La notizia era nell’aria da tempo. In un’Europa dove ci propinano l’olio d’oliva tunisino (prodotto con olive trattate chissà con quali pesticidi!), la passata di pomodoro cinese e le arance che arrivano chissà da dove,, scopriamo che anche i nostri formaggi sono a rischio. Per ‘risparmiare’ si utilizza la cagliata di origine ignota. Per fortuna c’è qualcuno che comincia a parlare. E’ il sindaco di Modica, che chiede controlli severi
Dopo le arance che arrivano da chissà dove a prezzi stracciati, dopo l’arrivo dell’olio d’oliva tunisino imposto dall’Unione Europea è la volta del caglio di pessima qualità e, magari, di origine ignota. Anche in Sicilia, magari nel Ragusano, zona d’elezione dei grandi formaggi della nostra Isola, il rischio del caglio scelto solo perché costa meno, con buona pace della qualità? Un fatto è certo: nel ‘pianeta’ dei formaggi siciliani qualcuno ha finalmente gettato una pietra nello stagno.
Dice il sindaco di Modica, Ignazio Abbate, in una dichiarazione rilasciata a Ragusa news.com:
“Da tempo raccolgo segnalazioni di caseifici che utilizzano, nella lavorazione dei formaggi, cagliata proveniente dall’Est Europa e, in particolare, dalla Slovenia”.
Insomma, i formaggi come l’olio d’oliva tunisino e le arance prodotte nei Paesi dove i costi di produzione sono bassi, ma dove si utilizzano ancora oggi pesticidi dannosi per la salute umana che il nostro Paese ha bandito da decenni dalla farmacopea agricola. Pessime le arance e l’olio d’oliva, pessimo il caglio a basso costo e di produzione ignota, magari da organismi geneticamente modificati.
“La grande distribuzione – aggiunge il sindaco di Modica – preferisce il prodotto estero per il costo decisamente più basso, ma non si interroga più di tanto sul perché costi così poco”.
Nel nostro Paese i controlli sono rigidi. Anzi, erano rigidi, perché adesso non è più così, visto che i nostri mercati, di fatto, sono invasi da prodotti che arrivano non soltanto dalla Tunisia e, in generale dal Nord Africa, ma anche da altri paesi del mondo. E’ il caso della passata di pomodoro che arriva dalla Cina e viene spacciata per passata di pomodoro italiano.
I nostri prodotti subiscono una concorrenza sleale. E’ così per gli agrumi (anche se, in realtà, se gli agrumi sono di alta qualità, come le varietà Moro e Tarocco della provincia di Siracusa e le Washington Navel di Ribera, in provincia di Agrigento, si ‘soffre’ nel mercato interno, ma trovando i giusti canali dell’export lo scenario cambia in positivo) e, soprattutto, per l’ortofrutta.
Mentre per l’olio d’oliva a soffrire sono i consumatori, perché i produttori dell’olio d’oliva extra vergine della Sicilia il proprio prodotto lo vendono bene. Di solito lo vendono a ‘bocca di frantoio’, cioè subito dopo la molitura.
Non è invece tutelata la gran massa di consumatori alla quale viene rifilato olio d’oliva pessimo – per esempio l’olio d’oliva tunisino – contrabbandato come olio d’oliva extra vergine e venduto dalla grande distribuzione con marchi anche noti a un prezzo che oscilla da 2,8 Euro a 4 Euro.
Per i formaggi, purtroppo, il discorso si complica. Perché, come spiega lo stesso sindaco di Modica, nessun consumatore, quando va ad acquistare un formaggio, può conoscere la provenienza della cagliata.
Per la cronaca, il caglio, detto anche presame, è una miscela di enzimi proteici che provocano la coagulazione delle proteine contenute nel latte. Grazie al caglio la massa proteica del latte, non più solubile nell’acqua, precipita sul fondo e va a formare la cagliata che viene lavorata per dare vita al formaggio.
Il caglio può essere di origine animale, vegetale o microbica.
Il migliore caglio che esiste in natura viene estratto dallo stomaco dei vitelli (per la precisione, dall’abomaso), ma anche dagli stomaci di ovini e caprini lattanti. E’ con questo caglio che vengono prodotti i migliori formaggi del nostro Paese, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dai Pecorini ai Cacicavalli.
Il caglio microbico è di qualità inferiore e viene estratto da alcune muffe.
Poi c’è il caglio di origine vegetale, utilizzato in alcune zone della Puglia, ma anche in Abruzzo, nel Lazio e nelle Alpi.
Ci sono anche i coagulanti ottenuti da organismi geneticamente modificati, dai costi contenuti. Questi cagli hanno fatto il proprio ingresso, se così si può dire, nei caseifici siciliani? Il dubbio è legittimo.
“Io mi sto battendo affinché sia obbligatorio indicare la provenienza della cagliata”, dice ancora il primo cittadino di Modica, città siciliana nota non soltanto per il Barocco e per la tradizione del cioccolato, ma anche per la zootecnia e, in particolare, per la produzione del Caciocavallo.
“I consumatori – aggiunge – debbono essere messi nella condizione di poter scegliere in piena consapevolezza”.
Parole giuste, quelle di Ignazio Abbate. Parole che in Italia restano solo parole, se è vero che nel nostro Paese la ‘tracciabilità’ dei prodotti che finiscono sulle nostre tavole, in buona parte, non esiste. Il sindaco di Modica dice basta alle speculazioni. Ed è intenzionato a difendere gli interessi dei consumatori e dei produttori di formaggi di Modica che operano all’insegna della qualità, utilizzando il caglio nostrano.
Ci riuscirà? In ogni caso, ha gettato una pietra nello stagno. Per i formaggi prodotti a Modica, a Ragusa e, in generale, in Sicilia, è un fatto importante.