Nella deliberazione di fine anno la Corte dei Conti Siciliana parla di risorse trattenute unilateralmente “che privano la Regione della liquidità necessaria ai pagamenti della PP.AA e alla chiusura dei programmi comunitari”. Pubblichiamo il documento integrale
E’ proprio vero: non c’è peggiore sordo di chi non vuole sentire. In questo caso il ‘sordo’ è il Governo regionale che si ostina a non volere ascoltare i richiami della Corte dei Conti siciliana che, già nel giudizio di parifica dello scorso Giugno, aveva indicato nella slealtà dello Stato uno dei motivi principali delle difficoltà finanziarie che sta vivendo la Sicilia.
Ricordate? Come abbiamo scritto in questo articolo pubblicato su lavocedinewyork.com, i magistrati contabili avevano accusato l’Agenzia delle Entrate di avere trattenuto 585,5 milioni di euro che spettavano alla Regione riversandole, con una procedura unilaterale, direttamente al bilancio dello Stato. “Un operato degli anzidetti Uffici statali – aveva dichiarato il giudice Diana Calaciura – che mal si concilia con il principio di “leale collaborazione” che deve presidiare i rapporti istituzionali tra Stato e Regione”.
Un’accusa che torna puntuale nella deliberazione della Sezione di controllo della Corte dei Conti Siciliana depositata lo scorso 23 Dicembre e che potete leggere per intero qui.
Nel documento, firmato dal presidente Maurizio Graffeo, innanzitutto si parla di una situazione economico-finanziaria che nel corso del 2015 si è aggravata al punto da rendere necessaria la convocazione della Sezione di controllo per una audizione dell’assessore all’Economia e dei vertici dei Dipartimenti delle finanze e della programmazione oltre che del ragioniere generale.
Insomma, lo stato comatoso dei conti regionali preoccupa non poco. Non a caso i giudici contabili parlano di “criticità” che incidono sulla tenuta dei conti pubblici e “suscettibili di compromettere gli equilibri”.
E a cosa sono dovute queste criticità? La risposta è chiara: “le criticità riguardano la progressiva riduzione delle entrate tributarie”.
E come mai questa diminuzione? La crisi? La Corte dei Conti in questa deliberazione fa solo un generico riferimento alla congiuntura economica negativa.
Ma parla nel dettaglio di entrate che sono state trattenute, in maniera unilaterale, dallo Stato. Once again, direbbero gli inglesi.
A pagina 7, ad esempio, si parla di entrate erariali di spettanza regionale trattenute, a titolo di concorso alla finanza pubblica, in maniera unilaterale dalla Agenzia delle Entrate “privando conseguentemente la Regione della liquidità necessaria per fare fronte alla chiusura del programma comunitario e ai pagamenti della PP.AA”.
Detto in altri termini, se i comuni sono sull’orlo del default lo si deve a codesti uffici statali.
Dai dati dei riversamenti al 31 Ottobre risultavano “trattenuti” (le virgolette sono della Corte dei Conti) già 747 milioni di euro.
Nel documento si spiega che il contributo è fissato in 1,287 miliardi di euro: 613 milioni a carico del bilancio regionale, il resto a carico delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione che però ancora non sono state deliberate dal Cipe, quindi sono state prelevate in maniera forzosa dalle casse regionali. Per inciso va ricordato che il contributo della Sicilia alla finanza pubblica, per ammissione dello stesso assessore all’Economia, alias il pretoriano Alessandro Baccei, è il più alto d’Italia e che le risorse del Fondo di coesione andrebbero utilizzate per fare crescere la Sicilia non per ingrassare le casse romane.
Ma tant’è.
Ancora, i magistrati contabili ricordano che la Sicilia attende il riconoscimento delle entrate relative alle ritenute sui redditi delle persone fisiche che hanno residenza fiscale nel territorio della Regione “venute meno per effetto delle disposizioni statali che hanno trasferito fuori dall’Isola il sostituto di imposta”. La compensazione fiscale è stimata in 300 milioni per il 2015 e 250 per il 2016. Ma non si è visto nulla.
Discorso simile per l’Ires: l’Agenzia delle entrate “ha incontrato difficoltà nella quantificazione degli importi da versare alla Regione”. Poverini! Pensate un pò, tanti scienziati che non riescono a definire quanto spetta alla Sicilia. Una risata sarebbe d’uopo se non si trattasse di cose serie.
Però, in base ad un accordo del 2013 (firmato da Alessandro Bianchi, altro romano inviato in Sicilia a guidare l’assessorato all’Economia) per il 2014 sono stati versati 50 milioni di euro, per il 2015 nemmeno un euro in attesa “della ridefinizione dei rapporti Stato – Regione”.
Una mancia l’anno scorso, un bel niente quest’anno en attendant Godot.
Insomma, un quadro impietoso che parla, e non solo tra le righe, di risorse scippate alla Sicilia in maniera sleale.
Ma a nessuno importa.
Né al Presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta che deve tenersi buono il Governo Renzi in attesa di un ricollocamento, né al resto dei suoi assessori interessati alla carriera. Nè ai deputati dell’Ars, di tutti partiti, che dinnanzi a queste ingiustizie si limiteranno a qualche comunicato stampa che non metta però a rischio la loro poltrona (saremmo felici di essere smentiti). Idem per i deputati nazionali eletti in Sicilia che continueranno a fregarsene con coerenza. Né tantomeno a Davide Faraone, il sottosegretario renziano che pur di fare carriera cambierebbe pure residenza (d’altronde mancano le prove di un suo attaccamento alla Sicilia). Va da sé che non può importare nulla a Baccei, mandato in Sicilia proprio per fare in modo che tutto questo passi in silenzio.
E, intanto, la Sicilia muore. I Comuni sono in ginocchio, i servizi in tilt, oltre 30 mila persone sono rimaste senza stipendio e senza tredicesima. L’Irap rimane ai massimi livelli e chiudono pure i punti nascita per “risparmiare”. Il danno e la beffa.
NDR
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Noi Siciliani non ci stiamo a questo gioco di ruberie da parte dello stato calpestando lo Statuto della regione. E' un gioco pericoloso a danno delle entrate regionale.
Roma fra promessa di abbattere le tasse ma credo lo voglia fare prendendosi a piene mano risorse di competenza della regione. questo comportamento indigna il popolo
siciliano.