione avente ad oggetto l’accertamento del pregiudizio arrecato alla situazione ambientale e il costo necessario per il suo ripristino, onde consentire l’effettività del ruolo svolto da questa Procura regionale”.

“La sostanziale frustrazione delle esigenze istruttorie manifestate dal mio Ufficio – conclude il procuratore della Corte dei Conti a proposito dei problemi legati all’ambiente – conferma l’assoluta mancanza di collaborazione del Ministro dell’ambiente con il Procuratore regionale, necessaria per la specificità dell’argomento e la difficoltà dell’organo requirente di procedere ad una congrua e attendibile quantificazione dell’effettivo nocumento cagionato all’ambiente”.

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Il nostro ‘viaggio’ tra le relazioni della Corte dei Conti per la Sicilia continuerà nei prossimi giorni con altri servizi.

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