Piersanti Mattarella non può essere associato all’attuale governo della Regione. E non può essere assimilato agli ‘ascari’ che oggi governano la Sicilia umiliando un giorno sì e l’altro pure le istituzioni autonomiste. Un plauso al capo dello Stato – fratello del presidente della Regione – che non ha preso parte alla manifestazione ‘officiale’ contrassegnata dall’ascarismo
Il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha fatto bene, oggi, a non partecipare alla tragicomica passerella organizzata dai politicanti siciliani per commemorare il presidente della Regione, Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio del 1980 in circostanze che non sono mai state del tutto chiarite (anche se le ombre di Vito Ciancimino e della mafia trapanese, viste insieme, potrebbero spiegare tante cose in un’Italia che, allora come oggi, non ama confrontarsi con certe ‘verità’). La presenza di Mattarella sembrava scontata: è il fratello del presidente della Regione assassinato ed è un uomo politico siciliano, peraltro mai sfiorato dalle solite ombre – sempre le ombre – che hanno accompagnato e accompagnano la vita di tanti politici italiani.
Ma certe volte le cose scontate non si rivelano tali. In questo caso positivamente.
Piersanti Mattarella è stato il presidente della Regione che ha dato forza, consistenza culturale e politica e autorevolezza alle istituzioni autonomistiche della Sicilia. Prima di lui – chi si è occupato di politica regionale queste cose le sa – i parlamentari di Sala d’Ercole erano considerati di serie B: la presenza in Assemblea regionale siciliana era un passaggio (certe volte nemmeno obbligato) per poi andare a Montecitorio o a Palazzo Madama. Gli stessi presidenti della Regione – e alcuni sono stati autorevoli, da Giuseppe Alessi a Franco Restivo, da Giuseppe La Loggia a Giuseppe D’Angelo, da Angelo Bonfiglio a Rino Nicolosi – dopo l’esperienza a Palazzo d’Orleans, la sede della presidenza della Regione, venivano eletti al Parlamento nazionale.
Insomma, il politico siciliano diventava ‘importante’ solo dopo l’elezione a Roma. E’ stato Piersanti Mattarella, con il suo stile, con la sua solida preparazione, con la svolta che ha impresso nell’amministrazione regionale a dare dignità politica al Parlamento siciliano e all’Autonomia.
Alcuni tra i suoi predecessori sono stati pure importanti: Restivo, come ha raccontato in un bel libro Franco Nicastro, ha ‘vertebrato’ la Regione siciliana; Giuseppe Alessi, grande espressione del popolarismo sturziano autentico, ha provato ad opporsi alla ‘sepoltura’ dell’Alta Corte per la Sicilia (“L’hanno sepolta viva”, ricordava sempre Alessi, visto che non è mai stata approvata una legge costituzionale per abrogarla).
Ma è stato Piersanti Mattarella che ha provato a far capire ai siciliani il vero senso dell’Autonomia, sperimentando la formula politica della “Sicilia con le carte in regola”.
Sì, sperimentando, perché Piersanti Mattarella non può nemmeno lontanamente essere paragonato agli odierni farisei che si sciacquano la bocca con parole come “legalità”, “trasparenza amministrativa” e, soprattutto, “antimafia”. Piersanti Mattarella non declamava: agiva.
Di lui vogliamo ricordare una legge che dovrebbe portare il suo nome: la legge regionale numero 71 del 1978. E’ la grande legge urbanistica, tutt’ora in vigore. Dovrebbe far riflettere il fatto che, prima di lui, nessuno aveva mai pensato a una legge urbanistica; e che dopo di lui nessuno ha avuto la forza e il coraggio politico di rivederla (già da anni si avverte la necessità di aggiornarla: ma la miserabile politica siciliana, a parte qualche disegno di legge, magari pregevole, non ha mai avuto voglia mettere mano ad un argomento così delicato).
Chi scrive, nell’ormai lontano Dicembre del 1978, non aveva ancora vent’anni. Ma anche grazie a mio padre (che era grande esperto in Diritto urbanistico) ho avuto la possibilità di seguire il sofferto iter parlamentare di questa legge. A un certo punto Mattarella andò in Aula a difendere la legge, che non piaceva a buona parte della politica di quegli anni. E, soprattutto, non piaceva alla mafia. C’era un passaggio della legge che non andava affatto a mafiosi e speculatori: la drastica riduzione dell’attività edificatoria nel verde agricolo.
Ogni legge – o meglio, ogni grande legge, per essere precisi – va inserita nel contesto storico in cui matura. In quegli anni le speculazioni sul territorio e le ‘cementificazioni’ – sponsorizzate da tutti i partiti politici, Pci siciliano compreso, con la sola e non eccessivamente convincente opposizione del Movimento sociale italiano – erano la regola. Già il governo Bonfiglio aveva fatto approvare, a fatica, una legge che bloccava l’attività edilizia entro i 150 metri dalla battigia (la legge regionale n. 78 del 1976). Ma l’assalto al territorio continuava.
Era necessaria una svolta politica profonda, per certi versi draconiana. La legge n. 71 del 1978 serviva anche a questo: a reiterare la tutela lungo le coste, entro i 150 metri dalla battigia; e a salvare il verde pubblico montano, collinare e costiero che poi avrebbe aperto la via, negli anni ’80, all’istituzione dei Parchi e delle Riserve naturali.
Mio padre mi diceva che Piersanti Mattarella aveva avuto un coraggio da leone: si era presentato a Sala d’Ercole e aveva retto l’urto politico (e non soltanto politico) di chi vedeva nella tutela del verde pubblico la fine di una lunga e devastante stagione di distruzioni ambientali.
La legge venne approvata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione con molto ritardo. Cosa, questa, che consentì una ‘coda’ di speculazioni: la speculazione edilizia di Pizzo Sella, la ‘ridente’ collina che domina Mondello, andò in scena proprio poco prima che la legge regionale n. 71 del 1978 entrasse in vigore. Ma la legge arrivò. Mattarella, con il suo grande carisma, fece praticamente un miracolo politico e parlamentare.
E’ morto su questa legge? Non abbiamo le prove. Ma qualche indizio, sì. Vito Ciancimino, che con il cemento e le speculazioni edilizie ci ‘lavorava’, non era molto contento di questa legge. E non erano contenti i suoi amici. Così come non erano contenti i mafiosi del Trapanese, che avevano mal digerito la svolta politica di Piersanti Mattarella e per i quali la legge 71 era considerata quasi un’offesa insopportabile.
Piersanti Mattarella è stato un vero legislatore e un vero amministratore della cosa pubblica. Vedere, in tv, la presenza di Rosario Crocetta alla commemorazione di un grande presidente della Regione non ci ha fatto molto piacere. Anzi. Non perché il paragone non regge: ma perché il paragone non si può nemmeno fare.
Se guardiamo, ancora oggi, alle leggi volute da Piersanti Mattarella e alle sue coraggiose scelte amministrative e le paragoniamo con i disastri e con gli innumerevoli scivoloni amministrativi di Crocetta, beh, ci rendiamo conto del degrado in cui oggi versa la politica siciliana e, soprattutto, il governo siciliano.
Mattarella era un vero autonomista. Il governo regionale di oggi è un governo di ‘ascari’ sostenuto da partiti più ‘ascari’ del governo. Avvicinare Piersanti Mattarella a chi, oggi, sta ‘svendendo’ persino la sanità pubblica – dallo smantellamento sistematico nei posti letto degli ospedali alla chiusura dei Punti nascita – sarebbe stata una cosa di pessimo gusto.
Sì, il Presidente della Repubblica ha fatto bene a non mescolarsi con l’attuale governo siciliano e, in generale, con una politica che, da Roma a Palermo, sta umiliando l’Autonomia siciliana.
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