Continua il nostro ‘viaggio’ tra i personaggi del risorgimento (con la erre minuscola) e della post unificazione italiana che si sono macchiati di delitti efferati contro la popolazione del Sud Italia. Gente alla quale ancora oggi le città del Mezzogiorno dedicano vie, piazze e scuole. Oggi è la volta di Alfonso La Marmora, ‘degno’ erede del generale Enrico Cialdini…
E’ venuto il momento dei pezzi grossi. E cominciamo con Alfonso La Marmora, a cui la nostra ignorante città ha dedicato da troppo tempo una strada.
Nato a Torino, seguì la tradizione militare di famiglia, entrando giovanissimo all’Accademia militare. Partecipò alle operazioni militari nella prima guerra d’Indipendenza. Dopo la definitiva sconfitta piemontese, La Marmora si fece le ossa a Genova, che era insorta contro la monarchia sabauda, rivendicando l’indipendenza ligure.
La Marmora sedò la ribellione, nota come Moti di Genova, al prezzo di una feroce repressione. Riporta Il Secolo XIX:
“A mezzogiorno del 5 aprile ‘49 le batterie dei piemontesi cominciarono a sparare sulla città. Il bombardamento durò 36 ore, provocando incendi, crolli, devastazioni sui quartieri più poveri e una moltitudine di vittime e feriti. Poi entrarono in azione i bersaglieri e furono saccheggi, stupri e violenze d’ogni genere contro gli insorti”.
Successivamente venne nominato Prefetto di Napoli, comandante della città, e sostituì Enrico Cialdini nella repressione del brigantaggio (di Cialdini vi abbiamo parlato in questo articolo). Se Cialdini era un arrogante e insensato criminale di guerra, La Marmora fu molto di più. Incarnò infatti la micidiale fusione tra il militare criminale e il politico criminale.
La Marmora condusse le operazioni militari contro i briganti addirittura con maggiore energia. Chiese ed ottenne un aumento dell’organico militare a disposizione che arrivò fino a 105.000 soldati, un quinto dell’intera forza armata italiana di allora. E se non è guerra questa, che cos’è la guerra?
Altro che focolai di ribelli! Si trattò di una vera insurrezione di popolo, contrabbandata e consegnata alla Storia come una rivolta guidata da banditi.
La Marmora inventò il pentitismo, e si avvalse dell’aiuto di informatori allettati con la promessa di perdono per chi tradiva o consegnava i compagni. Il suo truce comportamento portò ad una commissione d’inchiesta parlamentare.
La Marmora, interrogato, rispose: “Dal mese di maggio del 1861 al febbraio del 1863, abbiamo ucciso o fucilato 7151 briganti”.
E che fu, un Safari? Erano italiani anch’essi o carne da cannone? Erano uomini, donne e bambini o bestie?
Anche Antonio Mordini, il mite prodittatore di Sicilia, sì, proprio quello di Piazza Mordini, a Palermo, finì nelle sue grinfie e rischiò di essere fucilato.
Vi potrà sembrare un paradosso, ma il male più profondo, il danno più grave che ha fatto al Sud e alla Sicilia, La Marmora se lo intesta come Presidente del Consiglio. Presentò al Parlamento e fece approvare (perché i nostri politici di allora non si diedero fuoco in piazza come dei bonzi?) le leggi di unificazione amministrativa. Così gli ordinamenti amministrativi piemontesi furono estesi a tutta l’Italia. La nostra debole economia fu travolta da un sistema commerciale e di tassazione assassino, le nostre diversità e le nostre debolezze diventarono una condizione di sottomissione e di arretratezza insolubile.
Ma perché nessuno consigliò quel cardone coronato di un Savoia? Nessun politico, nessun economista, nessuna mente fina? Nessuna voce si levò contro quello scempio.
Anche La Marmora, come Cialdini, ebbe la sua nemesi. Incontrò sulla sua strada qualcuno che trattò lui e il suo esercito come lui e il suo esercito avevano trattato i meridionali. Parlo degli Austriaci, i quali, nella terza guerra d’Indipendenza, a cui La Marmora partecipò come comandante in capo delle truppe italiane, diremmo noi oggi, “lo fecero nuovo” a Custoza.
Fu ignobilmente esautorato e messo a riposo. Forse andava prima degradato e poi fucilato alla schiena.
Ecco altri articoli precedenti che riguardano sempre tale argomento:
qui abbiamo raccontato perché è sbagliato dedicare piazze, vie e scuole a ceti delinquenti
e qui dei falsi padri del risorgimento
AVVISO AI NOSTRI LETTORI
Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.-La redazione
Effettua una donazione con paypal