Autonomia siciliana sotto scacco: l’attacco del Tg 5 e il ‘killeraggio’ di Baccei contro lo Statuto

30 gennaio 2016

E’ inutile che ci giriamo attorno: il problema non è rappresentato dagli attuali parlamentari di Sala d’Ercole, che alla fine passano. Il problema è l’attacco al regionalismo e, in particolare, allo Statuto siciliano, che le burocrazie ministeriali, dai tempi di Einaudi, non hanno mai tollerato. L’attacco del Tg 5 – che peraltro non ha detto nulla di nuovo – fa il paio con il progetto dell’assessore Baccei, che vuole eliminare gli articoli finanziari dello Statuto, per eliminare, alla radice, le ragioni che la Corte Costituzionale ha riconosciuto alla Regione siciliana

Il Tg 5, tanto per cambiare, ha sferrato l’ennesimo attacco all’Autonomia siciliana. L’accusa: a Gennaio avrebbe tenuto solo 5 sedute. Insomma, per la tv burlusconiana, il Parlamento siciliano lavorerebbe poco.

Al Tg 5 replica, dati alla mano, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone:

“Nel mese di Gennaio – sottolinea Arzizzone – il Parlamento ha tenuto 5 sedute perché, essendo stata avviata la sessione di bilancio (che dura 45 giorni), così come previsto dall’articolo 73 bis del regolamento interno, a lavorare sono le Commissioni legislative. E infatti, dal 7 al 28 gennaio, le Commissioni si sono riunite 38 volte, per procedere all’esame dei disegni di legge di stabilità e di bilancio per il 2016″.

“Per quanto riguarda il costo del Parlamento – prosegue il presidente Ardizzone – si è passati dai 175 milioni all’anno del 2012 ai 155 di quest’anno, con una previsione di spesa di 146 nel 2018. Quindi con una riduzione di costi che si avvicinerà ai 30 milioni di Euro, oltre il 16%. Sul bilancio pesano, a differenza di tutti gli altri consigli regionali dove a pagare è l’INPS, quasi 51 milioni di euro per le pensioni dei dipendenti in quiescenza e 20 milioni per i vitalizi degli ex deputati. Somme certamente maggiori delle altre Assemblee legislative per il semplice fatto che il Parlamento siciliano ha iniziato a operare dal 1947, mentre le Regioni ordinarie sono nate solamente nel 1970. Quindi mentre le altre Regioni avviavano la loro attività, in Sicilia c’era chi andava in pensione e si erano già svolte ben 8 legislature. Ecco il perché della differenza ed ecco perché se dai 155 milioni sottraiamo i 71 milioni di pensioni e vitalizi il bilancio è in linea con quello degli altri Consigli regionali”.

“Tutti dati, questi – prosegue il presidente dell’Ars – che erano già stati forniti al giornalista prima della messa in onda del servizio. Perché allora un attacco così pesante alla Sicilia? Forse perché si vuole colpire il regionalismo? Inutile cercare di spiegarlo e ripeterlo. Alcune testate o alcuni editorialisti preferiscono omettere, per continuare a sostenere la propria tesi, peccando però di onestà intellettuale. Cui prodest?, mi chiedo senza sapermi dare una risposta. E per questo mi convinco, sempre di più, senza voler generalizzare, che forse aveva ragione Mark Twain, quasi 200 anni fa, quando sosteneva che ‘il giornalista è colui che distingue il vero dal falso… e pubblica il falso’”.

P.S.

Il servizio del Tg 5 ha stupito anche noi. Non tanto per quello che è stato detto – visto che, alla fine, non ha detto nulla di nuovo – ma per quello che non è stato detto.

Allora. Se proprio dobbiamo essere precisi, la sessione di Bilancio del Parlamento siciliano avrebbe dovuto iniziare l’1 Ottobre dello scorso anno per approvare la legge di stabilità regionale (cioè Bilancio e Finanziaria 2016) entro il 31 Dicembre. Se si è perso tutto questo tempo è perché la Regione siciliana è stata lasciata senza soldi dal governo nazionale di Matteo Renzi.

Questo succede anche perché assessore all’Economia è stato nominato il signor Alessandro Baccei, che risponde a Renzi e non fa certo gli interessi della Sicilia. Tutto questo il Tg 5 non l’ha detto.

Per la cronaca, nel Bilancio regionale 2016 – quello che ancora si deve approvare – c’è già un ‘buco’ di un miliardo e 400 milioni, provocato dal governo Renzi e avallato dall’assessore Baccei e dagli ‘ascari’ che oggi governano la nostra Regione, PD in testa.

Va anche stigmatizzato il ritardo nei lavori parlamentari – e segnatamente nell’esame della manovra economica e finanziaria 2016 -: ritardo che è da ascrivere al governo nazionale, all’assessore Baccei e alla maggioranza di centrosinistra che oggi governa la Regione.

I ritardi sono il frutto del fatto che il governo Renzi, dopo aver svuotato le ‘casse’ della Regione – tendosi entrate che sono di pertinenza della Sicilia – ha disposto, bontà sua, l’erogazione 900 milioni di Euro alla Regione siciliana, che sono meno di un decimo delle risorse che lo stesso governo Renzi ha ‘saccheggiato’ da Bilancio regionale.

Senza questi 900 milioni di Euro – che non sappiamo ancora se non arrivati nelle ‘casse’ della Regione – il Bilancio regionale 2016 non si può approvare per mancanza di soldi.

Per non parlare di altri 500 milioni di Euro che Roma non ha ancora erogato alla Regione e che, a nostro avviso, la Regione siciliana non vedrà mai.

Ma questo nel servizio del Tg 5 non si evince. Ed è anche logico: meglio illustrare luoghi comuni a ‘effetto’, piuttosto che sottolineare le responsabilità del governo nazionale nei riguardi di 5 milioni di siciliani.  

Dunque, se abbiamo capito bene il gioco è il seguente: il governo nazionale taglia le risorse alla Regione siciliana calpestando lo Statuto autonomistico della nostra Regione; poi arriva il Tg 5 e attacca il Parlamento siciliano perché “lavora poco”: cosa che non è nemmeno vera perché, a Gennaio, hanno lavorato le Commissioni legislative.

L’attacco del Tg 5 fa il paio con l’attacco che l’assessore Baccei sta portando a due articoli dello Statuto, che il governo Renzi vuole eliminare: l’articolo 36 e l’articolo 37. Renzi sa che la Corte Costituzionale, in materia di territorializzazione delle imposte, ha dato ragione alla Sicilia. E se, in base a un pronunciamento della Consulta del 2014, nella ‘casse’ della Regione siciliana non sono arrivati oltre 5 miliardi di Euro, ebbene, ciò è dovuto a un patto scellerato firmato dal presidente Crocetta, che ha rinunciato, per quattro anni, agli effetti di questa sentenza della Corte Costituzionale favorevole alla Sicilia.

La verità è che la Corte Costituzionale, a differenza degli ‘ascari’ che oggi governano la Sicilia – non parliamo solo di Crocetta, ma del PD e degli altri partiti che oggi governato la Sicilia, compreso il Nuovo Centrodestra Democratico del Ministro Alfano, forza politica che governa a Roma e in Sicilia – non si è piegata al governo Renzi. E, là dove ha ragione la Sicilia, dà ragione alla stessa Sicilia.

E’ questo il motivo per il quale l’assessore Baccei, su ordine di Renzi, deve eliminare gli articoli finanziari dello Statuto siciliano.

La partita si gioca in questa legge di stabilità regionale. Sarà interessante capire – a Sala d’Ercole e tra le forze politiche siciliane – chi lavora per la Sicilia e chi, invece, opera per affossarla. Sarà nostra cura informare i nostri lettori pubblicando i nomi e i cognomi dei parlamentari dell’Ars che difenderanno lo Statuto e i nomi degli ‘ascari’ che si schiereranno con Renzi e Baccei contro gli interessi della Sicilia.

Due dati, intanto, sono sotto gli occhi di tutti i siciliani: Renzi è contro la Sicilia. E, a quanto pare, anche Berlusconi si è schierato contro l’Autonomia siciliana. Se ne ricordino gli elettori siciliani che hanno intenzione di votare Forza Italia…     

 

 

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