Ennesimo dramma della gestione allegra dei beni confiscati alla mafia: i dipendenti dell’ex gruppo Aiello di Bagheria davanti l’INPS che non eroga un Euro da mesi, sfogano la loro angoscia e parlano di una strafottenza della politica che lascia senza parole
Protestano davanti la sede regionale dell’Inps, in via Laurana a Palermo, gli operai delle tre aziende edili del gruppo Aiello di Bagheria, la Ati Group, la Edimar e l’Ediltecnica. Da mesi non percepiscono la cassa integrazione in deroga, alcuni ne sono stati esclusi del tutto. Ci sono giovani e meno giovani tra di loro, protestano in maniera composta,circondati dalla polizia, ma la loro amarezza traspare dagli sguardi e dalle parole:
“Vorrei morire una volta sola – dice ai nuovivespri.it un operaio di circa 55 anni – la situazione è insopportabile. Ci sottopongono ad una agonia lenta, vediamo le nostre speranza svanire di giorno in giorno, mentre se ne fregano tutti degli operai. Non ne parla nessuno, nessuno racconta il dramma che stiamo vivendo, nessun giornale, nessuna televisione”.
Il dramma che stanno vivendo è l’ennesimo legato alla gestione dei beni confiscati alla mafia. Le tre aziende sono state definitivamente confiscate nel 2013 e da allora sono finite nel calderone dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia, un porto delle nebbie, praticamente.
Sappiamo che la gestione dei beni confiscati alla mafia è diventato uno sporco affare per pochi. Le ultime vicende giudiziarie, come il caso Saguto (l’ex presidente della sezione per le Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, sotto inchiesta per la gestione ‘allegra’ dei beni confiscati) venuto fuori grazie alle inchieste di Telejato, lo dimostrano ampiamente. Ma pure se una testa è caduta, la situazione, nei fatti, non è cambiata.
Le aziende restano in mano ad amministratori giudiziari strapagati che,come ha denunciato Pino Maniaci (direttore di Telejato), nella maggior parte dei casi, non hanno nessuna esperienza imprenditoriale e ai quali spesso conviene arrivare al fallimento.
Il danno e la beffa per un territorio che dovrebbe essere risarcito dai danni mafiosi e che invece viene ulteriormente punito dallo Stato.
A questo si aggiunge la farsa dell’INPS che non vuole più versare un Euro per i disoccupati siciliani. Come nel caso di queste tre aziende cui vengono date “risposte vaghe che parlano di errori procedurali” spiega Giovanni Pucci della Uilm, ma che si concretizzano in un bel niente per gli operai.
A questi operai è stato rivolto un invito a formare una cooperativa che riceva in affitto il ramo d’azienda del settore dell’edilizia, “ma attendono ancora, inspiegabilmente, di ricevere una proposta scritta, fondata su un piano che preveda concrete possibilià di ripresa e di continuazione dell’attività produttiva”.
“La verità – ci dice un dipendente di una di queste società – è che non vogliono nessuna cooperativa, faranno di tutto per arrivare a vendere le attività, magari a qualche amico per due lire”.
E il governo regionale si sta interessando di voi?
Ridono, con gli occhi tristi, però: “Non siamo in vena di scherzi- dicono – non sanno neanche che esistiamo”.
Una domanda sorge spontanea: dobbiamo aspettare una nuova tragedia prima che i nostri governanti si decidano a lavorare per il territorio?
Solo qualche giorno fa, un operaio disoccupato si è dato fuoco per la disperazione.
Domanda retorica, a ben pensare. Non una parola è stata spesa per quest’uomo dalla politica politicante, chiacchierona e arraffona che ha scelto il silenzio dinnanzi a questa tragedia. Un silenzio che grida vendetta.